CREMA – Intervista esclusiva al prof. Caldano, ospite sabato a CremArena

Sabato 4 luglio alle ore 21 in CremArena (Centro Culturale Sant’Agostino, piazzetta Winifred Terni de Gregory) torna la rassegna dedicata agli storici dell’arte promossa dalla Libreria Cremasca. Dopo gli eventi ospitati in Palazzo Vescovile e nella Sala Musicale Giardino, questa volta l’incontro si terrà in CremArena all’interno della stagione culturale cremasca organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Crema. L’iniziativa rientra nella collaborazione fra Comune di Crema, librerie e case editrici cremasche recentemente sancita con la sottoscrizione del Patto per la lettura della Città di Crema.

Il sedicesimo appuntamento della rassegna Storici dell’arte in CremArena, vedrà come ospite il professor Simone Caldano (Università degli Studi di Ferrara e Firenze) autore del volume Piemonte medievale. 55 luoghi da scoprire e visitare (Edizioni del Capricorno, 2020).

Prof. Caldano, qual è stato il suo percorso di studi e come è arrivato a occuparsi di storia dell’architettura?

Le tappe fondamentali si sono svolte a intervalli di cinque anni: mi sono laureato in Storia dell’arte medievale presso l’Università degli Studi di Pavia nel 2005, ho conseguito il diploma di specializzazione nella stessa disciplina nel 2010, presso l’Università degli Studi di Milano, e ho discusso la mia tesi di dottorato in Storia dell’architettura e dell’urbanistica nel 2015. In seguito ho iniziato la collaborazione in qualità di docente a contratto di Storia dell’architettura e storia dell’arte presso gli Atenei di Ferrara e di Firenze. In quest’ultimo, in consorzio con l’Opera di Santa Maria del Fiore, ho avuto per due anni un progetto di ricerca sulla fase trecentesca della cattedrale di Firenze. Già nell’ambito della mia formazione da storico dell’arte, fin dalla mia tesi di laurea, mi sono occupato di architettura medievale e nel corso degli anni si sono aperte varie direzioni di ricerca.

Lei è autore di numerosi studi e pubblicazioni scientifiche sull’architettura, in particolare sui monumenti medievali. Come è nata l’idea di un testo divulgativo, come questa guida turistica?

Mi è stato proposto dalle Edizioni del Capricorno, che hanno pubblicato il volume. Venendo dal mondo della ricerca accademica, che è settoriale per definizione, inizialmente non ero sicuro di essere la persona adatta a scrivere una pubblicazione di questo tipo, ma mi sembra che l’esperimento abbia funzionato bene. Sono anche una guida turistica, quindi conosco le esigenze di un pubblico non necessariamente composto da addetti ai lavori.

I monumenti descritti nella guida coprono un arco cronologico che va dalla fine dell’impero romano al Quattrocento. In base a quali criteri ha scelto i monumenti?

Inevitabilmente in un libro che ha la funzione di illustrare 55 siti, peraltro in un territorio così esteso, si devono operare alcune scelte. Per forza di cose ho dato spazio ai monumenti più importanti: la Sacra di San Michele, le cattedrali di Ivrea, Acqui e Asti, San Giulio d’Orta, San Costanzo al Monte di Villar San Costanzo, Sant’Andrea di Vercelli… Per quanto riguarda gli altri, al netto della pari importanza, ho privilegiato il criterio della notorietà. Per esempio il lettore più esperto potrebbe notare alcune lacune importanti nel Novarese, che però è un territorio abbastanza “battuto” dai conoscitori, a diverso titolo. Non è così, ad esempio, in alcune zone del Piemonte sud-occidentale, nelle quali si trovano edifici che meritavano di essere “sdoganati” e conosciuti da una più ampia fetta di pubblico.

Nella prefazione lei si pone l’obbiettivo di sfatare varie leggende metropolitane sul Medioevo. Quali sono le più diffuse e quelle che maggiormente distorcono la realtà storica?

Ne cito tre: l’abitudine di posizionare molte chiese dei secoli XI-XII nei siti di presunti templi di Marte, Venere o Giove; l’abitudine di chiamare in causa in modo improprio i Longobardi, una popolazione che a molti, per motivi a me ignoti, risulta molto più “simpatica” di altri protagonisti della storia medievale; per non dire dei poveri Templari. Il lettore che si aspetta di trovare un libro “infarcito” di luoghi comuni del genere è destinato a rimanere deluso. Penso che anche in un circuito divulgativo sia sacrosanto dare rilievo alle fonti attendibili, che si tratti di documenti scritti o di evidenze archeologiche. Sporadicamente il lettore potrà rintracciare riferimenti a tradizioni non supportate da fonti sicure: ma con la precisazione che, appunto, si tratta solo e soltanto di tradizioni.

Il libro è uscito a inizio anno. Qual è stata l’accoglienza finora? Qualcuno si è già lamentato per essere stato escluso?

Direi che l’accoglienza è stata molto buona, anche nel periodo del lockdown. Per un mese circa il libro è stato venduto nelle edicole piemontesi, in allegato a “La Stampa”, il che ne ha certamente facilitato la circolazione presso una fascia più ampia di pubblico. Quanto alle lacune, le osservazioni che ho ricevuto finora non sono venute tanto da soggetti che si prendono cura di monumenti specifici, quanto da alcuni lettori molto esperti, che conoscono bene il territorio e mi hanno fatto notare che molti altri monumenti avrebbero ben figurato nel libro. Ma ci vorrebbe un secondo volume!

Lei ha compiuto vari studi anche su edifici del nostro territorio, in particolare ha collaborato alle giornate di studio e ai libri sulla Cattedrale di Crema e sulla pieve di Palazzo Pignano realizzati della Società Storica Cremasca. Ha in serbo altre pubblicazioni su Crema?

Entro l’anno uscirà la pubblicazione della mia tesi di dottorato, discussa nel 2015, che tratta proprio del cantiere medievale del Duomo di Crema e dello sviluppo della piazza circostante nei secoli del rinascimento. Restate sintonizzati su questo canale!