Tafida, Charlie e Alfie
rappresentano casi molto diversi tra loro e “le circostanze mediche di ciascuno di questi tre bambini vanno trattate come casi separati. Ciò che è interessante notare – osserva l’arcivescovo – è che nell’ultimo caso è stato accertato che questa bambina può vivere altri 20 anni, mentre nei due casi precedenti non era così. Altro fattore interessante è che sempre in questo ultimo caso, il giudice ha tenuto conto della fede dei genitori, questa volta islamica. Si è quindi rispettata la fede di chi crede che la vita è un dono di Dio e che solo Dio può terminare questo dono”. Non si sa se ora l’ospedale farà ricorso contro il giudizio e se si arriverà a una Corte superiore. Al momento è stato sostenuto e accettato il desiderio dei genitori di affidare la bambina a un ospedale di Genova.
Il cardinale tiene poi a sottolineare l’efficacia del sistema sanitario inglese che “è – dice – di altissima qualità. Il livello di cura viene offerto e tutti hanno accesso. Anche i livelli standard in pediatria sono altissimi”. Nichols ricorda come Charlie e Alfie abbiano ricevuto più di un anno di cure in un ospedale londinese e “io, come molti – aggiunge – non vorrei che questi casi vengano utilizzati come critica al sistema sanitario nazionale. Alcuni vogliono infatti utilizzare questa scusa per portare avanti un discorso di privatizzazione delle cure sanitarie e noi vogliamo resistere a questa ipotesi”.
RIVEDERE IL DIALOGO TRA I SOGGETTI COINVOLTI: OSPEDALE E GENITORI
I casi di Charlie, Alfie e Tafida fanno chiaramente emergere la necessità di un ripensamento delle “procedure attraverso le quali avviene il dialogo tra l’ospedale e i genitori”. Nichols fa notare infatti come in tutti e tre i casi, la decisione finale è stata presa da un giudice laddove mancava un accordo tra l’ospedale e i genitori. “Nei giudizi quello che viene sempre tenuto in considerazione è la percezione di cosa sia nell’interesse del bambino che non necessariamente corrisponde all’interesse dei genitori”. Ma, conclude, “credo che queste procedure di comunicazione tra ospedale e genitori possano essere migliorate di modo che possano essere più efficaci l’ascolto delle istanze dei genitori e l’individuazione insieme di cosa realmente è il migliore interesse del bambino”.