In questa società dove la globalizzazione sta prendendo sempre più piede lo status symbol funge da rito di passaggio, infatti per essere considerato un membro di questo sistema devi rientrare in dei parametri mobili, ma soprattutto temporanei, perché nell’era del consumo sfrenato le mode sono diventate molto simili a navi da carico, arrivano al porto, scaricano i container e ripartono.
Esse si diffondono velocemente, vengono svuotate e dimenticate, giusto in tempo per accogliere a braccia aperte il sopraggiungere diun nuovo stile o di qualcosa ritenuto più al passo coi tempi.
Un tempo una buona fetta di gioventù sentiva la necessità di fuggire dall’omologazione ed evadere dal calderone di fotocopie viventi, schiave di un mondo la cui miglior rappresentazione è un centro commerciale affollato la domenica pomeriggio. Ora qualcosa è cambiato, la società si è evoluta in modo direttamente proporzionale allo status symbol, lo si rincorre e lo si brama, la massa attrae l’individuo, lo lusinga e lo stuzzica fino ad intrappolarlo in un triste baratro composto da finti valori e finte necessità (spesso materiali).
Ma perché si cade in trappola? Perché l’uomo teme di restare fuori dal gregge come la pecorella che perde la via del ritorno, teme l’isolamento e l’essere catalogato come fuori moda.
Sorge quindi spontaneo un quesito la cui risposta non è poi così scontata: starne dentro è meglio che starne fuori?
Per rispondere a questo interrogativo bisogna mettere a confronto i due lati della medaglia: chi si dissocia dallo status symbol e chi invece lo abbraccia in ogni sua forma. I PRIMI si può dire brillino diluce propria, le voci fuori dal coro, non hanno inoltre bisogno diaccodarsi a gruppi per per delineare il proprio stile di vita, senza la paura di apparire per ciò che davvero sono, riuscendo a rendere i loro gusti PERSONALI (parola chiave) parte integrante del loro modo di essere. Non aderire a tutto ciò porta l’individuo a mantenere i Propri standard e non “evolversi”, o almeno non farlo seguendo le linee guida del temibile status symbol. Un esempio, seppur banale, dell’invertirsi e alternarsi delle mode è proprio la musica. A inizio anni 90 il rap era considerato il ramo più marcio, appassito e probabilmente effimero dell’hip hop classico, i suoi ascoltatori erano pochi e messi ai margini delle caste immaginarie create soprattutto tra i giovani, a dominare le etichette mondiali vi erano ad esempio il punk-rock e il metal, padroni delle folle. Ora è totalmente l’inverso, il rap è la musica dei giovani, tornata come un canto di protesta, sfruttando la diversità tra vecchie e nuove generazioni ha sotterrato i morenti generi musicali predominanti: basti pensare che in Italia su 100 ragazzi almeno 80 avranno nella loro playlist una canzone rap. Il SECONDO GRUPPO predilige invece il lasciarsi trascinare dagli infiniti flussi che incanalano i giovani verso ciò che il mercato mette in primo piano. Questo ha dei contro, molti.
Lo status symbol e le mode uccidono la personalità, è la forma più evidente di oppressione dell’essere. L’uomo sembra si senta nobilitato solo se ben aggregato alla folla, se tra mille vasi di argilla è anch’egli uno di questi, allora è ok, se invece tra la moltitudine diprefabbricati non si è un vaso, ma una bella anfora piena di colori, in questo caso non si è visti di buon occhio.
Un’altra ferita aperta nel cuore di questo fragile sistema è l’impegno economico per restare al passo con lo status symbol, siamo nell’era del “Tutto e subito”, il paio di scarpe nuove lo devi avere subito, nédopo né prima, non perché ti piace, ma perché funziona e “spacca”.
In conclusione non serve tuffarsi nella pozza consumistica e capitalistica che è la società per sentirsi parte di essa, è proprio questo il punto, siate Quello che amate, non omologatevi, non vi abbassate su un livello mediocre di uguaglianza. Spiccate il volo, elevatevi sopra la folla riunita in coda fuori dal negozio di scarpe per accaparrarsi il nuovo paio di Nike al cosiddetto “day one”, siate la stella che brilla più di tutto il firmamento e non allo stesso modo. Ora è sicuro, starne dentro è peggio che starne fuori.
Amedeo, II Liceo Scientifico