CREMA – Storici dell’arte a palazzo vescovile; domani, appuntamento alle 16.30

Domani, sabato 15 febbraio alle ore 16,30 nella sala rossa del Palazzo Vescovile ((piazza Duomo, 27 – 26013 Crema) si terrà il quindicesimo appuntamento della rassegna Storici dell’arte in Palazzo Vescovileorganizzata dalla Libreria Cremascain collaborazione con la Diocesi di Crema.

Ospiti saranno il professor Cristiano Gometti (Università degli Studi di Firenze) e la professoressa Loredana Lorizzo(Università degli Studi di Salerno) autori del volume Per diletto e per profitto. I Rondinini. Le arti e l’Europa, Officina libraria, Milano 2019.

Li intervistiamo in esclusiva per “Il Nuovo Torrazzo”.

Professoressa, qual è stato il suo percorso di studi e cosa l’ha spinta a occuparsi di storia dell’arte?

Mi sono laureata alla Sapienza di Roma con la professoressa Silvia Danesi Squarzina, mia maestra, con una tesi sul pittore olandese Gerrit van Honthorst, proseguendo il mio percorso di studi nella stessa università. Ho frequentato la Scuola di Specializzazione in Storia dell’arte e ottenuto il dottorato di ricerca con una tesi sul cardinale napoletano Ascanio Filomarino. I miei interessi si sono concentrati sulla pittura e sulla scultura barocca europea, sul collezionismo, sul mercato dell’arte e sulla storia della storia dell’arte. L’interesse verso il mondo dell’arte lo devo comunque a mio padre che, ancora bambina, era solito condurmi a visitare mostre e musei sollecitando la mia passione per una materia affascinante da esplorare.

Professore, anche per lei la stessa domanda.

Io invece mi sono laureato all’Università di Pisa con una tesi sulla carriera dello scultore romano Giovanni Battista Guelfi (1688-1736) e le relazioni artistiche tra Roma e Londra agli inizi del Settecento. Ho anche io ho frequentato la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte e ho conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa (2004) con uno studio monografico sullo scultore barocco Domenico Guidi (1625-1701). Mi sono interessato inoltre alla storia delle mostre e al collezionismo di antichi maestri tra l’Italia e gli Stati Uniti negli anni ’30 e ’40. Mi sono sempre interessato alla storia dell’arte e, sin dalla giovane età, ho approfondito le mie curiosità in campo artistico, architettonico e archeologico, prediligendo poi gli studi più storico-critici.

La collezione Rondinini, pur contando pezzi celeberrimi come la Pietàdi Michelangelo (oggi al Castello Sforzesco di Milano), le statue antiche della Medusa(oggi alla Glyptothek di Monaco di Baviera) e del Fauno (oggi al British Museum di Londra), era stata finora trascurata dagli studi sul collezionismo. Come mai e per quale motivo voi avete deciso di occuparvene?

L’interesse verso questa importante famiglia è nato dapprima da studi individuali, abbiamo poi deciso di unire le forze e lavorare insieme sull’argomento che si presentava assai vasto e ricco. È stato un incontro fortunato tra studiosi che si è tramutato in una salda amicizia. Nel corso delle nostre ricerche, ci siamo resi conto che i Rondinini meritavano un approfondimento serio e dettagliato poiché, nel corso di quasi tre secoli, hanno in qualche modo contrassegnato la storia del collezionismo a Roma e non solo.

L’iniziatore delle raccolte fu Natale Rondinini seniore (1540-1627) che dalla natia Faenza si trasferì a Roma.

Come molti uomini di buona cultura e facoltosa famiglia, Natale giunse a Roma dove intraprese la carriera legale e in poco tempo entrò a far parte della Curia Capitolina diventando uno dei più importanti avvocati concistoriali di Roma. Fu lui a iniziare la collezione, a istillare nel figlio Alessandro Seniore l’amore per l’arte, e a fondare la dinastia inaugurando la fusione della sua famiglia con quella degli Zacchia, attraverso il matrimonio di Alessandro con Felice Zacchia, figlia di Laudivio Zacchia, al tempo divenuto cardinale.

Un ruolo di primo piano nelle fortune della famiglia è giocato da due donne, Felice Zacchia (1593-1667) e Margherita Ambra (+ 1755).

In effetti la storia dei Rondinini è in buona parte dominata dalle donne, figure centrali che ebbero la forza e la lungimiranza di gestire gli affari della famiglia promuovendone il nome e arricchendone sempre le raccolte d’arte. Felice Zacchia, moglie di Alessandro Seniore, era una donna molto pia e coltissima, poetessa apprezzata della Roma barberiniana e scelta da papa Alessandro VII per accogliere la regina Cristina di Svezia durante il suo primo ingresso a Roma. A lei si deve anche il primo fidecommesso che avrebbe legato per sempre le opere della sua raccolta al nome dei Rondinini. Altrettanto importate fu Margherita Ambra, figlia di un banderaro pontificio, che andò in sposa ad Alessandro Rondinini juniore e a cui si deve l’acquisto del palazzo in via del Corso. Anche lei donna dai gusti raffinati, incrementò le collezioni di famiglia attraverso l’acquisto di opere di maestri contemporanei, tra cui il paesaggista Joseph Vernet.

Giuseppe (1725-1801) morì senza eredi. Cominciò così la dispersione delle collezioni. Quale fu il destino delle opere più importanti?

Un ruolo molto importante fu giocato dall’emissario di Ludwig Karl August (poi Ludovico I) di Baviera, Johann Martin von Wagner che a Roma si interessò dell’acquisto delle più importanti statue antiche, come la celebreMedusae il Bruto.

Molte opere rimasero nel palazzo di via del Corso che subì vari passaggi proprietà: Capranica (1806-1841), Borghese (1841-1851), Feoli (1851-1870), Odescalchi (1870-1904), Vimercati Sanseverino (1904-1946) che infine lo cedettero alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. L’edificio ospita oggi il Monte dei Paschi di Siena.

Anche fra i Cremaschi è poco noto che la Pietàdi Michelangelo per alcuni decenni sia appartenuta alla famiglia dei Vimercati Sanseverino. Questi infatti nel 1904 acquistarono il palazzo in via del Corso a Roma in cui era conservata e poi nel 1952 la vendettero al Comune di Milano. Prima di approdare al Castello Sforzesco, l’opera rischiò di essere ceduta all’estero. Ci furono infatti vari tentativi di acquisto da parte del Metropolitan Museum di New York con forti pressioni anche politiche affinché l’operazione avesse buon esito.

Questa è una parte molto intrigante della vicenda riemersa grazie al ritrovamento degli incartamenti relativi all’acquisto ancora conservati presso il Metropolitan Museum di New York che mette in luce molto bene i rapporti tra arte e politica e il ruolo di tutela svolto dagli storici dell’arte dell’epoca per salvare l’opera di Michelangelo dall’espatrio.