Don Agostino Cantoni a 10 anni dalla morte: il 7 aprile una serata per tutti

La chiesa parrocchiale di San Giacomo e l'indimenticato don Agostino Cantoni

Dieci anni fa, esattamente il 9 aprile 2008, don Agostino Cantoni terminava la sua ‘corsa’ in questo mondo per intraprendere ‘l’esodo’ verso la Gerusalemme celeste. Ricordarlo a dieci anni di distanza dalla sua morte significa prima di tutto compiere un atto di memoria grato e riconoscente alla sua persona. Per quanti lo hanno conosciuto e frequentato è anche occasione per ravvivare nel cuore e nella mente tante parole ed esperienze che hanno caratterizzato la sua ricca esistenza di uomo-prete, insegnante-educatore, parroco-profeta.

Tra le molteplici pubblicazioni che ha dato alle stampe – di cui alcune dotte e di alta caratura filosofica frutto della mente dell’intellettuale qual era don Ago – vi sono anche quelle più popolari, scritte con linguaggio semplice, offerte alla lettura dei piccoli, degli adulti e dei nonni della parrocchia di San Giacomo. Da una di queste perle di saggezza intitolata Aneddoti di casa nostra ci piace estrarne alcune con lo scopo di tener vivo il suo ricordo di uomo, prete, amico e compagno nel viaggio della vita quale “pastore del gregge di San Giacomo”.

Nell’incipit di questo libriccino scrive: “Aneddoti non discorsi, episodi di vita, racconti lievi, ma significativi alla maniera di lucciole che occhieggiano, come flash di una foto istantanea, come il brivido di un’emozione, fugace ma intensa, come il sorriso di un bambino che ti solca l’anima”.

E via, con i racconti dei vissuti in prima persona dal giorno “di quel mattino del 31 maggio 1970”, quando apprende la notizia della morte del parroco di San Giacomo in una fase esistenziale che lo anima per intraprendere la cura pastorale di una comunità parrocchiale. “E poi – scrive – c’era nell’aria, seminata dal Concilio, una gran voglia di fare comunità cristiana, di vivere e scegliere insieme alla gente, d’inventare stili alternativi di vita”.
Con l’inizio, “senza ingresso” e “senza fronzoli festaioli, come un operaio che si presenta al posto di lavoro per la prima volta”, la Messa prefestiva a San Giacomo nel giorno in cui la liturgia della Chiesa Cattolica celebra la festa di san Francesco d’Assisi (4 ottobre 1970). “Perché proprio la sera di San Francesco?” domanda. Risposta: “La vita è fatta di segni, che fanno trasparire le preferenze che uno ha. Come si può sfuggire al fascino del poverello di Assisi, stile di vita spoglio e semplice, linguaggio in sintonia con il popolo, sconfinata fiducia nella Provvidenza?”.

Per questo sceglie come testo dell’omelia della prima Messa a San Giacomo quello di Atti degli Apostoli capitolo 2 versetti 42-47 in cui si delinea lo stile di vita della comunità cristiana primitiva. Lo definisce il suo “sogno che gli è particolarmente caro… l’utopia possibile da incarnare nel nostro tempo”.

Siamo nel 1970. Quanto distante è il tempo di papa Francesco nella vita della Chiesa e del mondo e quanto vicino la profezia di don Agostino. Tutti i temi cari di questo papato, la scelta preferenziale dei poveri, la solidarietà con gli ultimi di ogni segno, le scelte concrete di condivisione delle strutture ecclesiastiche a servizio dei bisognosi, il rapporto evangelico con il denaro e il suo uso, la gratuità dei servizi liturgici e altri ancora, hanno avuto nella pastorale di don Agostino il primato di pensiero e d’azione. Una capacità di scrutare il futuro segnata dall’intelligenza spirituale di leggere i segni dei tempi per vivere di conseguenza il presente in fedeltà al Signore Gesù maestro e salvatore, figlio di Dio e in solidale comunione con l’umanità a partire dai più poveri.

I capitoli seguenti del libriccino nei titoli iniziali non sono altro che il riassunto di tutto quanto messo in cantiere e realizzato nei 31 anni di parroco a San Giacomo. Il pianeta adolescenti quale “cartina di tornasole per leggere i segni dei tempi”. L’accoglienza degli stranieri. La riforma che fece scalpore della gratuità dei servizi con la strigliata del Vicario Generale della diocesi. La strada dell’Handicap e i rapporti con don Oreste Benzi e l’Associazione Papa Giovanni XXIII, le vacanze di condivisione, il Gruppo Handy, le case famiglia e tutti i rapporti umani e di fede che saranno il segno del servizio e della condivisione gratuita della comunità. Segue poi l’America Latina con don Erminio e don Federico, missionari dapprima in Venezuela e poi in Guatemala. Il resoconto dei viaggi teneva saldo il rapporto di molti con la realtà dei preti cremaschi in missione. Nascono i laboratori e la cooperativa di lavoro con gli ultimi.

La presenza di due formichine operose nelle figure di madre Rosangela e madre Piera: “Tutti le conoscevano. In ogni momento della vita comunitaria, in chiesa e fuori, loro c’erano, come l’ossigeno nell’aria”.

I gruppi giovanili a Taizé. I quattro moschettieri del regno (don Erminio, don Bruno, don Mario, don Alberto).

La Messa della notte di Natale nella palestra del quartiere al Velodromo. La Santèla della Madonna del Sangot e infine Cascina Emmaus, ennesimo dono della benefattrice signorina Bianca Crivelli, luogo d’incontri esterni della comunità e il luogo della preghiera. A questo proposito don Agostino dà questa consegna: “Vi affido Emmaus come un sogno che interpreti la realtà comunitaria di oggi e le speranze del nostro tempo”. Sarà questa anche una profezia? Si vedrà.
A conclusione degli Aneddoti, don Agostino cita la famosa pagina del Piccolo Principe di Saint Éxupery con la volpe che parla al suo amico: “Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi…È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante… La mia rosa siete voi”.

Noi, ‘rosa’ dell’indimenticabile e caro don Agostino, per non appassire, abbiamo pensato di ricordarlo dopo dieci anni dalla sua scomparsa con una serata particolare. A cura del Gruppo Handy e dell’Unità Pastorale San Bartolomeo e San Giacomo, alle ore 21 di sabato 7 aprile, nella chiesa di San Giacomo, viene presentato Don Agostino e i segni dei tempi, la vittoria della vita sulla morte in un intreccio affascinante di citazioni, ricordi indelebili e note d’autore.

Si tratta di un dialogo a distanza tra un sacerdote e un filosofo, con testi curati e scelti dalla professoressa Nuvola de Capua, voce di Luciano Bertoli e musiche di Mario Piacentini.
L’invito è aperto a tutti coloro che vorranno condividere il ricordo grato e fraterno di don Agostino.

don Mario Piantelli e Walter Bruno