È stata la splendida cornice naturale del Parco Bonaldi a ospitare, nel tardo pomeriggio-sera di giovedì 16 giugno, la celebrazione del Corpus Domini organizzata dalle parrocchie della Zona urbana della nostra diocesi. Nell’area verde tra Sabbioni e Ombriano, il vescovo Daniele ha presieduto la santa Messa, concelebrata con i sacerdoti della città (presenti anche don Paolo Rocca, rientrato per il periodo di vacanza dalla missione in Uruguay, e padre Gigi Maccalli). Numerosi i fedeli presenti, che hanno sfidato l’afa opprimente per non mancare all’appuntamento.
“Si è sempre fatto così”
Nell’omelia, monsignor Gianotti ha portato a riflettere sul grande dono dell’Eucarestia e su ciò che questo dono porta con sé. È partito da una frase – “si è sempre fatto così” – che, ha osservato, “è diventata una moda, quasi uno slogan continuamente ripetuto, soprattutto nella Chiesa”. Frase che porta a criticare “chi si oppone ai cambiamenti, chi chiude gli occhi di fronte alle trasformazioni, spesso di grande portata, che domandano anche ai cristiani di ripensare il modo in cui vivono la loro missione e la loro testimonianza”. E così, ha aggiunto il Vescovo, “quel ‘si è sempre fatto così’ rischia di essere un grosso limite, un grosso impoverimento”. Riprendendo la seconda lettura proclamata (la lettera di San Paolo ai Corinzi), monsignor Gianotti ha evidenziato come l’apostolo, parlando dell’ultima Cena, “ricorre precisamente al ‘si è sempre fatto così’, cioè al principio di ‘tradizione’, che ritroviamo nella frase ‘Io… ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso’. In altre parole abbiamo qui, secondo Paolo, qualcosa di indisponibile, di irrinunciabile, che non può essere soggetto a trattative o sconti”.
Eucaristia, “luogo centrale della memoria di Gesù”
Con l’impegno a mettere in pratica sempre meglio ciò che il dono dell’Eucaristia porta con sé, il vescovo Daniele ha ricordato che “la Cena del Signore è, prima di tutto, un luogo centrale della ‘memoria’ di Gesù: perché la fede cristiana non è un sistema religioso, fatto di belle idee o di precetti, ma è radicata nel legame con quell’uomo, Gesù di Nazaret, nel quale Dio ha voluto venire incontro definitivamente all’uomo e al mondo. Non c’è fede cristiana senza il rapporto con Gesù Cristo e la memoria di lui, vivificata dallo Spirito. E il ‘luogo’ principale di quella memoria, secondo la parola del Signore, è proprio la sua Cena, la celebrazione dell’Eucaristia. E c’è davvero da chiedersi – ha rimarcato – come sia possibile che la maggior parte dei battezzati, almeno dalle nostre parti, diserti abitualmente l’incontro con Gesù Cristo nell’Eucaristia, lasciando così cadere proprio il momento centrale e più rilevante della nostra memoria del Signore. Com’è possibile pensare di essere cristiani e non obbedire al comando del Signore, al suo ‘fate questo in memoria di me’?”.
“Rifare in noi quel che ha fatto il Signore”
Il “si è sempre fatto così”, dunque, “significa anche questo: che non ti puoi discostare dalla ‘norma’ che ti è data da Gesù Cristo, dal suo dono radicale di amore; non puoi andare alla ricerca di altre vie, rispetto a quella che lui ha disegnato per te in tutta la sua vita, fino al culmine della passione e della Croce, punto di arrivo di una vita interamente vissuta per il Padre e per i fratelli. Questo, almeno – ha puntualizzato monsignor Gianotti – se vuoi continuare a considerarti un suo discepolo, uno che vive della memoria di Gesù e della sua presenza vivente nello Spirito. Ma non sempre, purtroppo, ‘si è fatto così’; non sempre si vive in coerenza con questo mistero. Magari c’è adorazione, c’è lode, c’è riconoscenza e stupore per questo grande mistero dell’Eucaristia, nel quale il Signore si è donato a noi come cibo spirituale e bevanda di vita eterna (e sono tutte cose bellissime, giuste e doverose, ci mancherebbe!). Ma ‘fare questo’ in memoria di Lui non significa soltanto rifare la Cena del Signore e adorare il suo Corpo e il suo Sangue. Significa ‘rifare’ in noi – o meglio, lasciare che si rifaccia in noi, proprio a partire da questo cibo, e per virtù dello Spirito – tutta la sua vita, la sua fiducia filiale nel Padre, la passione per il Regno di Dio, la bellezza del suo Vangelo, l’amore per i piccoli e dei poveri, la misericordia per i peccatori, l’edificazione di un’umanità fraterna, la carità spinta fino al dono della propria vita…”.
“Chiediamo la grazia – ha concluso – che tutta la nostra vita, e la vita della Chiesa, sia ‘sempre fatta così’, come un prolungamento di quella del Signore, in perfetta continuità, grazie al dono del suo Corpo e del suo Sangue per noi, e in quella novità che sempre lo Spirito sa dischiudere, per chi gli presta ascolto”.
Dopo la Messa è iniziata, fino alle 22, l’adorazione eucaristica a gruppi gestiti dalle parrocchie della città. Poi la processione fino alla chiesa dei Sabbiobi per la reposizione del Santissimo.