Rubrica a cura di Associazione Donne contro la Violenza. Considerazione sull’8 marzo

Rubrica città solidale
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Vorrei fare alcune considerazioni a margine della “Festa dell’8 marzo” da poco trascorsa.
Questa “festa” nasce agli inizi del ‘900 per ricordare le battaglie che le donne stavano conducendo sui luoghi di lavoro per avere condizioni lavorative più decorose e salari adeguati. A quei tempi molte donne, con la rivoluzione industriale del secolo precedente, erano uscite dalle proprie case per lavorare in fabbrica come operaie, in condizioni spesso disumane e con salari bassissimi, e per di più erano malviste dai loro stessi compagni di lavoro proprio perché avevano paghe inferiori e rubavano posti ai maschi! Come spesso accade, era una guerra tra poveri.

Giorno di lotta per avere condizioni di lavoro più umane e pari salario

La scelta della data è controversa, ma per non caratterizzarla politicamente si preferì collegarla a un episodio non vero ma verosimile (era successo in altra fabbrica e in altra data) di un incendio scoppiato in una fabbrica dove le operaie morirono bruciate.
Vero è che si usava rinchiudere letteralmente le donne dentro la fabbrica durante il loro estenuante orario lavorativo, con ritmi massacranti spesso origine di incidenti, ed erano sorvegliate da caporali esterni che non avevano nessun riguardo nei loro confronti. Diritti zero, sicurezza inesistente. Il sindacato non aveva mai messo piede in quelle aziende.
Il lavoro delle donne e dei minori venne regolamentato per la prima volta con una legge del 1902, modificata nel 1907, che prevedeva il divieto di lavoro notturno per le donne e i minori inferiori ai 12 anni, e stabiliva un orario lavorativo massimo di 12 ore al giorno, concedeva quattro settimane di congedo dopo il parto e introduceva per la prima volta il principio del congedo di maternità, ma molte categorie ne erano escluse e nella realtà la legge rimase largamente disattesa.
L’8 marzo dunque non voleva essere per i suoi ideatori giorno di “festa”, come ormai è diventato ai giorni nostri, ma giorno di lotta per avere condizioni di lavoro più umane e pari salario, lotta quest’ultima che le donne stanno conducendo ancora oggi a distanza di un secolo!

La mistica della donna “angelo del focolare” difficile da cancellare

A quel tempo l’idea comune era che il posto della donna fosse in casa, tra le mura domestiche, dove poteva realizzare pienamente la sua “naturale” vocazione alla cura e che il lavoro fuori casa fosse fatto solo per necessità o riservato alle rare donne laureate.
Ancora oggi, nonostante il cambiamento di società avvenuto, la mistica della donna “angelo del focolare” sembra dura a morire.
Angela, ad esempio, una donna che stiamo seguendo al Centro Antiviolenza, si trova in grosse difficoltà proprio perché ha creduto a questo suo “dovere”, situazione che capita a molte altre donne. Aveva un buon lavoro, ma all’arrivo del primo figlio il marito l’ha persuasa ad abbandonarlo per divenire la classica casalinga, poco stimata dai più e sfruttata dai familiari.
Ora che si vuole separare però non ha un luogo dove andare – il marito ha comprato la casa che abitano intestandola a sé perché lo stipendio è suo! – né soprattutto ha un’entrata con cui mantenersi e mantenere i figli una volta uscita di casa.

L’indipendenza economica delle donne

Ancora oggi incontro donne che col matrimonio lasciano il lavoro e si fanno “mantenere”, come poi rinfacciano i mariti, senza pensare a quello che potrebbe succedere nel futuro e comunque accettando di fatto una situazione di subordinazione al marito che è l’unico che guadagna per la società attuale, dato che il lavoro di cura non è quantificato.
Noi come donne dell’Associazione raccomandiamo sempre di rimanere autonome economicamente, prima di tutto per la realizzazione di sé come persone, ma anche per essere mogli e madri indipendenti.
Sottoscriviamo perciò le parole della presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, che all’apertura dell’anno giudiziario ha detto: “L’indipendenza economica delle donne è fondamentale perché la libertà delle persone passa dall’indipendenza dai bisogni primari”.
Ecco, l’8 marzo ci piacerebbe che assumesse soprattutto questo valore.

Paola Strada
Ass. Donne contro la violenza