I vescovi lombardi a Roma per la Visita ad Limina

vescovi lombardi a Sotto il Monte

Da lunedì 29 gennaio, e fino a venerdì 2 febbraio, i vescovi della Conferenza episcopale della Lombardia saranno a Roma, in Vaticano, per la “Visita ad limina Apostolorum”, cioè alle tombe degli Apostoli. Saranno impegnati in incontri con i Dicasteri vaticani e nella giornata di giovedì 1° febbraio avranno l’incontro con papa Francesco. Abbiamo ascoltato il vescovo Daniele per farci spiegare l’iniziativa della Visita. 

Eccellenza, da lunedì i vescovi lombardi saranno a Roma per la Visita ad limina. Un momento importante per le nostre Chiese. Ci spiega cos’è questa Visita?

“Le Visitae ad limina nascono dai pellegrinaggi che i vescovi facevano a Roma, per pregare sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Sono poi diventate (soprattutto dopo il Concilio di Trento, nel XVI secolo) anche momenti di incontro con il Papa e i suoi principali collaboratori, nei quali ciascun vescovo riferisce alla Santa Sede circa la condizione della diocesi a lui affidata e raccoglie indicazioni e suggerimenti per la vita della sua Chiesa. Si tratta, naturalmente, di un momento importante per esprimere la comunione che lega il vescovo, con la sua diocesi, alla Chiesa cattolica, della cui unità è segno e principio visibile il vescovo di Roma.”

Come vi siete preparati tra di voi vescovi e come ci si è preparati nella nostra diocesi?

“La Visita ad limina si dovrebbe tenere, in linea di principio, ogni cinque anni: per i vescovi italiani, però, l’ultima risale a undici anni fa, e si tenne verso la fine del pontificato di Benedetto XVI. Nonostante questo, la comunicazione della visita che ora ci aspetta è arrivata un po’ a sorpresa, e molto a ridosso della visita stessa: l’abbiamo saputo intorno al 20 ottobre scorso. I tempi di preparazione sono stati quindi piuttosto stretti, sia per noi vescovi, che per le diocesi.

Per noi vescovi, si è trattato soprattutto di concordare gli incontri da fare (perché alcuni sono già previsti nel programma che invia la Santa Sede, altri devono essere scelti dai vescovi) e poi, in ciascuna diocesi, di predisporre la relazione che va inviata a Roma un mese prima della data della visita.”

Avete elaborato un dossier dettagliato?

“La Santa Sede manda un indice piuttosto dettagliato della relazione che i vescovi devono inviare: sono ventitre capitoli, e toccano tutti gli ambiti principali della pastorale. Per quasi tutti i temi si chiedono informazioni statistiche (che non è facile mettere insieme, specie in tempi brevi) e un’esposizione più articolata della situazione della diocesi.

C’è da dire che, in occasione della visita fatta nel 2013, la relazione era stata preparata molto bene, e questo ha facilitato il lavoro dei diversi collaboratori della Curia e degli Uffici pastorali nel predisporre i vari capitoli della relazione.

Ne è venuto fuori un testo di quasi centosettanta pagine che, credo, offre un quadro d’insieme abbastanza dettagliato della nostra Chiesa cremasca – fermo restando che il vero ‘stato delle cose’, nella vita di una Chiesa, lo conosce solo lo Spirito Santo!”

Come riassumerebbe in pochissime parole il volto delle Chiese lombarde che presenterete al Papa e alle varie Congregazioni?

“Penso che potremo dire al Papa e ai suoi collaboratori che le Chiese di Lombardia (che, non dimentichiamo, raccolgono un sesto dei cattolici italiani!) sono vive e operose! Risentono, certo – e per certi versi anche più che in altre parti d’Italia – dei processi di secolarizzazione e di trasformazione sociale e culturale (e religiosa, naturalmente) che rendono più ardua la testimonianza cristiana e l’annuncio del Vangelo: però non sono Chiese ‘sedute’, e neppure nostalgiche di un passato glorioso. Guardiamo con serietà alcuni segnali preoccupanti, ad esempio il consistente calo di ragazzi e ragazze che scelgono la via del ministero sacerdotale o della vita consacrata: ma siamo convinti che la ricchezza di Gesù Cristo e del suo Vangelo merita ancora di essere offerta a questa nostra terra, e a questa nostra gente, e che questa ricchezza sia accolta e fruttifichi.

E credo che potremo dire al Papa: tra noi Vescovi, pur avendo senz’altro sensibilità, storie e capacità diverse, andiamo d’accordo, ci incontriamo volentieri e lavoriamo bene insieme: il che non mi sembra poco!”

E il volto della Chiesa di Crema?

“La nostra, lo sappiamo, è la più giovane e la più piccola delle Chiese lombarde: ma non è per questo insignificante. Scrivendo le parti della relazione di mia competenza, e poi rivedendo il tutto, ho voluto ricordare alcune figure significative (come il card. Marco Cè, di cui ci prepariamo a celebrare il decennale della morte nel 2024, e il centenario della nascita nel 2025; o padre Alfredo Cremonesi, beatificato nel 2019), e ho notato che ci sono missionari e consacrate o consacrati cremaschi in tutti e cinque i continenti!

Questo non è l’unico segno del dinamismo e vivacità della nostra Chiesa e, naturalmente, si deve stare attenti a non cullarsi troppo nel passato: però credo che si possa dire che la nostra è una Chiesa ancora vivace e ricca di molti doni del Signore (e me ne accorgo anche facendo la visita pastorale): l’ho detto nella relazione, e lo dirò al Papa se potrò parlargli personalmente (ancora non sappiamo se ciascun vescovo avrà o no un breve incontro col Pontefice a quattr’occhi). Del resto, glielo abbiamo anche dimostrato nell’Udienza che ci ha concesso il 15 aprile 2023.”

Quali sono i nostri punti di forza e quali invece le debolezze?

“Metto senza dubbio tra i punti di forza la facilità dei rapporti, dovuta certo alle dimensioni ridotte della diocesi ma, ancora di più, alla cordialità e allo ‘stile collaborativo’ delle persone. Dopo tutto, la Chiesa è una comunità di donne e uomini che si uniscono in virtù della fede in Gesù Cristo, e che si propongono di offrire a tutti quelli che incontrano la testimonianza di questa stessa fede. Le relazioni sono fondamentali, quindi: e a Crema si possono vivere molto felicemente.

E poi c’è, naturalmente, la storia bella e ricca della nostra Chiesa, il suo passato di un cristianesimo profondamente incarnato nel territorio e nello ‘spazio umano’ delle nostra gente.

È chiaro che questo può diventare anche un punto di debolezza, e causare un ripiegamento nostalgico – perché senza dubbio molte cose sono cambiate – e anche una certa autoreferenzialità. Mi sembra, però, che ne siamo abbastanza consapevoli e che cerchiamo con sincerità le vie di rinnovamento che la Chiesa è chiamata a vivere in questo nostro tempo.”

Lei dà molta importanza a questa Visita. Perché? E cosa chiede ai fedeli cremaschi?

“Be’, do importanza a questa Visita anche per una ragione statistico-anagrafica personale: se i ritmi sono questi, è probabile che questa sia per me l’unica Visita ad limina del mio episcopato! E siccome questo è un aspetto non secondario del ministero episcopale, mi fa piacere poterla vivere nel miglior modo possibile.

Ma c’è anche, e prima di tutto, una ragione ecclesiale: la Visita ad limina è un segno importante della comunione di tutte le Chiese tra di loro, attraverso il riferimento alla Chiesa che ‘presiede nella carità’ a tutte le Chiese, ossia la Chiesa di Roma con il suo Vescovo, oggi papa Francesco. Non va dimenticato che una parte importante della Visita sono le celebrazioni che vivremo nelle basiliche patriarcali: esse rendono la Visita un fatto non anzitutto burocratico, ma un’esperienza di effettiva comunione, radicata nel dono di amore che Gesù Cristo ha fatto di sé ‘per la vita del mondo’.

Sotto questo aspetto, è possibile a chiunque unirsi a questa Visita, anche se fisicamente non si è a Roma. Per questo chiedo ai fedeli cremaschi soprattutto di portare nella loro preghiera me e i miei fratelli vescovi, perché possiamo sentire che in noi e con noi ci sono le diocesi che ci sono state affidate: e possiamo così, grazie anche all’imminente Visita ad limina, continuare lietamente il nostro ministero a servizio delle Chiese di cui siamo pastori.”