Le prime testimonianze riguardanti l’abbazia di Chiaravalle milanese risalgono al 1135, anno in cui giunse a Milano un gruppo di Cistercensi che trovò ospitalità presso i Benedettini di Sant’Ambrogio.
La cornice storica di questi avvenimenti è quella movimentata dello scisma che vide l’antipapa Anacleto II e l’imperatore Corrado III (appoggiati dai milanesi) contrapposti a Innocenzo II e Lotario III. Tale situazione, divenuta a lungo insostenibile e logorante, trovò soluzione con il Concilio di Pisa, nel quale Bernardo di Chiaravalle convinse tutti a riconoscere Innocenzo II come vero pontefice e Lotario III come unico imperatore.
Bernardo convinse anche i milanesi ad aderire alle decisioni del concilio e lo scisma ebbe fine con soddisfazione dei milanesi stessi che avrebbero voluto Bernardo come loro arcivescovo. Ma il santo abate rifiutò decisamente. Tuttavia, proprio in quegli anni, fu coinvolto nel progetto di un monastero nella paludosa zona a sud di Milano che da lui fu fondato il 22 luglio 1135. È l’abbazia di Chiaravalle di oggi. Dopo le prime difficoltà, dovute soprattutto all’ambiente malsano, la pazienza e la tenacia dei monaci si rivelò molto produttiva.
Tra il 1150 e il 1160 fu iniziata la chiesa e il 2 maggio 1221 venne consacrata. Nel 1139/40 fu eretto il celebre tiburio, affrescato nelle pareti interne dopo qualche anno. Nel 1442 l’abbazia divenne Commenda e nel 1490 avvenne l’intervento artistico di Bramante,
che realizzò il chiostro grande e il capitolo, nonché la notevole pittura del Cristo alla colonna. Nella prima metà del 1500 – sotto la guida del nuovo commendatario card. Giuliano della Rovere – Bernardino Luini affrescò la Madonna della buona notte mentre i fratelli Campi si occuparono della cappella di Santa Maria Maddalena. Significativi gli interventi dei cosiddetti Fiamminghini che nel 1614-16 coprirono di affreschi buona parte
della chiesa e l’intero transetto. C. Garavaglia scolpì il meraviglioso coro ligneo e il leggìo grande nel 1640.
Nel 1798 l’avvento della Repubblica Cisalpina comportò la scriteriata soppressione del monastero e la cacciata dei monaci, a seguito della quale i beni dell’abbazia furono
messi all’asta. A partire dal 1800 iniziò una lenta demolizione dell’edificio sacro con la distruzione del chiostro bramantesco (1861) e lo scempio operato in più fasi da alcuni privati. Ma è con gli inizi del ‘900 che, per interesse dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti, iniziò una serie di restauri che coinvolse, via via, la torre (1905-10), la facciata (1926), le tre finestre absidali e il presbiterio (1945-54). Nel 1952
– come s’è visto – il card. Schuster riportò nel monastero i cistercensi, mentre nel 1958 il card. Montini pose la prima pietra per la ricostruzione del chiostro, a opera dell’arch. F. Reggiori. Gli anni successivi videro l’accrescersi del numero di religiosi e il completamento,
a più riprese, del progetto di restauro.
ARTE E FEDE
L’abbazia di Chiaravalle, completamente in cotto, si presenta in tutta la sua imponenza, nel verde della pianura milanese, già a un primo approccio, grazie alla sua mirabile torre-tiburio che costituisce un unicum nelle abbazie cistercensi d’Italia. È alta complessivamente
m. 56,28 e s’innalza sopra l’incrocio fra l’aula e il transetto, costituendo la cupola della basilica, costruita, secondo i canoni, a croce latina. Mirabile la sua forma ottagonale che si sviluppa in tre segmenti degradanti, traforati da gallerie e quadrifore caratterizzate
da complessive 80 colonnine bianche in marmo di Candoglia e da 24 pinnacoli. Al sommo un’alta cuspide con croce. È stata costruita negli anni 1329-1340. È ovvio che una torre simile simboleggi l’elevazione dello spirito a Dio, scopo principale di qualsiasi comunità monastica.
Si entra nell’abbazia tramite l’androne ad arco di una torre eretta nel ‘500. Subito a sinistra
una chiesetta del 1412 e a destra un’altra del 1762: ambedue sono dedicate a san Bernardo. Percorso il breve tratto dell’ingresso, appare la facciata della chiesa abbaziale, a
capanna, con un semplice rosone sormontato da una bifora e archetti pensili sotto gli spioventi. La parte inferiore è coperta da un portico secentesco (fino al 1926 tutta la
facciata era barocchizzata).
Molto bello l’interno, caratterizzato dai canoni cistercensi, con una serie di otto pilastri rotondi senza capitelli e basamenti (alcuni coperti da affreschi), sopra i quali s’impostano le fasce di cordonature in cotto che s’innalzano a sostenere le volte. Gli archi dei pilastri
e le volte a crociera sono ancora a tutto sesto, quindi precedenti all’evoluzione gotica. Anche qui si contempla il gioco di colore tra il cotto degli archi e delle nervature e il bianco delle campiture.
Lo stile semplice è quello indicato da san Bernardo stesso, in contrasto con il gotico dell’abate Sugerio che si stava diffondendo da Parigi: ne contestava l’eccessiva ricchezza degli ornamenti che “distraevano” i monaci, impegnati nell’ascolto della Parola di Dio e nella preghiera. Bernardo proponeva quindi costruzione sacra “sobria”, “povera” che rinunciasse
a ogni esuberanza formale, come voleva fosse lo stile del monaco.
La lezione cistercense si caratterizza dunque per la semplicità delle forme, l’assenza di decorazioni e, soprattutto, l’armonia delle proporzioni. Le abbazie vengono progettate e costruite come luoghi di contemplazione.
Nelle chiese, secondo san Bernardo non si sarebbero nemmeno dovuti realizzare affreschi. Indicazione che non è stata seguita in quasi nessuna delle abbazie cistercensi, compresa la nostra di Chiaravalle. Essa comunque incarna perfettamente le regole di san Bernardo: e ne godiamo la meraviglia delle proporzioni e del rapporto tra il cotto e le campiture intonacate. Ed è da questo edificio che si diffonde lo stile cirstercense nell’intera Italia; stile che influì anche sulle cattedrali, come la nostra di Crema.
La pianta della chiesa di Chiaravalle è a croce latina: la croce di Gesù che ci ha salvati, mistero che si rinnova ogni giorno sull’altare. All’incrocio fra transetto e aula, s’innalza la grande cupola affrescata, simbolo della salita al cielo grazie appunto al sacramento della salvezza. Negli otto spicchi sono raffigurati i quattro Evangelisti e quattro Dottori della Chiesa: i credenti salgono a Dio attraverso i Vangeli che vengono spiegati appunto dai dottori. Nel tamburo della cupola, tra le finestre figure di Santi; nelle quattro pareti tra i
pennacchi Episodi della vita di Maria (Annunciazione, La dormitio Mariae, I funerali di Maria, L’incoronazione di Maria). Sono opere, databili al 1345-47, di autori ignoti d’influenza
giottesca.
Il coro ligneo si trova ancora in posizione canonica: nella navata centrale, davanti all’altare, collocato nell’abside. Qui i monaci cantavano e cantano le lodi a Dio. È una meravigliosa opera in noce intagliata del 1645 di C. Garavaglia. Ventidue gli stalli superiori e diciassette quelli inferiori. I 44 pannelli nel piano superiore raffigurano, ad alto rilievo, episodi della
Vita di san Bernardo.
In ciascuno dei due transetti della pianta a croce si aprono tre cappelle. In quello destro sale il tradizionale scalone che mette in comunicazione con il monastero e i monaci usavano per la preghiera notturna. Al sommo notiamo la celebre Madonna della Buona notte di Bernardino Luini (1480-1532). È uno dei tanti affreschi che arricchiscono l’edificio sacro, realizzati dopo la costruzione della chiesa, che secondo le indicazioni di san Bernardo doveva appunto rimanere assolutamente spoglia.
Il gusto cambiò nel Seicento quando l’aula sacra venne ricoperta di pitture in stile barocco. Li dipinsero i cosiddetti Fiamminghini, Giovanni Battista (1561-1627) e Giovanni Mauro (1575-1640) Della Rovere. Nella controfacciata eseguirono La fondazione dell’abbazia
(1614); sotto, ai fianchi del portale, I legati pontifici Enrico e Guido. Sui pilastri raffigurarono una serie di santi cistercensi: Umberto, Giovanni vescovo, Guerrico abate, Bonifacio vescovo, Fastardo abate, Malachia, Stefano Harding (a destra); Gerardo, Godefrido, Corrado, Ugo vescovo, Pietro abate, Roberto, Benedetto padre dei monaci (a sinistra).
Sopra il coro ligneo, nel lunettone di sinistra I frati cantano il salmo 137, in quello di destra I monaci cantano il Te Deum; la volta è affrescata con quadrature e angeli. Sulla parete sinistra del presbiterio, L’adorazione dei pastori; in quella destra La Madonna del latte con san Bernardo.
Il transetto nord è dedicato ai martiri cistercensi: San Bernardo di Poblet, san Tommaso Becket e SS. Trinità che riceve in gloria i martiri (parete est), Martirio di san Casimiro
e dei monaci del monastero di Oliva in Prussia (parete nord), Martirio delle monache cistercensi del monastero polacco di Vittavia (parete ovest), Quattro santi martiri (nella volta).
Il transetto sud è dedicato ai santi e beati vescovi cistercensi dipinti ovunque (nelle vele della volta, nelle lunette sotto il ballatoio). Nella parete sud, Erezione del primo monastero a Citeaux, in quella ovest (dove è appoggiata la scala), Albero genealogico dell’ordine benedettino.
Le tre cappelle del transetto sinistro sono dedicate a Santa Maria Maddalena (pala d’altare dei Campi), a Santo Stefano, al Santo Rosario;quelle del transetto destro, a san Bernardo, alla passione del Signore, a san Benedetto (affreschi del Ferrari del 1754).
IL CHIOSTRO
Il chiostro dell’abbazia di Chiaravalle è stato rifatto nel 1958 (l’unico lato antico è quello
adiacente alla chiesa) riutilizzando materiali originari (in particolare le colonnine). Sopra
la porta d’ingresso è ancora conservato l’affresco della Vergine in trono con Bambino e santi cistercensi di Gaudenzio Ferrari (1475/80-1546) e, a fianco, lo stemma dell’abbazia con la cicogna e la data della fondazione: fu posta in occasione della consacrazione nel 1221.
La struttura del chiostro è tipica del Trecento: con una serie di trifore e archi acuti retti da
colonnine gemine con bellissimi capitelli, scandite da pilastri in cotto e decorate con archetti
pensili sottogronda. Negli angoli le colonnine sono legate a nodo, secondo il modulo cistercense che significa l’unità ecclesiale. Nel lato est, un bel portalino in cotto affiancato da due finestre immette nella sala capitolare, rifatta in periodo rinascimentale: conserva celebri graffiti del Panorama di Milano. Ancora di carattere gotico, invece, il refettorio,
perpendicolare al lato sud del chiostro.
LA COMUNITÀ DEI MONACI
I cistercensi di Chiaravalle sono oggi una piccola comunità, ma a Milano sono diventati un grande punto di riferimento. Proprio come voleva il card. Schuster. La loro forma di apostolato è la preghiera e il canto. Non hanno mai abbandonato il gregoriano e curano attentamente la liturgia. La gente ne resta affascinata e partecipa. Hanno poi un gran numero di confessioni e di direzioni spirituali.
I monaci vivono la vita comunitaria con spirito pasquale. La specificità della regola di san Benedetto è proprio questa: la croce va sempre vissuta nello spirito della risurrezione.
Per i benedettini la vita comunitaria è stata una scelta definitiva voluta da san Benedetto e ciò che la caratterizza è l’obbedienza. Il monaco vede Cristo nell’abate e obbedendo al suo ministro obbedisce al Signore. Periodicamente la comunità si riunisce e tratta i vari problemi interni. Si decide insieme: quando c’è una scelta importante, si vota in segreto. La regola di san Benedetto, però, aggiunge che il priore, alla fine, può prendere una decisione diversa da quella comune.