Don Gabriele Frassi commenta il Vangelo di domani, domenica 2 febbraio, festa della Presentazione di Gesù al Tempio

Don Gabriele Frassi

Di seguito proponiamo il passo del Vangelo e il relativo commento di domani,domenica 2 febbraio, in occasione della festa della Presentazione di Gesù al Tempio.

IL VANGELO DI LUCA 2, 22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

IL COMMENTO

Ricorre domani, domenica 2 febbraio, la festa della presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme. Cadendo quest’anno di domenica, la chiesa ne celebra l’evento dandone la precedenza rispetto alla quarta domenica del tempo ordinario. Comunemente viene chiamata la “Candelora” dove il simbolo delle candele accese e benedette richiamano Cristo luce del mondo. Candele che poi vengono portate nelle famiglie e custodite nelle case, come segno semplice, ma efficace, della presenza di Gesù nel contesto familiare.
L’evangelista Luca narra, con dovizia di particolari l’avvenimento di questa presentazione: Maria e Giuseppe, dopo il rito della circoncisione all’ottavo giorno della nascita, assolvono anche a questa forma di consacrazione a Dio del loro figlio primogenito maschio così come prescritto dalla legge ebraica.
Siamo sempre nel contesto dei Vangeli così detti “dell’infanzia” che in Luca segue un percorso interessante di contrasto e di compimento: l’annuncio a Zaccaria in riferimento al Battista e l’annuncio a Maria riguardo a Gesù, la nascita di Giovanni e la nascita di Gesù e infine Gesù presentato al tempio e Gesù che a dodici anni si manifesta al tempio. Il tutto potremmo dire celebrato con la consegna dei tre cantici evangelici: il Benedictus, il Magnificat e il cantico di Simeone come abbiamo modo di ascoltare e meditare nel brano evangelico di questa festa.
È lecito pensare al momento particolarmente intenso che Giuseppe e Maria si accingono a vivere nel consacrare il loro Gesù a Dio: un po’ quello che accade nelle nostre famiglie quando dopo la nascita si vive la grande gioia del Battesimo.
Che poi qualcosa di veramente particolare e per certi versi misterioso il loro figlio Gesù avesse sicuramente ne erano ben coscienti, il che cosa forse era ancora molto nebuloso dentro il loro cuore. Già i pastori con la loro venuta nel luogo della nascita avevano fatto emergere l’unicità di quel bambino, ma le parole di Simeone prima e di Anna poi rimarcano ulteriormente questa peculiarità. Inoltre il fatto che entrambi testimonino del compimento della promessa antica con l’avvento di Gesù, viene assolta anche la legge ebraica che prescriveva nelle disquisizioni dei tribunali almeno la parola di due testimoni. Simeone, il vegliardo giusto e pio, illuminato dallo Spirito vede finalmente compiuta la sua attesa e la gioia è così grande che non può che abbandonarsi finalmente all’eternità di Dio. I suoi stanchi occhi hanno visto la luce che illumina le genti e che raggiungerà la pienezza della gloria nella notte pasquale. Egli sa vedere oltre e con schiettezza affida a Maria la prospettiva di una sofferenza, quella del Figlio e quella della Madre, generativa di salvezza.
Anna, che ha fatto della sua vedovanza una lode e un servizio a Dio, non trattiene l’impeto della letizia, abbandonandosi a una danza interiore di lode e di testimonianza riguardo a quel bambino. Entrambi benedicono quella giovane famiglia dove Dio ha posto la sua dimora tra gli uomini e la loro gioia va ben oltre il confine delle loro persone raggiungendo l’umanità intera che finalmente ha la possibilità di essere redenta e ritornare nell’abbraccio del suo Creatore. Gesù intanto cresceva in grazia e in sapienza, ponendo i primi passi nella sua esperienza umana premessa a quell’affascinante e drammatico viaggio che compirà per ritornare da adulto a Gerusalemme, altare dell’unico e vero sacrificio, quello della sua vita. Proprio qui, dalla croce posta sul Golgota, Cristo esalando l’ultimo respiro dirà: “È compiuto”, intendendo l’opera salvifica del Padre.

don Gabriele Frassi