IL VESCOVO FRANCO CELEBRA S. PANTALEONE

Celebrato ieri sera in cattedrale il solenne pontificale del patrocinio di san Pantaleone martire. Ospite d'onore il cremasco vescovo di Senigallia mons. Franco Manenti.
La serata si è svolta secondo tradizione. Alle 20.15 l'incontro del vescovo Oscar con i sindaci del territorio e le autorità militari nella sala rossa dell'episcopio. È seguito il corteo che si è recato in cattedrale attraversando la piazza Duomo.
L'Eucarestia è stata presieduta da mons. Manenti, affiancato dal vescovo Oscar. Numerosi i sacerdoti, i sindaci e i fedeli presenti. Durante l'omelia il vescovo Franco ha commentato le letture della Parola di Dio (cfr. più sotto il testo integrale).
È seguita la tradizionale offerta dei ceri da parte dei sindaci del territorio presenti.br>

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L'OMELIA DEL VESCOVO FRANCO

«Ascolta, Signore, te ne preghiamo, le suppliche che il popolo cremasco ti rivolge con profonda devozione, nella memoria del martire San Pantaleone: fa' che, muniti del suo patrocinio, siamo liberati da ogni male del corpo e dello spirito e testimoniamo con coraggio la fede cristiana».

La nostra preghiera appare seria, per diverse ragioni: per il destinatario (non una persona qualsiasi, ma il Signore), per il tono (le suppliche rivolte con intensità: “ascolta”, rafforzato da “te ne preghiamo”), per l'atteggiamento (una “profonda devozione”, cioè una grande fiducia) e infine per il contenuto (la liberazione da ogni male del corpo e dello spirito” e una coraggiosa testimonianza della nostra fede).
Nella supplica che le nostre richieste siano accolte, abbiamo riconosciuto al martire S. Pantaleone un ruolo decisivo, perché possiamo contare sul suo “patrocinio”, sul suo aiuto.
Riguardo alle richieste se è agevole identificare i mali del corpo (le malattie che debilitano il corpo e compromettono la qualità della vita), non è altrettanto agevole riconoscere i mali dello spirito, quei mali che debilitano il cuore, la persona, che anche loro compromettono la qualità della vita, personale e sociale e che soprattutto non è sempre agevole “curare”. Spesso poi sono i mali dello spirito a provocare i mali corpo.
Se cercassimo d'individuare uno di questi “mali dello spirito”, quello che sta all'origine di altri mali, penso che ci troveremmo d'accordo nell'identificarlo nella paura, la paura di perdere la vita, con i suoi tanti beni (la serenità, la sicurezza, la salute.), una paura che non è provocata soltanto dal pensiero della morte, ma anche da quello che sta succedendo di questi tempi attorno a noi.
Una paura che ci aggredisce non solo personalmente, rendendo sempre più difficili le relazioni, fino a comprometterle, ma che intacca anche il tessuto sociale, suggerendo una difesa che assume sempre più l'aspetto di una chiusura, fatta di tanta intolleranza.
E' possibile curare questo male dello spirito? Gesù nel vangelo propone come terapia il percorso del chicco di grano, un percorso che apparentemente sembra condurre alla morte, alla perdita della vita, ma che invece si rivela promotore della vita.
La proposta di Gesù, diciamolo chiaramente, appare sconcertante, perché propone un percorso che mette paura, suscita tante riserve, un percorso contrario a quello che il nostro desiderio di vita immediatamente e con insistenza ci suggerisce.
Nel testo del vangelo Gesù ricorre all'immagine del chicco di grano per parlare anzitutto di sé a chi desiderava incontrarlo, per svelare il modo scelto da lui di provvedere alla propria vita, un modo che non delude il suo desiderio di vita, perché si rivela un percorso di vita e non di morte..
A ispirare questo percorso sta la decisione di Gesù di non considerare la propria vita un tesoro da trattenere esclusivamente presso di sé, da custodire, difendere a tutti i costi, ma da condividere con altri, con noi. Il “guadagno” di Gesù è un'esistenza liberata dalla paura, da quella paura che spinge a richiudersi in se stessi, a innalzare i muri della difesa, illudendoci di conservare una buona qualità alla nostra esistenza.
Gesù propone poi il percorso del chicco di grano a tutti coloro che hanno veramente a cuore la propria vita, che desiderano non perderla realmente.
S. Pantaleone, come i tanti martiri di sempre, anche quelli di cui parlano sempre più frequentemente le cronache dei nostri giorni, hanno dato credito a Gesù, hanno accolto la sua proposta; per questo non si sono lasciati sopraffare dalla paura di perdere la vita, non hanno consentito a questa paura di insediarsi nel loro cuore e governare la loro esistenza.
A questo credito dato a Gesù con il proprio martirio, il nostro Santo si è esercitato con un'esistenza aperta agli altri, alle persone in difficoltà. Lui, medico, ha spesso svolto la propria professione, gratuitamente, a favore dei più poveri, tanto da essere considerato medico non solo delle malattie, ma anche della povertà.
Non lasciandosi convincere dalla paura di perdere la vita, ma da Gesù, S. Pantaleone e tutti i martiri, hanno reso ragione della speranza che ha abitato il loro cuore, che abita il nostro cuore, quella speranza che la fede in Gesù, il grano di frumento che ritrova la vita perché ha accettato di perderla, riscatta dall'essere un fragile desiderio, per diventare investimento forte della vita, più forte della paura,della morte stessa.
Questa sera, guardando a S. Pantaleone, forti del suo sostegno, del suo patrocinio, chiediamo al Signore Gesù che ci liberi da questo male dello spirito, un male che, osservando quanto sta succedendo, non solo non mette la nostra esistenza personale al riparo della paura, né garantisce maggiore sicurezza alla nostra vita sociale, ma sembra mortificarle e renderle sempre più tristi e incerte.