I giovani hanno pregato questa sera, in vista dell’Avvento, con padre Gigi Maccalli. Una celebrazione in cattedrale a porte chiuse, presente il vescovo Daniele e il responsabile della pastorale giovanile don Stefano Savoia, con molti giovani collegati via streaming, grazie al sito de Il Nuovo Torrazzo. All’inizio la speaker ha ricordato che i giovani e la diocesi hanno pregato ogni mese per la sua liberazione. Tornato oggi a casa, gli hanno fatto il simbolico omaggio di un paio di sandali, di una lampada e della corona del rosario.
Dopo il canto è seguita la testimonianza di padre Gigi.
“Più che dura – ha iniziato – è stata lunga, una lunga attesa. Ogni giorno al tramonto del sole dicevo: anche oggi è passato, speriamo domani; Padre, perché mi ha abbandonato: c’era tanto silenzio attorno a me e dentro di me.”
E ha spiegato la sua prigionia titolandola ‘Il Sahara e le sue dieci sorelle: dieci parole che iniziano tutte con la S’; cinque descrivono realtà esterne, cinque “la mia situazione interna”.
SOLE E SETE
“Nel Sahara il mese di maggio è un forno di calore – ha raccontato padre Gigi –. Bevevo tre o quattro litri di acqua e non mi dissetavo. E nulla poteva attutire la sete di libertà che avevo dentro.”
SABBIA E SOLITUDINE
“Ero in mezzo a una infinità di dune con sabbia bollente sotto i piedi e fastidiosa. Ma più difficile appariva la solitudine fisica e spirituale: anche Dio mi sembrava assente. Quando poi sono arrivati due altri ostaggi italiani, li ho considerati come un dono dello Spirito consolatore.”
SPINE E SOFFERENZA
“I pochi alberi che sono nel deserto sono alberi spinosi. Dappertutto vi sono spine. Ma le spine più insidiose erano nel cuore, il pensiero alla famiglia e a tanta gente che avevo lasciato e che soffrivano con me e per me: chissà – mi chiedevo – se mi pensano ancora vivo. Ho pianto.”
SOFFIO DI VENTO E SCHERNO
“Nel deserto il vento non manca mai, ma il vento più duro è stato il vento del disprezzo perché i miei carcerieri mi consideravano un infedele. Lo schermo mi ha fatto molto male. Era triste vedere questi giovani africani che avevano perso i loro valori tradizionali di accoglienza e rispetto.
STELLE E SPERANZA
“Le stelle mi hanno invece ristorato gli occhi, la mente, il cuore con tanta speranza. La volta del cielo era una cupola di stelle che invitavano a un orizzonte infinito di speranza. Le stelle animavano i miei pensieri positivi. L’orizzonte del ritorno è sempre stato vivo in me. Speravo nel domani del ritorno: e il domani è arrivato l’8 ottobre scorso. Grazie a tutti i giovani di avermi sostenuto con tanto amore e affetto: ho sentito il vostro abbraccio, l’abbraccio della diocesi.”
E padre Gigi ha lanciato un ultimo messaggio: “Abbiate sempre la croce sulle spalle e lo sguardo alle stelle. La croce ci ricorda la solidarietà: portare la nostra croce assieme a quelle dei nostri amici, non lasciamoli soli. Guardiamo alle stelle come i Magi che sono arrivati a Gesù.”
A seguito del suo intervento padre Gigi ha risposto a quattro domande che i giovani gli hanno rivolto via chat. Poi la lettura del Vangelo e le parole del Vescovo che ha invitato ad allenare: il cuore a ritrovare e consolidare le ragioni profonde del vivere; lo sguardo, affinato e perspicace, capace di guardare in alto e in un orizzonte grande; le mani, perché diventino capaci di condivisione e di solidarietà.