Mons. Cesare Pagazzi: Ario e il Concilio di Nicea

Mons. Pagazzi affiancato dal vescovo Daniele

Lezione del vescovo mons. Cesare Pagazzi, ieri sera all’oratorio di Sergnano, con inizio alle ore 20.45. Originario della diocesi di Lodi, ha insegnato anche nel nostro seminario e nell’Istituto Scienze Religiose per vari anni, è quindi conosciuto da tanti preti e laici della diocesi. Oggi è segretario del dicastero della cultura e dell’educazione della Santa Sede.

Il Concilio di Nicea

Il suo compito quello di parlare del Concilio di Nicea, a 1700 anni dalla sua celebrazione.
Fu il primo concilio ecumenico della storia della Chiesa e venne convocato dall’imperatore Costantino. Si tenne nel maggio-giugno 325 e vi parteciparono da 220 a 318 vescovi, soprattutto orientali. La sua principale decisione fu stabilire esplicitamente la dottrina della consustanzialità del Padre e del Figlio, negando che il Figlio sia stato creato (“generato non creato”) e che la sua esistenza sia posteriore al Padre (“prima di tutti i secoli”). “Dichiarazioni – ha detto mons. Cesare – che recitiamo tutte le domeniche nel credo della Santa Messa.”

Ario e l’arianesimo

In questo modo, il Concilio veniva a negare le idee dell’arianesimo, il movimento molto diffuso che faceva capo al sacerdote Ario. Nel territorio attorno a Milano, ad esempio, s’è vissuto, proprio nel secolo IV, un forte il contrasto, tra ariani e ortodossi.
Ario affermava che Gesù era stato un grande personaggio, ma non era Dio. Lo diceva – ha spiegato mons. Pagazzi – per difendere Dio stesso: Dio infatti è Dio perché è uno. Non avendo differenze dentro di sé, se dici che in lui vi sono altre persone, appunto il Dio Gesù, è una minaccia all’unità di Dio, che è il suo valore più alto.
Inoltre per Ario è impossibile che in Dio ci sia un figlio, che Gesù, quindi, sia figlio di Dio: questa forma di dipendenza è una imperfezione: se devo ricevere qualcosa vuol dire che non l’ho e quindi non sono completo.

Lo svolgimento della riflessione del vescovo Cesare è continuata nel cercare di far capire le incongruenze del pensiero di Ario, indicando come spesse volte vi sia uno strisciante arianesimo anche nelle posizioni dei cristiani di oggi.