Domenica 26 maggio, Santissima Trinità. Don Giancarlo commenta il Vangelo

don Giancarlo

Dal Vangelo secondo Matteo 28, 16-20

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Il commento al Vangelo

Nelle prossime tre domeniche la liturgia prolunga la gioia pasquale celebrando tre solennità dedicate a tre importanti misteri della nostra fede cristiana: Santissima Trinità, Corpus Domini e Sacro Cuore di Gesù. Nei nostri commenti al Vangelo della domenica ci soffermeremo sulle prime due solennità.
Tutta la tradizione spirituale dell’Oriente e dell’Occidente cristiano è unanime nell’affermare che nella piena unione con Dio l’orante si relaziona con tutte e tre le persone della Trinità, ma padre Maria Eugenio di Gesù Bambino era ancor più forte e radicale, infatti affermava che ogni cristiano deve imparare a relazionarsi con ciascuna persona divina. Possiamo notare un certo imbarazzo da parte dei cristiani oggi di fronte a posizioni come queste, ma occorre fuggire la tentazione di risolvere il problema proponendo una catechesi in merito: a mio giudizio, occorre piuttosto riscoprire una delle tante tradizioni contemplative della nostra Chiesa latina e adottarla come via di conoscenza di Dio per il nostro cammino di fede, all’interno della quale è necessario un momento formativo. Solo così potremo fare esperienza personale della Trinità e di come questa abiti nel centro della nostra anima.

L’elevazione alla Trinità di santa Elisabetta

Mi ha sempre colpito la figura di santa Elisabetta della Trinità (18/7/1880 − 9/11/1906), la quale fonda la sua vita interiore sull’inabitazione della Santissima Trinità e arriva a comprendere attraverso la meditazione delle lettere di san Paolo che in virtù dello Spirito di adozione è possibile gridare “Abbà, Padre” (Rm. 8,15), per questo decide di abbandonarsi sempre di più all’azione dello Spirito, il quale attraverso la meditazione della parola di Dio, la conduce alla conoscenza della Trinità stessa presente nel centro più profondo della sua anima.
Molto bella è la sua famosa elevazione alla Trinità: “Mio Dio, Trinità che adoro, aiutatemi a dimenticarmi interamente, per fissarmi in voi, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell’eternità; che nulla possa turbare la mia pace o farmi uscire da voi, mio immutabile Bene, ma che ogni istante mi porti più addentro nella profondità del vostro mistero. Pacificate la mia anima, fatene il vostro cielo, la vostra dimora preferita e il luogo del riposo; che io non vi lasci mai solo, ma sia là tutta quanta, tutta desta nella mia fede, tutta in adorazione, tutta abbandonata alla vostra azione creatrice […]”.

Il mandato missionario e la polemica femminista

Il Vangelo di questa domenica riprende, nella versione di Matteo, il mandato missionario. L’incorporazione sacramentale nella Chiesa di quanti hanno accolto la parola del Vangelo è indispensabile. Secondo san Paolo nel battesimo siamo uniti alla Morte e Risurrezione di Cristo: “Con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti” (Col 2,12).
L’evento pasquale è opera della Trinità, come hanno evidenziato bene nei loro studi teologi come Balthasar e Nicolaj Sergej Bulgakov, in questo modo risulta sempre più necessaria una riscoperta del battesimo per ogni tipo di cammino di fede.
Ioannis Zizioulas (vescovo ortodosso e teologo greco morto nel 2023) affronta molto bene la polemica femminista riguardo all’uso dei nomi di Dio, polemica che oggi si fa sempre più insistente: “Padre, Figlio e Spirito sono invece nomi dell’identità personale, nomi per mezzo dei quali Dio in Cristo rivela se stesso e nomina se stesso per noi. […] Ma il suo nome ci è conosciuto e rivelato soltanto in Cristo, il che significa solo in e attraverso la relazione Padre-Figlio. Egli è pertanto conosciuto unicamente come Padre”.

don Giancarlo Camastra