Dal Vangelo secondo Marco 16, 15-20
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Don Giancarlo commenta il Vangelo: l’Ascensione
L’Ascensione di Gesù al Cielo è strettamente legata alla missione della Chiesa. Una interessante prospettiva la reperiamo dalla teologia di Balthasar, il quale evidenzia come Cristo, di fronte all’apparente fallimento della sua missione, compia un atto di affidamento nelle mani del Padre e tale atto apra di fatto lo spazio alla missione dello Spirito: “Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato” (Gv 16,7-11).
A questo proposito è molto illuminante un commento a Balthasar di Cozzi: “La fecondità del sacrificio del Figlio, di quel lasciar essere/fare che si realizza proprio sulla croce e che traspone nel tempo le relazioni trinitarie, ci rimanda alla partecipazione della Chiesa al sacrificio di Gesù: ‘Lo Spirito si diffonde nel mondo per rendere sempre di nuovo presente, in unione con la Chiesa, il sacrificio ora diventato celeste ed eterno dell’Agnello come immolato e così rendere partecipe la Chiesa della Pasqua di Cristo'”.
La fede
Il comandamento di predicare il Vangelo è aperto a tutto il mondo. La vittoria della Pasqua di Gesù sul peccato e sulla morte, contenute nell’annuncio del kerygma, passano attraverso l’accoglienza nella fede del mistero Pasquale di Cristo e il fonte battesimale. È soprattutto il battesimo oggi il sacramento da riscoprire all’interno di ogni cammino adulto di fede, in particolar modo per tutti coloro che desiderano entrare sempre più in profondità nell’amore misericordioso di Dio. La fede risulta essere quella virtù teologale data maggiormente per scontata, tuttavia la più trascurata e la più decisiva. È la fede che ci permette di accedere alla vittoria di Cristo proclamata nel Vangelo, perché costituisce la risposta obbediente alla chiamata ad entrare nell’Alleanza di Dio in Cristo.
La missione della Chiesa
È forse più problematico per noi il riferimento ai segni che accompagnano gli annunciatori del Vangelo (Mc 16,17-18) e meriterebbe una considerazione a sé stante. Qui ci limitiamo a sottolineare il corretto rapporto che occorre avere con Dio, ovvero: il punto nodale è il discernimento della volontà di Dio all’interno della nostra vita e fuggire la tentazione di considerare Dio come colui che avvalla ogni nostro modo di pensare ed agire. Il Vangelo di Marco termina con Gesù che Ascende in Cielo e i discepoli che obbediscono al comando di Cristo, scoprendo che veramente egli è l’Emmanuele, il Dio con noi (cfr. Mt 18,23).
“La missione della Chiesa, infatti, deriva dal mistero del Dio uno e trino, dal mistero del suo amore creatore. E l’amore non è soltanto presente in qualche modo in Dio: Egli stesso lo è, è per sua natura amore. E l’amore di Dio non vuole essere isolato in sé, ma secondo la sua natura vuole diffondersi. Nell’incarnazione e nel sacrificio del Figlio di Dio, esso ha raggiunto l’umanità – cioè noi – in modo particolare, e questo attraverso il fatto che Cristo, il Figlio di Dio è, per così dire, uscito dalla sfera del suo essere Dio, si è fatto carne ed è diventato uomo; non soltanto per confermare il mondo nel suo essere terreno, ed essere il suo compagno che lo lascia così come è, ma per trasformarlo”. (Benedetto XVI, discorso, Konzerthaus di Freiburg im Breisgau Domenica, 25 settembre 2011).