Rubrica Psicologia&Benessere. Hikikomori: gli eremiti del XXI secolo

Piscologia&Benessere
Federica Perolini

Ogni nostra azione, anche la più semplice, ha uno scopo e una motivazione che la sorregge. Se ci alziamo la mattina e andiamo a scuola o al lavoro, persino quando non abbiamo nessuna voglia, significa che esiste una forza che ci spinge a farlo: senso del dovere, desiderio di mantenere un determinato status sociale, paura di essere giudicati come falliti e mille altri fattori.
Sempre di più, al giorno d’oggi ci si imbatte nell’espressione hikikimori.
Questo termine giapponese, significa letteralmente “stare in disparte” ed è usato in gergo per indicare coloro che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, chiudendosi in casa, senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno, a volte nemmeno con i propri genitori.

Come vivono gli hikikomori?

La condizione degli hikikomori è caratterizzata da un rifiuto della vita sociale, scolastica o lavorativa per un periodo di tempo prolungato, di almeno 6 mesi, e da una mancanza di relazioni intime a eccezione di quelle con i parenti stretti. I giovani hikikomori possono manifestare il loro disagio in vari modi: stare in casa tutto il giorno, oppure uscire solo quando sono sicuri di non incontrare conoscenti o addirittura vagare senza meta tutto il giorno facendo credere di essere andati a scuola. Gli hikikomori mantengono le relazioni esterne al minimo e gli unici contatti che sviluppano sono attraverso l’uso di Internet.

Come si può riconoscere un Hikikomori? Quali sono i sintomi?

Il primo luogo dove si possono riscontrare primi campanelli d’allarme è la scuola. Qui il giovane può essere più esposto a bullismo o pressioni sociali.
Inizialmente, il soggetto ha una spinta all’autoisolamento come primo meccanismo di difesa. La riluttanza a uscire di casa può essere dovuta a diverse cause tra cui: disturbi del sonno, depressione clinica, fobia sociale o altri tipi di disturbi d’ansia. Anche la dipendenza dai social network è stata ampiamente associata alla sindrome, poiché i giovani hikikomori finiscono per usarli come unico mezzo di comunicazione.
L’Istituto di Fisiologia clinica del Consiglio di Pisa ha evidenziato che, pur essendo un disturbo eterogeneo, risulta essere più diffuso nei soggetti che presentano alcune delle seguenti caratteristiche: avere un’età compresa tra i 14-30 anni, essere maschio (nel 90% dei casi), essere figlio unico di una famiglia di estrazione sociale medio-alta, nella quale solitamente è assente uno dei genitori, più comunemente il padre.

Quali potrebbero essere le cause della Sindrome di hikikomori?

Purtroppo, la società tende a semplificare e attribuire il ritiro sociale alla pigrizia, alla malattia o ai videogiochi.
Questi sono tutti pregiudizi molto gravi che producono interventi sbagliati e anche l’aggravamento del problema.
Diversi studi hanno messo in rilievo che, in realtà, si tratta di un fenomeno multifattoriale. Diverse sono le cause per esempio: bullismo, sopraffazione, alte aspettative da parte degli adulti. In generale la percezione che un giovane hikikomori ha è quella di non riuscire a rispondere a tutte le richieste della famiglia e del mondo esterno.

Cosa si può fare se si sospetta un caso di hikikomori?

Prima di tutto è utile essere attenti per cogliere i primi segnali di disagio legati all’isolamento dei più giovani, non sottovalutando le richieste di aiuto e promuovendo momenti di ascolto, di dialogo e incoraggiando le occasioni di relazioni soprattutto con pari.
In secondo luogo, ci si può rivolgere a diverse organizzazioni o associazioni.
L’associazione Hikikomori Italia è una delle risorse che offre consigli e supporto, oltre che informazioni.

Federica Perolini
Psicologa Crema