VESCOVI LOMBARDI – A Caravaggio la Messa per le vittime del Covid

La pandemia è una delle prove della vita, ma fiducia e speranza non devono mai mancare, soprattutto nei cristiani. È questo il messaggio che arriva dal Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio dove, questa mattina, i Vescovi lombardi si sono riuniti per la santa Messa a suffragio delle vittime del Covid-19, accogliendo così l’invito alla preghiera diffuso dai presidenti delle Conferenze episcopali europee.

La celebrazione è stata presieduta da monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano e metropolita della Lombardia. “I Vescovi – ha detto all’inizio della Messa – hanno condiviso il dolore e l’angoscia della loro gente, il senso di inquietudine e incertezza… I Vescovi hanno rivolto una parola amica e di fiducia a tutte le loro comunità. Oggi i Vescovi si trovano qui a pregare per coloro che sono morti e perché le famiglie colpite trovino conforto nella fede”.

Nell’omelia, riprendendo gli episodi delle letture proclamate, l’arcivescovo Mario ha parlato dei demoni: quello muto, quello ribelle, quello della divisione e della solitudine. Demoni che serpeggiano tra noi, mentre sulla nostra terra “si aggira una specie di grigiore, un’inclinazione alla rassegnazione, un’inquietudine pervasiva che forse non si dichiara, ma che rende guardinghi, sospettosi, inclini a fare di meno piuttosto che di più, a stare soli piuttosto che in compagnia, a sospendere ogni cosa piuttosto che prendere iniziative. Si aggira sulla nostra terra una specie di inespressa persuasione che la battaglia sia persa”.

Ed ecco allora, in questo contesto, l’agire dei demoni. “C’è il demone muto – ha detto monsignor Delpini – che impone il silenzio: gli hanno aperto la porta anche i discepoli di Gesù, che non hanno più parole cristiane. Di fronte alle lacrime e alle domande di fratelli e sorelle che piangono i loro morti non sanno che cosa dire se non parole genertiche di condoglianze. Di fronte alle provocazioni di chi dice ‘dov’è il tuo Dio?’, non sanno che cosa rispondere. Un demone muto ha tolto loro la parola. Ma – ha sottolineato l’arcivescovo – il Regno di Dio è tra noi e Gesù ha scacciato il demone muto”. E allora, “coloro che il virus ha assalito e ucciso hanno cominciato a parlare e cantano la vittoria del Signore, proclamando che la morte è stata vinta. E invitano a unirsi al grande coro della comunione dei santi”.

Poi, c’è il demone ribelle. Quello che, ha spiegato Delpini, “insinua la disperazione, suggerisce che la promessa di rendere felici non sia affidabile. Nei mesi della pandemia esibisce conferme alla sua ribellione: ‘Vedete quanti morti? Muoiono il santo e il peccatore. Voltate le spalle al Signore e siate disperati!’ Ma, ancora una volta, il Regno di Dio è giunto a noi e Gesù ha scacciato il demone ribelle. Perché Gesù ha sofferto con coloro che soffrono, ha pianto con coloro che piangono, è morto con coloro che sono morti”. Così, ha aggiunto l’arcivescovo, “i figli di Dio hanno ascoltato la voce amica di Gesù e si sono messi in cammino: e s’è diffusa tra la gente una nuova forma di compassione abitata da una fortezza mite e paziente, una pratica instancabile della dedizione abitata dalla carità, una rinnovata fiducia abitata dalla speranza di partecipare alla morte e risurrezione di Gesù per entrare nella vita di Dio”.

Infine, il demone della divisione e della solitudine, che divide e separa, che mette gli uni contro gi altri. Questo demone, ha affermato l’arcivescovo Mario, “semina la desolazione nel constatare che coloro che amiamo sono irraggiungibili”. E ha ricordato i morti solitari di questi mesi, i tanti nostri cari che non abbiamo più rivisto, ai quali non abbiamo potuto dare un’ultima carezza. “Il demone della solitudine – ha proseguito – continua ad aggirarsi tra la gente alimentando l’egoismo, mettendo gli uni contro gli altri: ‘Cerca di arrivare prima! Cerca di cavartela, non pensare agli altri, pensa per te, che si tratti della vaccinazione o del posto di lavoro o di qualsiasi interesse’. Ma il Regno di Dio è giunto a noi e ha scacciato il demone della solitudine. Ha consolato i morti che non abbiamo potuto consolare, ha abbracciato i nostri cari per noi, li ha introdotti in quella comunione che il demone non può spezzare, ci ha radunati nella preghiera che non teme le distanze. Abbiamo imparato a pregare nella comunione dei santi, insieme con Maria”.

È questa la preghiera, il canto di speranza e la professione di fede che, ha concluso monsignor Delpini, “celebriamo oggi qui, nel santuario della gente semplice, dove si celebra la maternità di Maria che, come ha consolato la povera Giannetta, oggi consola tutti noi”.

Al termine della Messa, prima della preghiera e della benedizione solenne nello Scurolo, l’arcivescovo ha ringraziato quanti si prendono cura dei malati e quanti assicurano i servizi essenziali: su tutti ha invocato la protezione della Madonna.