Il commento al Vangelo di domani, domenica 6 ottobre

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Di seguito proponiamo il passo del Vangelo di domani, domenica 6 ottobre e il relativo commento.

VANGELO: Lc 17, 5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

IL COMMENTO AL VANGELO

Oggi siamo alla ventisettesima domenica del tempo ordinario. Il Vangelo pone sulla bocca dei discepoli una richiesta, che dovrebbe essere la nostra richiesta quotidiana: “Signore accresci in noi la fede!” Quando i discepoli fanno queste richieste è perché ciò che propone Gesù, o è troppo alto o è troppo diverso da quello che loro vivono. Se anche noi ci mettiamo nella condizione dei discepoli la proposta di Gesù è anche per noi forse troppo alta, forse troppo diversa da quanto viviamo.
Il contesto che spinge Pietro a fare questa domanda a Gesù è che l’apostolo chiede quante volte deve perdonare e si sente rispondere 70 volte 7. Pietro capisce che la misura è molto alta, capisce che tra quello che lui può fare, o in cuor suo pensa di fare, e quanto invece il Signore gli chiede c’è una sproporzione enorme. Così come quando il Maestro dice al giovane ricco: “Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli”. Allora gli chiediamo: “Signore, come è possibile?”
Tuttavia stando con Gesù a un credente sorge il desiderio di rischiare. Capisce cioè la sproporzione, ma nello stesso tempo dice: “Sì, ma io non posso non provarci perché ho davanti te, ho te dentro al cuore. È come quando i discepoli hanno visto Gesù pregare e gli hanno chiesto: “Signore insegnaci a pregare”. Così oggi i discepoli chiedono: “Signore accresci la nostra fede”.
Benedetto XVI ha detto: la fede cristiana non è un’idea, ma una vita. La fede cristiana è cioè una relazione; si basa su una relazione con Dio, un contatto personale con Lui; è quindi prima di tutto una fede che si basa sull’ascolto; ascoltare che cosa Dio mi dice, dare tempo a Dio perché mi parli. Tante volte si ascolta qualcuno che dice: “Io non ho fede”. Ma dicendo ciò manca quel poco che mi permette di fare il salto in Dio. Proviamo a chiederci quante volte ci siamo messi nella disposizione di saltare con un’umile fiducia in Dio, di dirgli: “Signore io non comprendo, ma mi fido, inizio a metterti giorno dopo giorno dentro la mia vita, non ti lascio fuori, non percorriamo una strada parallela, ti chiedo di entrare nella mia vita. Non perché devo capire attraverso miracoli che tu ci sei, ma perché tu mi sei necessario.”
L’uomo di oggi invece non sente questa necessità di Dio, ecco perché la fede non può effettivamente prendere spazio dentro di noi. La fede è dire quanto Gesù può compiere dentro di noi. “Il giusto vivrà mediante la fede” dice la prima lettura di oggi. Vuol dire che se noi ci basiamo sulla Parola, questa sostiene il nostro cammino; anche se piccola come un granellino di senape, è capace e sufficiente a cambiare la nostra storia, la mia storia. Vuol dire che quanto il Signore mi ha affidato come comunità, come famiglia, come Chiesa, in questo momento della storia va bene per me.
San Benedetto quando parla dell’obbedienza impossibile per i suoi discepoli, dice proprio così: quando si riceve un incarico, un servizio, un lavoro o appunto una comunità, una famiglia e ti sembra che questo compito sia troppo grande per te, allora San Benedetto dice che con umile disposizione il monaco vada dall’abate e gli dica che è troppo per lui. Quindi ciascuno di noi può dire: “Signore è troppo per me”. Ma se l’abate, se il Signore rimane fermo in quello che ti ha dato, allora per fede devi proprio credere che va bene per te e Dio compirà in te quello che tu umilmente riconosci di non essere capace di fare.
La fede comporta anche questo, il riconoscimento che senza Dio non possiamo fare nulla. Noi viviamo di autosufficienza, viviamo di autorealizzazione, ma questa non è fede. La fede ci chiede, umilmente, di riconoscerci piccoli come un granellino di senape perché senza Dio non possiamo fare nulla e quindi tutto il resto lo compie lui. E allora capite che abbiamo bisogno di invocare: “Signore, accresci la nostra fede”, perché spazzare via il nostro io, prima ancora di dire che non abbiamo fede, è dura. Fare crescere Gesù Cristo dentro di noi e metterlo al posto del nostro io è davvero una lotta quotidiana.
E allora quando Gesù parla di servizio, di essere servi inutili, non è tanto perché è inutile quello che fai, ma perché diventi un servo umile, un uomo e una donna che non hanno rivendicazioni, un uomo e una donna che servono e che stanno nel posto dove Dio li ha posti senza secondi fini. In sostanza uomini e donne che agiscono per amore perché non hanno di mira il servizio, hanno di mira Lui, non hanno di mira la possibilità di trovare gloria nel servizio, ma hanno di mira l’amore per Cristo.
Questo è il servo inutile che tutte le sere, vi assicuro, dorme perché sa che ha posto tutto nelle mani del Signore, anche quando apparentemente nulla fiorisce tra le sue mani. Credo che dobbiamo proprio chiedere al Signore di aumentare la nostra fede che è un’umile fiducia nell’azione della sua grazia, è un’umile fiducia in quello che lui può compiere in noi. È bello servire un padrone così. Amen

Madre Maria Emmanuel Corradini, OSB
Badessa Monastero Benedettino San Raimondo – Piacenza