Di seguito proponiamo il passo del Vangelo di domani, domenica 15 settembre e il relativo commento.
VANGELO: Lc 15,1-10 (forma breve)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
IL COMMENTO AL VANGELO
Oggi la parola ci viene incontro con l’urgenza della misericordia. Tre parabole che convergono tutte sul tema della misericordia: il buon pastore, la donna che cerca la moneta e il padre misericordioso. Si può fare solo qualche sottolineatura per smuovere il nostro cuore.
Nella prima lettura, dal libro dell’Esodo, il Signore dice a Mosè: “Va’, scendi, perché il tuo popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato.” La storia di allora, di oggi e anche del Vangelo è di una pecora che si allontana e va via. Ma l’atteggiamento di Dio è esattamente quello dell’Esodo: “Va’, scendi”. La misericordia è prima di tutto un andare, alla ricerca. Il buon pastore non dà ordini, il buon pastore va alla ricerca della pecora perduta; va alla ricerca dell’altro non perché ne è degno, ma va in cerca di ciascuno di noi perché il nostro nome è scritto nel suo cuore. Quando il nome di ciascuno di noi è scritto nel cuore di Cristo, non può più essere cancellato.
E questo è un invito anche per noi, a lasciarci muovere dalla misericordia che ci mette alla ricerca dell’altro nei suoi silenzi, nelle sue paure, nei suoi dubbi o anche nella sua gioia. La misericordia è un invito ad andare a cercare l’altro non perché lo merita, non perché ne ho voglia, ma perché è scritto nel mio cuore; ed è un cuore materno: ogni madre va a cercare il proprio figlio. Una madre sa aspettare anche tutta la vita perché il figlio ritorni; quando lei non ha più le forze di andarlo a cercare, lo raggiunge con la preghiera, con l’offerta di se stessa, con un ricordo costante. L’amore raggiunge il cuore di chi è lontano.
Il Signore dice a Mosè: “Va’, scendi”. È un comando. E lo possiamo ricevere anche noi: va’ a cercare l’altro accanto a te, va’ a cercare tua moglie, i tuoi figli. Allora l’andare a cercare non è un’imprudenza, ma un bisogno insopprimibile. Quello della misericordia che mi spinge. Allora non è un’imprudenza lasciare le 99 pecore nell’ovile, nel deserto addirittura. Per ogni pecora si fa festa in cielo; sembra una perdita per il mondo, un’imprudenza, ma in realtà Dio trova pace solo se la va a cercare. E anche questo dovrebbe muovere il nostro cuore. Finché l’altro non l’abbiamo conquistato. S. Paolo dice: “Finché non abbiamo trovato la strada per arrivare al fratello, io non ho pace.” Finché io non ho ricomposto la mia famiglia, finché io non ho ridato il perdono a una persona, non ho pace.
E poi la donna, che ha perso la moneta. Non ci è difficile pensare questa donna anche tra le nostre mamme che buttano all’aria tutto perché devono cercare qualcosa di prezioso. E allora possiamo dire che la misericordia si trasforma nelle mani di questa donna che è Gesù. Le sue mani vanno alla ricerca di ciò che era perduto: buttano all’aria. Ma questo buttare all’aria non è forse anche la movenza dello Spirito, quel fragore di tuono dello Spirito che scompiglia, ma per rimettere ordine? Non è forse stato questo quello che ha fatto lo Spirito con papa Francesco? Non ha forse buttato all’aria tanti schemi? Allora se con la prima parabola mi veniva da suggerire che la misericordia ti spinge ad andare a cercare, la donna ci chiede di diventare le mani della misericordia che frugano, mettono all’aria, non si danno per vinte. È quella perseveranza che tante volte manca: non si trova subito per cui si va via. Invece no, la misericordia ha bisogno di un cammino. Anche il pastore fa un cammino per andare a cercare la pecora.
E, alla fine, se prima era il volto e poi le mani, adesso possiamo dire che la misericordia è in uno sguardo, lo sguardo del Padre: ed è la terza parabola. Il Padre sta sulla porta e guarda. Che cosa? Non guarda tanto se vede arrivare il figlio da lontano, ma guarda il disegno di Dio su questo figlio, è uno sguardo che va oltre e che gli permette di stare su quella porta ad aspettare. È uno sguardo di chi ha già sentito nel cuore il cambiamento, la possibilità per l’altro di cambiare, di tornare. E quindi è pieno di speranza, di bontà, di attesa. Guardate che tante volte questo sguardo a noi manca, ed è lo sguardo della fede che ha fatto rialzare tanti e li ha fatti tornare indietro. Forse lì per lì non ce ne siamo nemmeno accorti, ma lo sguardo di Dio, attraverso lo sguardo di chi ci amava, è giunto fino a noi, tanto da farci cambiare strada, da farci tornare indietro.
È un’esperienza bellissima, un’esperienza del cuore. Così come quella del padre quando questo sguardo di fede diventa davvero uno sguardo di carità perché ha il figlio davanti. Una donna sa che cosa vuol dire mettere alla luce un figlio, partorirlo nella carne, ma credo che ogni donna e ogni uomo faccia l’esperienza davvero della misericordia, che muove le sue viscere, quando ha davanti colui che ha generato nella carne, ha generato nello spirito e ora lo ha nelle proprie mani. È l’esperienza di una nuova nascita per entrambi. L’esperienza della misericordia è sempre un’esperienza che diventa duplice, di comunione, di profondo rovesciamento e per uno e per l’altro. La misericordia non ti lascia uguale a prima, la misericordia ti cambia.
Credo che questi siano semplici accenni di un Vangelo che non dovremmo mai dimenticare, che dovremmo sempre portare in tasca e ogni tanto tirar fuori con il bisogno nel cuore di sentire: lo devo ancora leggere, ancora capire, ancora adorare. Perché chi adora il Signore, chi sa stare sulla parola è un uomo e una donna che camminano nella storia con il Vangelo come guida. E allora saremo davvero simili a quel pastore che non ha paura di andare, non ha paura di essere inopportuno, neanche di essere imprudente perché la misericordia è insopprimibile dentro al cuore. Amen
Madre Maria Emmanuel Corradini, OSB
Badessa Monastero Benedettino San Raimondo – Piacenza