CREMA – Storici dell’arte nella sala musicale Giardino

Per concomitanti impegni di sua eccellenza il vescovo, la rassegna dedicata agli storici dell’arte organizzata dalla Libreria Cremasca, cambia sede e nome diventando Storici dell’arte nella Sala musicale Giardino: gli incontri si terranno infatti nella sala invia Macallè,16 a Crema.

Sabato 25 maggio 2019 alle ore 16,30 si terrà il dodicesimo appuntamento della serie. Ospiti saranno Marina Dell’Omoe Filippo Maria Ferro autori della monografia Filippo Abbiati regista del barocco in Lombardia, Interlinea, Novara 2018.

La pittura lombarda della seconda metà del Seicento e dei primi anni del Settecento è stata a lungo trascurata dagli studi. Solo negli ultimi decenni si è cominciato a riscoprire e valorizzare gli artisti principali attivi a Milano e nelle maggiori città del ducato. Fra questi spicca la terna composta da Stefano Maria Legnani detto Legnanino (Milano, 1660/61 – Bologna 1713/15), Andrea Lanzani (Milano, 1641-1712) e Filippo Abbiati (Milano, 1643 circa – 1715). Per i primi due pittori erano già stati approntati dei cataloghi realizzati rispettivamente da Marina Dell’Omo (1998) e da Silvia Colombo e Marina Dell’omo (2007). Ora questa attesissima monografia illustra anche il terzo protagonista della pittura barocca lombarda.

La formazione dei tre studiosi autori del volume è alquanto diversa. Filippo Maria Ferro, allievo a Pavia dell’Almo Collegio Borromeo, ha cominciato fin dalla gioventù ad occuparsi di arte piemontese e lombarda, affiancando tali interessi con la professione di medico-psichiatra, svolta per buona parte presso l’Università di Chieti. I primi referenti nell’ambito storico artistico sono stati Marco Rosci e Giovanni Testori e, nell’orbita di Roberto Longhi, Mina Gregori e Carlo Volpe. Mentre gli studi hanno interessato principalmente il Cinquecento e il Seicento, con monografie di fondamentale importanza, tra cui quella sui Nuvolone e su Giuseppe Antonio Pianca.

Sergio Monferrini ha, invece, una formazione di storico, ruolo che esercita con accurate ricerche documentarie che, come spesso capita, si intrecciano anche con quelle storico artistiche. Da questi incroci è nata la collaborazione con gli storici dell’arte, in particolare quelli interessati alla vicende novaresi e lombarde per i quali costituisce ormai da tempo un riferimento fondamentale.

Intervistiamo in esclusiva per “Il Nuovo Torrazzo” Marina Dell’Omo a cui chiediamo qual è stato il suo percorso di studi e cosa l’ha spinta a occuparsi di storia dell’arte.

Mi sono laureata presso l’Università di Torino in storia dell’arte medioevale ma fin dal diploma di specializzazione i miei interessi si sono dirottati sul Sei-Settecento lombardo, partendo da Novara, allora parte del Ducato di Milano, con la conseguenza dell’attrazione delle arti figurative in quel contesto. Per lungo tempo ho collaborato con l’allora Soprintendenza per i Beni Storico Artistici Piemontesi nelle attività di schedatura e poi sono entrata nella stessa Soprintendenza come funzionario storico dell’arte per le province novaresi. Questo fatto ha ulteriormente alimentato i miei interessi verso tale area geografica, ma sempre con riferimento all’epoca barocca.

Il volume è frutto del lavoro di squadra di tre persone: com’è nata la vostra collaborazione e come avete operato?

Il lavoro su Filippo Abbiati nasce innanzitutto da studi avviati molti anni fa dal prof. Filippo Maria Ferro. Solo negli anni più recenti è nata la collaborazione con me, sulla base di nuove ricerche sul pittore con il ritrovamento di dati inediti. La partecipazione di Sergio Monferrini a questo lavoro nasce in seconda battuta, considerando alcune scoperte documentarie sull’attività novarese del pittore, acquisite attraverso percorsi personali e indipendenti rispetto alla monografia che Ferro e io avevano pensato di elaborare e comporre.

Filippo Abbiati, milanese di nascita, si forma grazie a soggiorni giovanili a Vienna e Venezia. Quali elementi stilistici e quali tecniche apprende in queste città?

Filippo Abbiati avvia la sua formazione a Vienna, in relazione alla sua chiamata in Moravia per collaborare alla formazione della galleria del vescovo Carlo II Liechtenstein Castelcorno, con copie delle opere conservate presso le gallerie viennesi. In tale contesto ha modo di approfondire la conoscenza della pittura veneta, del Cinquecento in particolare, e su questa conoscenza si innesta poi quella dei tenebrosi veneti conosciuti a Venezia dove egli si dirottò dopo il soggiorno moravo. Tale incontro sollecita le sue propensioni verso i linguaggi espressi dagli artisti protagonisti del secondo Seicento nella città lagunare nonché l’interesse per la pittura di storia di cui diventerà specialista al ritorno a Milano.

La produzione di cicli di teleri sarà l’attività preferita dal pittore che non a caso avete definito “regista”. In cosa consistono le “storie dipinte” e come si sviluppano in Lombardia?

Il capoluogo lombardo aveva una lunga tradizione di “storie dipinte”, fin dai tempi dei teleri di san Carlo, destinati al Duomo cittadino. Storie sacre ove protagonisti erano i santi, celebrati nelle loro vicende di vita anche miracolose, destinate a stupire i fedeli, incentivandone la devozione. Abbiati appare fin da subito specialista in tale genere, in particolare per gli ordini religiosi. Ma anche la sua prima partecipazione per il ciclo dei fasti borromei lo aveva confermato nella sua abilità in quell’ambito.

Quali sono i cicli principali realizzati da Abbiati?

Tra i cicli più importanti spiccano quelli carmelitani e quelli su tela e murali nella chiesa di Sant’Alessandro a Milano. In questo contesto ha un posto molto importante il ciclo novarese di san Lorenzo al Pozzo, commissionato dai canonici del Duomo con la mediazione del preposito Carlo Francesco Gibellini. Ègrazie alla corrispondenza con la famiglia Gibellini che si è potuto datare con maggiore precisione la serie novarese, il cui ispiratore intellettuale è il Padre Paolo Casati, con Giuseppe Maria Bagliotti a fornire i dati della vita del santo e Ferrante Nazari a sostenerne la formula celebrativa. Il tutto avviato dall’ordinato capitolare del 1684 con cui Casati aveva ottenuto la celebrazione della festa di san Lorenzo, uno dei padri fondatori della chiesa novarese. La singolarità del ciclo nasce poi dall’abbinamento alle storie dipinte di quartine di endecasillabi a commento dei fatti, composte dallo stesso Casati.

Quali sono gli aspetti peculiari del linguaggio pittorico di Abbiati?

Filippo Abbiati ebbe come pittore una sua profonda originalità, a iniziare dalla formazione veneta che lo distinse dagli altri due protagonisti della pittura lombarda tra Sei e Settecento, Andrea Lanzani e Stefano Maria Legnani, che si formarono rispettivamente a Roma e Bologna. Il percorso di entrambi questi due pittori portò significativamente al Settecento con aperture in particolare da parte del Legnanino verso il Rococò. Abbiati, nella sua fedeltà alla pittura tenebrosa ed enfatica, pur con ammorbidimenti cromatici, sollecitati dalla presenza di Sebastiano Ricci a Milano, apre invece all’Ottocento e alla pittura romantica, mentre è Alessandro Magnasco a raccogliere la sua eredità di stile soprattutto, accanto a Pietro Maggi che prosegue con coerenza il tema delle storie dipinte.