Dario entra al Rifugio con passo sicuro, con l’aria di chi è abituato a passare da un posto all’altro, senza farsi troppi problemi. E ci sbatte subito davanti al muso la sua specialità e la sua fragilità. Vuole subito mettere le cose in chiaro e informarci del fatto che lui beve.
Ha frequentato una decina di comunità, di operatori ne ha conosciuti a centinaia dice, niente funziona con lui. È convinto che bere faccia parte della sua cultura, del suo modo di essere, che faccia parte di lui, come di lui fanno parte le braccia e le gambe.
Anche stasera Dario è un po’ alterato dall’alcool, ma decidiamo comunque di accoglierlo, eccezionalmente. Ci darà filo da torcere e sappiamo che con lui dovremo valutare sera per sera il da farsi. Siamo sicuri che non sempre saremo in grado di farlo dormire al caldo, dobbiamo tutelare anche il benessere degli altri ospiti. Ma stasera decidiamo di venirgli incontro: incominciamo con un’apertura.
Dario ci provoca tutta sera, ogni tanto butta lì qualche frase a effetto per farci capire che niente e nessuno lo impressioneranno. Decidiamo di non cadere nel suo tranello, non rispondiamo (non sarà sempre facile o possibile), ma per ora Dario è dentro, fa parte della squadra e per ora ci basta così.
Nelle sere successive si ripetono le stesse scene, ma qualcos’altro si aggiunge: Dario ci racconta la sua storia. È una storia spaventosa, che già dalla più tenera età è fatta di privazioni, di violenza e di mancanza d’amore. Dario non ha mai conosciuto l’amore. Nè quello dei genitori, né quello per una donna, nemmeno quello degli amici. E non sempre è stata colpa sua.
È devastante scoprire che una persona possa vivere senza amore. Come si può vivere così? Eppure c’è qualcosa di eroico nel suo trascinarsi dietro la vita, con la quale sembra abbia la stessa dimestichezza che ha con la sua tracolla. La sua inseparabile tracolla… anche quella se la trascina dietro.
Dario è dissacrante, tratta (o sembra volerci dare l’impressione di trattare) la vita allo stesso modo della sua tracolla, che spazza il pavimento, urta contro gli spigoli e solo ogni tanto viene messa al collo.
Dario ci ha costretto a stare faccia a faccia con le nostre sconfitte, con le nostre battaglie perse, con il senso di impotenza e queste cose sono pugni in pancia. Dario ci ha fatto fare i conti con una realtà di dimenticati, con le ipocrisie del nostro mondo, che sembra non contemplare nei suoi piani chi non ce la fa, chi ne ha abbastanza. E questa cosa Dario la vuole urlare, con i suoi modi sbagliati, inconsapevolmente, la vuole urlare a suo modo. Dario è stato il vigile urbano delle nostre coscienze, delle nostre incrollabili certezze, del nostro rigore, delle nostre manie di società ordinata e produttiva, ci ha insegnato a leggere dei segnali stradali che mai avremmo immaginato di poter interpretare.