Messa solenne, la sera di giovedì 27 settembre a Moscazzano, con la presenza del vescovo monsignor Daniele Gianotti. Significativa la ricorrenza: il secondo centenario della consacrazione della parrocchiale, dedicata a San Pietro Apostolo. A 200 anni esatti da quel 27 settembre del 1818, giorno in cui l’allora vescovo Tommaso Ronna consacrò la chiesa, i moscazzanesi hanno ricordato l’evento insieme a un altro Vescovo che guida, in questo nostro tempo, la diocesi cremasca.
Monsignor Gianotti ha presieduto la celebrazione affiancato dal parroco don Osvaldo Erosi, da don Natale Grassi Scalvini (originario di Moscazzano) e da don Emilio Luppo, liturgista e parroco della vicina Montodine.
All’inizio della Messa – animata nel canto dal Coro Armonia diretto da Luca Tommaseo – don Erosi ha dato il benvenuto a tutti ripercorrendo brevemente la storia dell’edificio sacro e ponendo l’accento su un concetto che mai va dimenticato: “La Chiesa siamo noi, ‘pietre vive’ chiamate a testimoniare con la vita l’appartenenza a Cristo”.
Anche il vescovo Daniele, nella sua omelia, ha insistito su tale aspetto. Dopo aver accennato al significato del tempio fin dal periodo greco-romano, ha rilevato come per i cristiani “il vero tempio non è un edificio di pietra, ma è l’umanità stessa di Dio che è venuto tra di noi con suo figlio Gesù”. È questa, ha detto monsignor Gianotti, la grande novità che ha cambiato il corso della storia: “La dimora di Dio in mezzo agli uomini è Gesù Cristo. Lui, morto e risorto, continua a essere presente attraverso i suoi discepoli, amici e credenti uniti a Lui. Anche noi, come ‘pietre vive’, formiamo un ‘edificio spirituale’: la comunità dei credenti in Cristo è la presenza di Dio in mezzo agli uomini. La chiesa è dunque la casa della comunità cristiana: ciò che la rende un luogo santo siamo noi, i battezzati”.
Il vescovo Daniele ha quindi messo in guardia dal rischio di impegnarci troppo nel mantenere e restaurare le chiese – opera pur necessaria – dimenticando che “il vero tempio siamo noi”. Da qui l’invito “a ‘restaurare’ costantemente la nostra vita di fede, così da essere testimoni viventi di Cristo. Tutto ha senso se ci ricordiamo che siamo noi che dobbiamo ‘diventare una bella chiesa’. Come ‘pietre vive e splendenti’, stretti a Cristo che è la ‘pietra angolare’, siamo segni viventi di un Dio che vuole ancora dimorare in mezzo all’umanità”.
Al termine della Messa l’intervento del sindaco Gianluca Savoldi, che ha ricordato l’impegno e la passione – 200 anni fa – dei moscazzanesi nel volere e costruire la loro chiesa, “opera importante dal punto di vista religioso, ma anche sociale e d’identità per l’intera comunità”.
Infine, il poeta dialettale Pietro Bombelli ha letto la poesia La nostra bèla Cesa. Poi, il brindisi in oratorio per prolungare la gioiosa ricorrenza.