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Papa Francesco: “La famiglia è una sola”

Papa Francesco con i bambini delle famiglie presenti all'udienza

Ricevendo ieri, nella Sala Clementina, il Forum delle associazioni familiari, il Papa ha lasciato da parte il testo scritto per parlare “con il cuore” a 360°, per quasi mezz’ora: “Non stancatevi di sostenere la crescita della natalità in Italia, sensibilizzando le istituzioni e l’opinione pubblica sull’importanza di dar vita a politiche e strutture più aperte al dono dei figli”

“Da tempo non sentivo parlare sulla famiglia con tanta passione. Ci vuole coraggio per farlo oggi. Grazie”. Con queste parole Papa Francesco ha ringraziato Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, nell’udienza concessa per i 25 anni dell’associazione. Dopo aver sentito, infatti, il saluto del presidente, Francesco ha scelto di consegnare il discorso scritto e ha parlato a braccio per circa 25 minuti. Nel testo scritto, il Papa afferma che “il pieno riconoscimento e l’adeguato sostegno alla famiglia dovrebbero rappresentare il primo interesse da parte delle istituzioni civili, chiamate a favorire il costituirsi e il crescere di famiglie solide e serene, che si occupino dell’educazione dei figli e si prendano cura delle situazioni di debolezza”. “Non stancatevi di sostenere la crescita della natalità in Italia, sensibilizzando le istituzioni e l’opinione pubblica sull’importanza di dar vita a politiche e strutture più aperte al dono dei figli”, la consegna per le attività future del Forum.

La famiglia è una sola. Il matrimonio “non è una lotteria”, esordisce il Papa mettendo in guardia dalla “superficialità” sul “dono più grande che Dio ha dato all’umanità”.

“Oggi – fa dolore dirlo – si parla di famiglie diversificate, di diversi tipi di famiglie”, il grido d’allarme di Francesco: “Sì, è vero che la parola famiglia è una parola analoga – spiega citando espressioni come ‘famiglia delle stelle, degli alberi, degli animali’ – ma la famiglia immagine di Dio, uomo e donna, è una sola”.

“Può darsi che l’uomo e la donna non siano credenti, ma se si amano e si uniscono in matrimonio sono immagine e somiglianza di Dio, benché non credano”, puntualizza: “È un mistero: san Paolo lo chiama mistero grande, sacramento grande. Un vero mistero”.

L’aborto è un’atrocità

“Il secolo scorso tutto il mondo era scandalizzato per quello che facevano i nazisti per curare la purezza della razza. Oggi facciamo lo stesso, ma con guanti bianchi”. Parlando a braccio, il Papa definisce l’aborto “un’atrocità” e lo paragona alle atrocità dei nazisti. No all’“omicidio dei bambini”, come si fa con quelli destinati alle malformazioni, evidenti dai test fin dai primi mesi di gravidanza, o come facevano a Sparta gettandoli già dalla rupe. I figli, invece, sono “il dono più grande. I figli che si ricevano come vengono, come Dio li manda, come Dio permette”.

Pazienza anche nelle infedeltà

Nel matrimonio, “un’altra cosa che aiuta tanto è la pazienza”, assicura il Papa: “Ci sono nella vita situazioni di crisi forte, crisi brutte, dove arrivano anche tempi di infedeltà”. “Quando non si può risolvere il problema in quel momento”, per Francesco bisogna fare ricorso a “quella pazienza dell’amore che aspetta, che aspetta”. L’esempio citato è quello di “tante donne che nel silenzio hanno aspettato guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà: e questo è santità. La santità che perdona tutto perché ama”. Nel matrimonio, insomma, ci vuole “molta pazienza l’uno dell’altra”: quando uno è nervoso e grida, non si risponde con un altro grido. “Stare zitto, lasciar passare la tempesta e al momento opportuno parlarne”, il consiglio del Papa, che ha ricordato ancora una volta le “tre parole magiche, ma importanti nel matrimonio”: permesso, grazie e scusa.

Amoris Laetitia non è “casistica”

“Alcuni hanno ridotto l’Amoris Laetitia a una sterile casistica di ‘si può’ e ‘non si può’. Non hanno capito nulla”. Sono nette le parole sulla ricezione dell’esortazione apostolica. Il consiglio, per i presenti, è di leggere il quarto capitolo, che è il nocciolo del documento.

“Oggi c’è bisogno di un catecumenato per il matrimonio, come c’è un catecumenato per il battesimo”

Il lavoro, i figli e i nonni

“La famiglia è minacciata, per la mancanza di lavoro”, piaga di cui soffrono soprattutto i giovani, denuncia il Papa. “Perdete tempo con i bambini, con i vostri figli, giocate con i vostri figli, non li disturbate!”, l’invito. “Per favore, custodite i nonni, fate parlare i nonni, che i bambini parlino con i nonni”, l’altro appello: “Accarezzate i nonni, non allontanateli dalla famiglia perché sono fastidiosi, perché ripetono le stesse cose. Amate i nonni, e che loro parlino con i bambini”.

M. Michela Nicolais

 

RIPORTIAMO IL DISCORSO PRONUNCIATO A BRACCIO
DAL SANTO PADRE

Buongiorno a tutti,

io pensavo che sarebbe stato un discorso di benvenuto… Ma sentendo parlare Gianluigi ho visto che lì c’era fuoco, c’era mistica. È una cosa grande: da tempo non sentivo parlare della famiglia con tanta passione. E ci vuole coraggio per farlo oggi! Ci vuole coraggio. E per questo, grazie! Io ho preparato un discorso, ma dopo il calore con il quale ha parlato lui, questo lo trovo freddo. Lo consegno, perché lui dopo lo distribuisca, e poi lo pubblicherò.

Mentre lui parlava, mi venivano alla mente e al cuore tante cose, tante cose sulla famiglia, cose che non si dicono, non si dicono normalmente, o, se si dicono, si dicono in modo bene educato, come fosse una scuola sulla famiglia… Lui ha parlato col cuore, e tutti voi volete parlare così. Prenderò qualcosa che lui ha detto, e anch’io vorrei parlare col cuore, e dire a braccio quello che mi è venuto nel cuore quando lui parlava.

Lui ha usato un’espressione: “guardarsi negli occhi”. L’uomo e la donna, il marito e la sposa, si guardano negli occhi. Racconto un aneddoto. A me piace salutare nelle udienze le coppie che fanno il cinquantesimo, il venticinquesimo…; anche quando vengono a Messa a Santa Marta. Una volta, c’era una coppia che faceva il sessantesimo. Ma erano giovani, perché si erano sposati a diciotto anni, come a quei tempi. A quei tempi si sposavano giovani. Oggi, perché si sposi un figlio…, povere mamme! Ma la ricetta è chiara: non stirare più le camicie, e così si sposerà presto, o no? Mi trovo davanti questa coppia, e mi guardavano… Ho detto: “Sessant’anni! Ma ancora avete lo stesso amore?”. E loro, che mi guardavano, si sono guardati fra loro, poi sono tornati a guardarmi, e io ho visto che avevano gli occhi bagnati. E tutti e due mi hanno detto: “Siamo innamorati”. Non lo dimentico mai. “Dopo sessant’anni siamo innamorati”. Il calore della famiglia che cresce, l’amore che non è un amore di romanzo. È un vero amore. Essere innamorati tutta la vita, con tanti problemi che ci sono… Ma essere innamorati.

Poi, un’altra cosa che domando ai coniugi, che fanno cinquanta o sessant’anni: “Chi di voi ha avuto più pazienza?”. È matematico, la risposta è: “Tutt’e due”. E’ bello! Questo indica una vita insieme, una vita a due. Quella pazienza di sopportarsi a vicenda.

E poi, ai giovani sposi che mi dicono: “Noi siamo sposati da un mese, due mesi…”, la domanda che faccio è: “Avete litigato?” Di solito dicono: “Sì”. “Ah va bene, questo è importante. Ma è anche importante non finire la giornata senza fare la pace”. Per favore, insegnate questo: è normale che si litighi, perché siamo persone libere, e c’è qualche problema, e dobbiamo chiarirlo. Ma non finire la giornata senza fare la pace. Perché? Perché la “guerra fredda” del giorno dopo è molto pericolosa.

Con questi tre aneddoti ho voluto introdurre quello che vorrei dirvi.

La vita di famiglia: è un sacrificio, ma un bel sacrificio. L’amore è come fare la pasta: tutti i giorni. L’amore nel matrimonio è una sfida, per l’uomo e per la donna. Qual è la più grande sfida dell’uomo? Fare più donna sua moglie. Più donna. Che cresca come donna. E qual è la sfida della donna? Fare più uomo suo marito. E così vanno avanti tutti e due. Vanno avanti.

Un’altra cosa che nella vita matrimoniale aiuta tanto è la pazienza: saper aspettare. Aspettare. Ci sono nella vita situazioni di crisi – crisi forti, crisi brutte – dove forse arrivano anche tempi di infedeltà. Quando non si può risolvere il problema in quel momento, ci vuole quella pazienza dell’amore che aspetta, che aspetta. Tante donne – perché questo è più della donna che dell’uomo, ma anche l’uomo a volte lo fa – tante donne nel silenzio hanno aspettato guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà. E questa è santità. La santità che perdona tutto, perché ama. Pazienza. Molta pazienza, l’uno dell’altro. Se uno è nervoso e grida, non rispondere con un altro grido… Stare zitti, lasciar passare la tempesta, e poi, al momento opportuno, parlarne.

Ci sono tre parole che sono parole magiche, ma parole importanti nel matrimonio. Prima di tutto, “permesso”: non essere invadente con l’altro. “Posso?” Quel rispetto dell’uno per l’altro. Seconda parola: “Scusa”. Chiedere scusa è qualcosa che è tanto importante, è tanto importante! Tutti sbagliamo nella vita, tutti. “Scusami, ho fatto questo…”, “Scusa, mi sono dimenticato…” E questo aiuta ad andare avanti. Aiuta a portare avanti la famiglia, la capacità di chiedere scusa. È vero, chiedere scusa comporta sempre un po’ di vergogna, ma è una santa vergogna! “Scusami, mi sono dimenticato…” È una cosa che aiuta tanto ad andare avanti. E la terza parola: “Grazie”. Avere la grandezza di cuore di ringraziare sempre.

Poi tu hai parlato di Amoris laetitia, e hai detto: “Qui l’Amoris laetitia è fatta carne”. Mi piace sentire questo: leggete, leggete il quarto capitolo. Il quarto capitolo è il nocciolo proprio di Amoris laetitia. È proprio la spiritualità di ogni giorno della famiglia. Alcuni hanno ridotto Amoris laetitia a una sterile casistica del “si può, non si può”. Non hanno capito nulla! Poi, in Amoris laetitia non si nascondono i problemi, i problemi della preparazione al matrimonio. Voi aiutate i fidanzati a prepararsi: bisogna dire le cose chiare, non è vero? Chiare. Una volta una donna mi ha detto, a Buenos Aires: “Ma voi preti siete furbi…” – “Perché?” –  “Per diventare prete, studiate otto anni, vi preparate per otto anni. E poi, se dopo qualche anno la cosa non va, fate una bella lettera a Roma; e a Roma ti danno il permesso, e tu puoi sposarti. Invece a noi, che ci danno un Sacramento per tutta la vita, ci accontentate con tre o quattro conferenze di preparazione. Questo non è giusto”. E aveva ragione quella donna. Preparare al matrimonio: sì, ci vogliono delle conferenze, delle cose che spiegano, ma ci vogliono uomini e donne, amici, che parlino a loro e li aiutino a maturare, a maturare nel cammino. E possiamo dire che oggi c’è bisogno di un catecumenato per il matrimonio, come c’è un catecumenato per il Battesimo. Preparare, aiutare a prepararsi al matrimonio.

Poi, un altro problema che vediamo in Amoris laetitia è l’educazione dei figli. Non è facile educare i figli. Oggi i figli sono più svelti di noi! Nel mondo virtuale, loro ne sanno più di noi. Ma bisogna educarli alla comunità, educarli alla vita familiare. Educarli al sacrificio gli uni per gli altri. Non è facile educare i figli. Sono problemi grossi. E voi, che amate la famiglia, potete aiutare tanto in questo le altre famiglie. La famiglia è un’avventura, un’avventura bella! E oggi – con dolore lo dico – vediamo che tante volte si pensa a incominciare una famiglia e a fare un matrimonio come fosse una lotteria: “Andiamo. Se va, va. Se non va, cancelliamo la cosa e incomincio un’altra volta”. Questa superficialità sul dono più grande che ha dato Dio all’umanità: la famiglia. Perché, dopo il racconto della creazione dell’uomo, Dio fa vedere che creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. E Gesù stesso, quando parla del matrimonio, dice: “L’uomo lascerà il padre e la madre e con sua moglie diventeranno una sola carne”. Perché sono immagine e somiglianza di Dio. Voi siete icona di Dio: la famiglia è icona di Dio. L’uomo e la donna: è proprio l’immagine di Dio. Lui lo ha detto, non lo dico io. E questo è grande, è sacro.

Poi oggi – fa male dirlo – si parla di famiglie “diversificate”: diversi tipi di famiglia. Sì, è vero che la parola “famiglia” è una parola analogica, perché si parla della “famiglia” delle stelle, delle “famiglie” degli alberi, delle “famiglie” degli animali… è una parola analogica. Ma la famiglia umana come immagine di Dio, uomo e donna, è una sola. È una sola. Può darsi che un uomo e una donna non siano credenti: ma se si amano e si uniscono in matrimonio, sono immagine e somiglianza di Dio, benché non credano. È un mistero: San Paolo lo chiama “mistero grande”, “sacramento grande” (cfr Ef 5,32). Un vero mistero. A me piace tutto quello che tu hai detto e la passione con cui lo hai detto. E così si deve parlare della famiglia, con passione.

Una volta, penso un anno fa, ho chiamato un mio parente che si sposava. Quarantenne. Alla fine ho detto: “Dimmi un po’: in quale chiesa ti sposi?” – “Ancora non sappiamo bene perché stiamo cercando una chiesa che sia intonata al vestito che porterà… – e ha detto il nome della fidanzata – e poi abbiamo il problema dei ristorante…”. Ma pensa… L’importante era quello. Quando ciò che è secondario prende il posto di ciò che è importante. L’importante è amarsi, ricevere il Sacramento, andare avanti…; e poi fare tutte le feste che volete, tutte.

Una volta ho incontrato due sposi da dieci anni, senza figli. È molto delicato parlare di questo, perché tante volte i figli si vogliono ma non vengono, non è vero? Io non sapevo come gestire l’argomento. Poi ho saputo che loro non volevano figli. Ma queste persone a casa avevano tre cani, due gatti… E’ bello avere un cane, un gatto, è bello… Oppure quando a volte senti che ti dicono: “Sì, sì, ma noi i figli ancora no perché dobbiamo comprare una casa in campagna, poi fare viaggi…”. I figli sono il dono più grande. I figli che si accolgono come vengono, come Dio li manda, come Dio permette – anche se a volte sono malati. Ho sentito dire che è di moda – o almeno è abituale – nei primi mesi di gravidanza fare certi esami, per vedere se il bambino non sta bene, o viene con qualche problema… La prima proposta in quel caso è: “Lo mandiamo via?”. L’omicidio dei bambini. E per avere una vita tranquilla, si fa fuori un innocente.

Quando ero ragazzo, la maestra ci insegnava storia e ci diceva cosa facevano gli spartani quando nasceva un bambino con malformazioni: lo portavano sulla montagna e lo buttavano giù, per curare “la purezza della razza”. E noi rimanevamo sbalorditi: “Ma come, come si può fare questo, poveri bambini!”. Era un’atrocità. Oggi facciamo lo stesso. Voi vi siete domandati perché non si vedono tanti nani per la strada? Perché il protocollo di tanti medici – tanti, non tutti – è fare la domanda: “Viene male?”. Lo dico con dolore. Nel secolo scorso tutto il mondo era scandalizzato per quello che facevano i nazisti per curare la purezza della razza. Oggi facciamo lo stesso, ma con guanti bianchi.

Famiglia, amore, pazienza, gioia, e perdere tempo nella famiglia. Tu hai parlato di una cosa brutta: che non c’è possibilità di “perdere tempo”, perché per guadagnare oggi si devono avere due lavori, perché la famiglia non è considerata. Hai parlato anche dei giovani che non possono sposarsi perché non c’è lavoro. La famiglia è minacciata per la mancanza di lavoro.

E vorrei finire con un consiglio che una volta mi ha dato un professore – ce lo ha dato a scuola –, professore di filosofia, il decano. Io ero in seminario, alla tappa di filosofia. C’era il tema della maturità umana, nella filosofia studiamo quello. E lui ha detto: “Qual è un criterio di tutti i giorni per sapere se un uomo, se un sacerdote è maturo?”. Noi rispondevamo delle cose… E lui: “No, uno più semplice: una persona adulta, un sacerdote, è maturo se è capace di giocare con i bambini”. Questo è il test. E a voi dico: perdete tempo con i bambini, perdete tempo con i vostri figli, giocate con i vostri figli. Non dite loro: “Non disturbare!”. Ho sentito una volta un giovane padre di famiglia dire: “Padre, quando io vado al lavoro, loro dormono. Quando torno, dormono”. È la croce di questa schiavitù di un modo ingiusto di lavorare che la società oggi ci porta.

Ho detto che questa era l’ultima cosa. No, la penultima. L’ultima è quella che dico adesso, perché non voglio dimenticarla. Ho parlato dei bambini come tesoro di promessa. Ma c’è un altro tesoro nella famiglia: sono i nonni. Per favore, abbiate cura dei nonni! Fate parlare i nonni, che i bambini parlino con i nonni. Accarezzate i nonni, non allontanateli dalla famiglia perché sono fastidiosi, perché ripetono le stesse cose. Amate i nonni, e che loro parlino con i bambini.

Grazie a tutti voi. Grazie per la passione, grazie per l’amore che avete per la famiglia. Grazie di tutto! E avanti con coraggio. Grazie!