I RACCONTI DEL DOTT. CANIDIO: Dal letame nascono i fior

I RACCONTI DEL DOTT. CANIDIO

DAL LETAME NASCONO I FIOR

La gioia è il sentimento che proviamo quando incontriamo, più o meno improvvisamente, qualcosa che riconosciamo essere un bene per noi. È facile vederla sul volto dei bambini quando rivedono la madre dopo una assenza anche breve. E’ la gioia che illumina il volto della mamma mentre allatta il figlio.

Esiste un momento particolarissimo dove la gioia esplode in modo contagioso, travolgendo anche i vecchi medici dalla pelle dura che faticano a trattener le lacrime: è il momento della consegna di un neonato abbandonato alla madre adottiva.

La cerimonia si svolge nella saletta della Direzione Sanitaria. Serpeggia un fermento particolare, soltanto sapere che vicino avviene l’evento mette allegria nel personale. I genitori sono accompagnati dalla assistente sociale, nulla di loro noi sappiamo, né mai sapremo. Li incontro per una unica volta con il compito di dare le istruzioni di rito, sono seduti in punta di sedia frementi, mi guardano ma so che non mi ascoltano, mi sembra inopportuno prolungare l’attesa, ci penseremo dopo. Dico solo che il mio reparto ha voluto bene al piccolo, dando tutto l’affetto possibile nel periodo che è servito al Tribunale dei Minori per prendere le decisioni più opportune. Ora tocca a loro.

Poi si apre la porta ed entra la culla spinta da una fortunata e sorridente infermiera, dentro il bambino in una bella tutina nuova. Esplode la gioia, il volto dei genitori si trasforma e illumina tutti noi, il padre tenta di essere più compassato ma viene rapidamente travolto dal volto della madre. Sono paralizzati dallo stupore, non sanno che fare, siamo noi che li invitiamo a prendere in braccio il figlio. Il primo abbraccio della madre è un portare al cuore, farlo nascere dal cuore. Io esco in fretta per l’emozione e per rispetto, è un loro momento e io sono disturbo. Sulla porta saluto guardandoli intensamente per mettermi dentro i loro volti e la loro gioia, per ricordarmeli.

Di solito passa oltre un mese dalla nascita alla consegna, in questo tempo vestitini, tutine, calzette, scarpine, cappellini, bavaglie, braccia, coccole, ninna nanne e soprattutto sorrisi: è una gara tra le infermiere, alcune vengono fuori dal turno. Ci si scambia opinioni ed emozioni, tutti esprimiamo la voglia di portarcelo a casa e, quando se ne va, resta un vuoto, un po’ di tristezza.

L’anno scorso, purtroppo, il bambino si è ammalato e quando il decreto del tribunale è arrivato non poteva essere dimesso. Opportunamente i genitori si sono proposti di assisterlo in ospedale, ho potuto coccolarlo e averlo vicino con la sua famiglia.

Ogni giorno mi fermavo a lungo nella stanza per parlare e far passare le cose che ritengo fondamentali al fine del benessere genitori/figlio. Che bel tempo; una volta la madre mi ha improvvisamente abbracciato. Sono un po’ miei figli da lanciare in un pezzo di vita, assieme a quel piccolo che è un po’ mio nipotino.

Nella riunione di reparto del mattino si parla dei bambini ricoverati e del decorso delle loro malattie. Fortunatamente migliorava e, un giorno, i miei collaboratori hanno espresso il giudizio che poteva andare a casa in sicurezza. Io mi sono opposto adducendo la necessità di prudenza stante la capricciosità della malattia. Una scusa, sapevo che non li avrei più rivisti. Nella riunione successiva gli altri medici si sono giustamente e dolcemente imposti. In quanto primario ho preteso il privilegio di fare io la visita predimissione.

Non l’ho visitato, l’avevo già fatto. L’ho guardato a lungo negli occhi mettendo la sua nuca nella mia grande mano. A un mese i neonati vedono a fuoco alla distanza di circa trenta centimetri e lì mi sono messo gorgheggiando, sorridendo e facendogli con la mente raccomandazioni anche per quando sarebbe diventato adulto e auguri per la sua vita. Mentre che ero così perso, lui mi ha aperto un sorriso splendente, gli occhi sorridevano. Spero. Credo. Voglio che sia stato il suo primo sorriso. Fatto a me. La commozione monta ancora. Gli ebrei dicono che il primo sorriso aperto è la vera nascita. Ecco, è nato con me.

Ma da dove viene questo essere, questo “miracolo laico” (Arendt) che potenzialmente può cambiare qualcosa nel mondo?

Viene da storie di degrado, di soprusi, di violenza, di marginalità, di illegalità, di devianza. Situazioni che noi ben pensanti bolliamo subito, giudicando in modo netto, escludendo. In questo letame, in questo buio, in questo dolore qualcuno sceglie di far nascere, identifica e persegue nonostante tutto un valore più grande, pone una luce, offre a qualcun altro il suo amore che continua nel tempo perché questo figlio donato resta nella mente, immaginato e mai visto, e sarà l’ultimo pensiero prima della morte.

Non son capace io di tutto questo. Sicuramente le prostitute mi precederanno.