La Chiesa Ortodossa Russa dalla persecuzione alla rinascita è il tema della conferenza che il prof. Adriano Roccucci professore ordinario di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma, ha tenuto ieri sera alle 21 nella chiesa di San Bernardino, nell’ambito della mostra sulla persecuzione della Chiesa ortodossa russa negli anni del regime sovietico (aperta dal 27 ottobre al 4 novembre), organizzata dalla Commissione diocesana dell’ecumenismo.
Significativo il numero del partecipati tra cui il vescovo Daniele.
Esperto sulla Chiesa ortodossa russa, il prof. Roccucci ha parlato del suo martirio e della sua liturgia, affascinato da entrambe.
Un martirio tragico, ma una straordinaria testimonianza e una grande ricchezza per il cristianesimo europeo quello della Chiesa ortodossa russa. Iniziò con la rivoluzione bolscevica del 1917, quando era stato ripristinato il patriarcato (abolito da Pietro il grande che aveva fatto della Chiesa una dipendenza dello Stato zarista) e si era celebrato il grande Concilio locale.
Era una Chiesa profondamente legata al popolo, al punto da divernirne un tutt’uno, straordinariamente ricca, con quasi 80.000 chiese, 100.000 monaci e altrettante suore e sacerdoti. Le persecuzioni iniziarono a Kiev (là dove il Cristianesimo russo era nato nel 998) con la fucilazione del metropolita. Secondo fonti attendibili, almeno un milione di persone vennero uccise esclusivamente per motivi religiosi. Chiese distrutte e monasteri chiusi: si arrivò alla presenza di soli 4 vescovi in libertà e a temere la scomparsa della Chiesa stessa.
Una Chiesa di martiri dunque, quella che ha dato il maggior contributo di sangue nelle persecuzioni del XX secolo.
Il dramma della Chiesa russa ebbe una svolta durante la seconda guerra mondiale, quando la pressione nazista costrinse Stalin a incontrare i soli tre metropoliti lasciati in libertà e arrivare a un compromesso: alla Chiesa vennero concesse alcune libertà (ma sempre sotto controllo), e le si chiese un appoggio contro il nazismo.
In tutto periodo della persecuzione, la Chiesa russa si è concentrata sulla celebrazione della divina liturgia, l’unico suo spazio di movimento. “L’Ortodossa è una Chiesa che celebra la liturgia, ha detto il prof. Roccucci. Durante la persecuzione seguì quella che potremmo definire la strategia della liturgia e forse è stata proprio questa la base della sua rinascita.”
Dopo la caduta del Comunismo, negli anni ‘90 ci fu un fortissimo ritorno alla Chiesa e alla fede, come una sorta di ricupero di identità da parte del popolo russo. Ora anch’essa si trova davanti una società secolarizzata, come non è mai successo nella sua storia (lo stesso Stato ateo era una sorta di Stato confessionale) e deve comunicare con essa senza strumenti maturi.
Il prof. Roccucci ha concluso indicando il ruolo della Chiesa russa nel panorama del cristianesimo odierno. Si tratta di una Chiesa importante, aperta sul mondo, non nazionale ma internazionale.
Ha recentemente intessuto un rapporto con la Chiesa cattolica, grazie all’incontro del patriarca Kirill con papa Francesco a L’Avana che ha addirittura prodotto un documento comune.
Difficili invece i rapporti con le altre Chiese ortodosse dove si registra l’antica rivalità tra il patriarcato di Costantinopoli (chiesa oggi molto piccola) e la Chiesa russa. Peggiorati quelli con il mondo protestante per il fatto che si è fatta promotrice – ha concluso Roccucci – di una sorta di proposta conservatrice sulla modernità, nell’intento di contrastare l’allontanamento di Dio dalla società.
Oggi i cristiani devono guardare con attenzione partecipe alla trasformazione della Chiesa russa ortodossa: il secondo polmone con cui la Chiesa universale respira.