IL PAPA, BARTOLOMEO E GEROLAMO A LESBO

“Destaci dal sonno dell'indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze, e liberaci dall'insensibilità, frutto del benessere mondano”. Duemilacinquecento persone chiuse nel centro di Moria, rifugiati, richiedenti asilo. Molti i bambini, i ragazzi.
Papa Francesco entra nel campo con il Patriarca ecumenico Bartolomeo, con l'arcivescovo di Atene Ieronymos. I profughi non sono numeri, ma volti, persone, storia; uomini e donne con le loro sofferenze, con le ferite dovute a guerre, violenze, privazioni, umiliazione.
Un viaggio diverso dagli altri, dice il Papa ai giornalisti sull'aereo; viaggio segnato dalla tristezza. Andiamo a vedere tanta gente che soffre e non sa dove andare. È questo lo stato d'animo con il quale ha affrontato la visita Francesco.
Siamo tutti migranti, ricorda Francesco, che percorre lentamente gli spazi del centro, per stringere più mani possibile, per accarezzare volti segnati dalle rughe e dalla sofferenza, volti di bambini, di ragazzi.
Una donna piange in ginocchio e chiede al Papa di aiutarla. Un uomo con voce rotta dal pianto chiede una benedizione. Non sembra voler smettere di piangere, di chiedere. Poi è un bambino che gli consegna un disegno; ne arrivano altri. “Li porterò con me”, dice Francesco: “Lo terrò sulla mia scrivania”.
Stringe mani Francesco, gesti di tenerezza, di condivisione: “Siamo venuti per richiamare l'attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la soluzione”.
E ancora: “Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.
L'arcivescovo di Atene Ieronymos denuncia “le politiche che hanno portato queste persone a trovarsi in questa situazione senza uscita”. E parla di “bancarotta dell'umanità e della solidarietà che l'Europa ha dimostrato in questi ultimi anni a queste persone e non soltanto a loro”.
Così il patriarca ecumenico Bartolomeo dice: “Abbiamo viaggiato fin qui per guardare nei vostri occhi, sentire le vostre voci e tenere le vostre mani. Abbiamo viaggiato fin qui per dirvi che siamo solidali. Abbiamo viaggiato fin qui perché il mondo non vi ha dimenticato”.
E i suoi passi nel campo di Moria, sono passi lenti, sofferti; passi che parlano di vicinanza, solidarietà – una parola che fa paura al mondo moderno, aveva detto al Centro Astalli, che accoglie a Roma profughi e richiedenti asilo – che invitano a un impegno concreto verso questi fratelli. In tanti hanno attraversato il mare per raggiungere l'Europa, patria dei diritti.
Ma per molti l'Europa resta un sogno. Lo gridano a Papa Francesco. Gli chiedono di aiutarli a raggiungere i loro parenti, in Germania e in altre nazioni. Di qui l'appello contenuto nella Dichiarazione congiunta firmata dai tre leader religiosi: “Vogliamo contribuire perché venga concessa una accoglienza umana e dignitosa a queste parsone”.
Appello all'Europa perché quella dei migranti è una crisi mondiale, la più grave dalla fine del secondo conflitto che ha insanguinato il Vecchio Continente.
È facile, dice ancora Francesco, “lo sappiamo per esperienza è facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne la vulnerabilità”.
Ma non sono numeri, questi uomini e donne. La loro sofferenza ci interroga. A tal punto che Francesco, nel viaggio di ritorno a Roma, fa salire in aereo dodici profughi, tutti di religione islamica. Tre famiglie, sei minori.
Nel corso dell'incontro al porto di Mytilene con la cittadinanza e la comunità cattolica per fare memoria delle vittime delle migrazioni, dopo avere recitato, rivolti verso la folla e dando le spalle al mare, ognuno una preghiera per i naufraghi scomparsi – da gennaio ad oggi più di 400 tra cui molti bambini – Papa Francesco, l'arcivescovo Ieronymos e il patriarca Bartolomeo hanno osservato un minuto di silenzio. Quindi, lasciata la postazione ornata da un piccolo albero di ulivo, simbolo di pace, i tre leader religiosi hanno raggiunto una sorta di piccolo palco di legno affacciato sul mare dal quale hanno lanciato nelle acque tre corone di fiori bianchi e gialli consegnati loro da tre bambini, in continuità con il gesto effettuato da Papa Francesco in mare aperto, durante la sua visita a Lampedusa nel luglio 2013.
Ancora un istante di raccoglimento preceduto dal segno della croce, e gli sguardi dei tre uomini di Chiesa a seguire per un po' i fiori galleggianti sull'acqua. Francesco, Ieronymos e Bartolomeo si sono quindi avviati verso il minibus per tornare in aeroporto, “scortati” da due ali di folla, tra cui molti genitori con bambini piccoli in braccio, dalla quale si è levato diverse volte il grido in italiano: “Papa Francesco!”
LA DICHIARAZIONE CONGIUNTA E LA PREGHIERA
“Noi, Papa Francesco, Patriarca ecumenico Bartolomeo e Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos, ci siamo incontrati sull'isola greca di Lesbo per manifestare la nostra profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza”. Si apre così la Dichiarazione congiunta firmata oggi nel Mòria refugee camp che ospita circa 2.500 profughi richiedenti asilo, da, nell'ordine, Ieronymos II, Francesco e Bartolomeo I. L'opinione mondiale, si legge nel testo sottoscritto nella versione inglese e greca, “non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo”. Una tragedia che “si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse”. Di qui l' appello “alla comunità internazionale perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa”.
Un'implorazione solenne per “la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case”. A rivolgerla sono, insieme, Ieronymos II, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Papa Francesco, e Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, nella Dichiarazione congiunta firmata oggi nel Mòria refugee camp di Lesbo. I tre leader chiedono alle comunità religiose di aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi, ed esortano tutti i Paesi, “finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l'asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso”. L'Europa, si legge nel documento, “si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della seconda guerra mondiale”. Di qui l'appello, per affrontare questa sfida, “a tutti i discepoli di Cristo” ai quali i tre leader ricordano le opere di misericordia citate nel Vangelo di Matteo “sulle quali un giorno saremo giudicati”.
L'impegno ad intensificare gli sforzi per promuovere la piena unità dei cristiani. È l'ultimo punto della Dichiarazione congiunta firmata oggi nell'isola greca di Lesbo, al Mòria refugee camp, da Ieronymos II, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, da Papa Francesco e da Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli. “Da parte nostra, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo – si legge nel testo sottoscritto in greco e in inglese -, decidiamo con fermezza e in modo accorato di intensificare i nostri sforzi per promuovere la piena unità di tutti i cristiani”. “Riaffermiamo con convinzione”, proseguono i tre leader richiamando un passaggio della Charta Oecumenica (2001) che “riconciliazione [per i cristiani] significa promuovere la giustizia sociale all'interno di un popolo e tra tutti i popoli [.]. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un'accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa”. Difendendo i diritti umani fondamentali “dei rifugiati, di coloro che cercano asilo, dei migranti e di molte persone che vivono ai margini nelle nostre società, intendiamo compiere la missione di servizio delle Chiese nel mondo”. L'incontro odierno “si propone di contribuire a infondere coraggio e speranza a coloro che cercano rifugio e a tutti coloro che li accolgono e li assistono”. L'esortazione, infine, alla comunità internazionale a “fare della protezione delle vite umane una priorità e a sostenere, ad ogni livello, politiche inclusive che si estendano a tutte le comunità religiose. La terribile situazione di tutti coloro che sono colpiti dall'attuale crisi umanitaria, compresi tantissimi nostri fratelli e sorelle cristiani, richiede la nostra costante preghiera”.
Nel corso dell'incontro al porto di Mytilene con la cittadinanza e la comunità cattolica per fare memoria delle vittime delle migrazioni, Papa Francesco ha recitato, dopo l'arcivescovo Ieronymos e il patriarca Bartolomeo I, una preghiera di cui pubblichiamo di seguito il testo integrale:
“Dio di misericordia,
Ti preghiamo per tutti gli uomini, le donne e i bambini,
che sono morti dopo aver lasciato le loro terre
in cerca di una vita migliore.
Benché molte delle loro tombe non abbiano nome,
da Te ognuno è conosciuto, amato e prediletto.
Che mai siano da noi dimenticati, ma che possiamo onorare
il loro sacrificio con le opere più che con le parole.
Ti affidiamo tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio,
sopportando paura, incertezza e umiliazione,
al fine di raggiungere un luogo di sicurezza e di speranza.
Come Tu non hai abbandonato il tuo Figlio
quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe,
così ora sii vicino a questi tuoi figli e figlie
attraverso la nostra tenerezza e protezione.
Fa' che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo
dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa
e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace.
Dio di misericordia e Padre di tutti,
destaci dal sonno dell'indifferenza,
apri i nostri occhi alle loro sofferenze
e liberaci dall'insensibilità,
frutto del benessere mondano e del ripiegamento su sé stessi.
Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui,
a riconoscere che quanti raggiungono le nostre coste
sono nostri fratelli e sorelle.
Aiutaci a condividere con loro le benedizioni
che abbiamo ricevuto dalle tue mani
e riconoscere che insieme, come un'unica famiglia umana,
siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te,
che sei la nostra vera casa,
là dove ogni lacrima sarà tersa,
dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio”.