Questi mesi di confronto politico hano riportato alla ribalta anche la questione del salario minimo. “L’introduzione di un salario minimo pari a 12 euro lordi l’ora costerebbe complessivamente alle imprese 12 miliardi l’anno, con un aumento di circa il 20% del costo del lavoro, che farebbe scaturire l’aumento dei prezzi di beni e servizi al consumo. Un vortice negativo che andrebbe a vanificare l’obiettivo del salario minimo stesso, cioè quello di adeguare le retribuzioni all’aumento del costo della vita”. La riflessione è del segretario e direttore della Libera Associazione Artigiani, Renato Marangoni, che è anche consulente del lavoro.
Domande fondamentali
Nel dibattito sul salario minimo è d’obbligo porsi, però, una domanda: ma chi pagherà, quindi, l’aumento del costo del lavoro? “Con la normativa vigente non c’è dubbio che l’onere andrà a ricadere in pieno sugli imprenditori. Per tutelare le categorie sottopagate senza aumentare ulteriormente il costo del lavoro delle imprese diventa indispensabile la riduzione del cuneo fiscale, che libererebbe risorse da dedicare agli aumenti contrattuali”.
E per favorire l’occupazione? “Occorrerà agire su questi aspetti: contrattazione collettiva, riforma delle politiche attive, formazione permanente e riqualificazione delle competenze”.
“Dobbiamo sostenere la contrattazione collettiva – afferma ancora Marangoni – in particolare quella di secondo livello, più vicina alle caratteristiche e ai bisogni del territorio, perché, ribadisco, a pagare il costo di un salario minimo per legge saranno solo gli imprenditori”.
Riforma delle politiche attive
Indispensabile, dunque, una riforma delle politiche attive che valorizzi il ruolo dei Centri per l’Impiego e rafforzi la collaborazione tra il sistema pubblico e quello privato, “facilitando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro mediante la creazione del fascicolo elettronico del lavoratore, in cui contenere i dati relativi alla professionalità acquisita e alla formazione portata avanti, meglio se basata su apprendimenti specifici; individuando, magari, un sistema di certificazione nazionale delle competenze”. Fondamentale, inoltre, una gestione più flessibile dei rapporti di lavoro, che elimini la rigidità in entrata, aumentando di conseguenza la produttività e la competitività delle nostre imprese.
Servono regole al passo coi tempi
“È necessario, infine – sottolinea il direttore LAA – sburocratizzare tutte le attività relative all’avvio delle opere pubbliche e private, sostenendo l’innovazione tecnologica delle imprese attraverso il potenziamento di misure e incentivi fiscali come la cosiddetta Nuova Sabatini, il Fondo di garanzia PMI, Industria 4.0”. La normativa deve accompagnare l’evoluzione intervenendo sui paradigmi che regolano i modelli contrattuali. “Il lavoro sta mutando ed è necessario che le regole lo facciano con altrettanta rapidità”, conclude Marangoni, ricordando “che sempre più il metro di valutazione della prestazione lavorativa si sposta dal tempo al risultato”.