(da new.va) “Senza lavoro non c’è dignità”, ma “non tutti i lavori sono lavori degni”, prima di tutto c’è il bene della persona: è quanto ha affermato il Papa nel videomessaggio trasmesso in occasione dell’apertura Settimana Sociale dei cattolici italiani, iniziata mercoledì 26 ottobre a Cagliari. Il tema dell’appuntamento è stato «Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale».
“Ci sono lavori che umiliano la dignità delle persone – ha ricordato Francesco – quelli che nutrono le guerre con la costruzione di armi, che svendono il valore del corpo con il traffico della prostituzione, che sfruttano i minori. Offendono la dignità del lavoratore anche il lavoro in nero, quello gestito dal caporalato, i lavori che discriminano la donna e non includono chi porta una disabilità”.
Il Papa denuncia in modo forte anche il lavoro precario: “E’ una ferita aperta per molti lavoratori, che vivono nel timore di perdere la propria occupazione. Io ho sentito tante volte questa angoscia: l’angoscia di poter perdere la propria occupazione; l’angoscia di quella persona che ha un lavoro da settembre a giugno e non sa se lo avrà nel prossimo settembre. Precarietà totale. Questo è immorale. Questo uccide: uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Il lavoro in nero e il lavoro precario uccidono”.
C’è poi “la preoccupazione per i lavori pericolosi e malsani, che ogni anno causano in Italia centinaia di morti e di invalidi” , per lo sfruttamento dei lavoratori e il lavoro minorile. Il pensiero del Papa “va anche ai disoccupati che cercano lavoro e non lo trovano, agli scoraggiati che non hanno più la forza di cercarlo, e ai sottoccupati, che lavorano solo qualche ora al mese senza riuscire a superare la soglia di povertà. A loro dico: non perdete la fiducia. Lo dico anche a chi vive nelle aree del Sud d’Italia più in difficoltà. La Chiesa opera per un’economia al servizio della persona, che riduce le disuguaglianze e ha come fine il lavoro per tutti”.
“La crisi economica mondiale – ha sottolineato il Pontefice – è iniziata come crisi della finanza, poi si è trasformata in crisi economica e occupazionale. La crisi del lavoro è una crisi ambientale e sociale insieme (cfr Ene. Laudato si’, 13). Il sistema economico mira ai consumi, senza preoccuparsi della dignità del lavoro e della tutela dell’ambiente. Ma cosi è un po’ come andare su una bicicletta con la ruota sgonfia: è pericoloso! La dignità e le tutele sono mortificate quando il lavoratore è considerato una riga di costo del bilancio, quando il grido degli scartati resta ignorato”.
A questa logica – ha affermato il Papa – “non sfuggono le pubbliche amministrazioni, quando indicono appalti con il criterio del massimo ribasso senza tenere in conto la dignità del lavoro come pure la responsabilità ambientale e fiscale delle imprese. Credendo di ottenere risparmi ed efficienza, finiscono per tradire la loro stessa missione sociale al servizio della comunità”. Ma ci sono anche “segni di speranza” che come una foresta crescono senza fare rumore e insegnano due virtù: “Servire le persone che hanno bisogno” e “formare comunità in cui la comunione prevale sulla competizione. Competizione: qui c’è la malattia della meritocrazia … E’ bello vedere che l’innovazione sociale nasce anche dall’incontro e dalle relazioni e che non tutti i beni sono merci: ad esempio la fiducia, la stima, l’amicizia, l’amore”. “Nel mondo del lavoro – ribadisce il Papa – la comunione deve vincere sulla competizione!”. Questo l’appello del Papa: “Nulla si anteponga al bene della persona e alla cura della casa comune, spesso deturpata da un modello di sviluppo che ha prodotto un grave debito ecologico. L’innovazione tecnologica va guidata dalla coscienza e dai principi di sussidiarietà e di solidarietà. Il robot deve rimanere un mezzo e non diventare l’idolo di una economia nelle mani dei potenti; dovrà servire la persona e i suoi bisogni umani”.