Dal Vangelo secondo Marco 7, 31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Don Giorgio commenta il Vangelo
Prima di svolgere una riflessione che arricchisca l’anima nostra, leggiamo attentamente il testo del Vangelo nei suoi particolari.
1 – Gesù si mette in viaggio nuovamente verso la Galilea e attraversa la Decàpoli. Attraversa cioè terre pagane. Durante questa attraversata Gesù compie prodigi notevoli: guarisce una fanciulla, (Mc 7,24-30), un sordomuto (Mc 7,31-37) e dà il cibo a una grande moltitudine (Mc 8,1-10). Ricordando Gesù, che non ha tralasciato di fare il bene neanche ai pagani, Marco fa risaltare l’universalità della sua missione e il carattere messianico (cfr. Is 35,5-6).
2 – Il miracolo di Gesù è raccontato nei particolari: gli hanno chiesto una benedizione attraverso l’imposizione delle mani, significa quindi che anche in quel territorio pagano conoscevano Gesù e avevano stima di lui. In diverse altre parti del Vangelo pagani e romani esprimono la fede nel Signore.
Gesù porta in disparte il sordomuto: non vuol fare un miracolo che susciti scalpore, vuol tenerlo – diremmo noi – all’interno della “privacy”: lo dichiarerà apertamente anche alla fine: “Non dite nulla a nessuno!”
Per guarire il sordomuto, Gesù avrebbe potuto dire una semplice parola (come ha fatto altre volte: ha guarito anche “a distanza”). Qui invece compie alcuni gesti: introduce le dita nelle orecchie, poi tocca la sua lingua con la propria saliva. Sono i gesti che la Chiesa ripete nel sacramento del Battesimo. Gesù li ha fatto davvero o sono stati inseriti poi dagli Evangelisti quando iniziò la pratica del Battesimo? Non lo sappiamo, ma interessa fino a un certo punto.
Poi emette un sospiro: parola che può indicare il dono dello Spirito Santo, che nella liturgia ancora oggi viene espresso con un soffio della bocca. Infine dice “Effatà” in lingua aramaica: probabilmente gli apostoli che lo accompagnarono rimasero colpiti da questa cosa e la tramandarono.
Ascoltare Dio!
Tutto quanto detto dà un significato non solo “materiale” all’avvenimento, ma ben più profondo… quel significato che noi cogliamo nel sacramento del Battesimo.
Aprire gli orecchi per farli sentire e la bocca per farla parlare, indica dunque – grazie a questi segni che abbiamo colto – qualcosa d’altro.
È un dono dello Spirito e indica la capacità di ascoltare la Parola del Signore e poi di proclamarla coraggiosamente a tutti. Forse per salvaguardare questo significato e per non ridurre tutto solo a una guarigione materiale Gesù chiede di non fare propaganda… perché non si capisca – in terra pagana molto superstiziosa – qualcosa di diverso da quanto il Signore insegna.
Dunque a noi oggi il Signore dice: “Apri il tuo orecchio per ascoltare la Parola di Dio”. Ho visto una vignetta in cui un bimbo dice: “Dio mio, vorrei che quando ti parlo tu mi ascoltassi!” “Figurati, figlio mio – gli risponde il Signore – anch’io vorrei la stessa cosa!”
Ascoltare Dio! Siamo nella civiltà della distrazione, nella quale tutti i nostri momenti di silenzio sono occupati da qualche parola o da qualche suono e non siamo più in grado di ascoltare Dio dentro di noi. “Ti ho cercato dappertutto – dice sant’Agostino al Signore – e tu eri dentro di me, anima della mia anima!”
Ascolto della Parola anche nella lettura della Bibbia, del Vangelo. Il Papa (preghiamo per il suo viaggio in corso in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore) invita spesso a tenere un Vangelo in tasca e a leggerlo ogni tanto. Quanti cristiani si nutrono della lettura della Parola di Dio? Dovrebbe essere il pane quotidiano della nostra vita, per guidare i nostri passi.
Proclamare la nostra fede
Ma non solo ascoltare, anche parlare: cioè proclamare la nostra fede (quanto abbiamo ascoltato da Dio) coraggiosamente a tutti. E invece oggi sembra che i cristiani si siano nascosti, tacciono, tacciono troppo.
Proclamare la Parola della verità in qualsiasi situazione, nel gruppo degli amici, sui giornali, nella politica, ecc. Dove sono i cristiani?
Non ascoltano più e non parlano più.
“Si schiuderanno gli orecchi dei sordi, griderà di gioia la lingua del muto” dice Isaia, come segno che “il Signore viene a salvarvi”.
Questo dobbiamo gridare al mondo intero: che la salvezza viene solo dal Signore e che il Signore la porta in mezzo a noi.
Un’ultima riflessione viene dal brano della lettera di Giacomo. Non facciamo un cristianesimo che si appoggia sui “valori” che il mondo apprezza: ricchezza, vestiti lussuosi, ecc. Ma sui veri valori: “Dio ha scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano”.
Guardiamo tante nostre assemblee dove le persone più importanti sono magari quegli anziani che riempiono i banchi e vivono una fede profonda. Tutti gli altri non vengono, ma noi siamo convinti che questi sono i ricchi e li mettiamo al primo posto.