Poeti dialettali cremaschi/6 Rosetta Marinelli Ragazzi

Vi proponiamo oggi un’altra grandissima poetessa dialettale cremasca dei giorni passati, Rosetta Marinelli Ragazzi, una donna che ha usato la poesia per dare forma a ciò che scaturiva nel suo cuore a fronte del proprio vissuto quotidiano.

Rosetta Marinelli Ragazzi nacque a Cremosano nel 1881, figlia di un medico chirurgo, Giovanni Ragazzi, e di Elisabetta Gelera. Proprio a causa della professione del padre, che si spostava spesso. Nonostante il suo attaccamento per l’esistenza e la passione per i viaggi, che la portò a visitare luoghi diversi, allo scopo di imparare e dare sfogo al suo grande amore per le bellezze della natura e gli animali, la vita non le fece sconti, lasciandola per ben due volte vedova.

La consolazione più grande di Rosetta, oltre alla profonda fede religiosa, fu l’amore per la bellezza, che coltivò in maniera attenta e appassionata attraverso la conoscenza delle arti, presso il “Cassinotto” a San Michele, dove trascorse il resto della propria vita tra la lettura dei classici, lo studio dei più grandi poeti nazionali e internazionali e, naturalmente, la realizzazione dei propri lavori artistici.

Al “Cassinotto”, infatti, circondata dall’affetto dei propri cari e immersa nella natura rurale del quartiere, Rosetta Marinelli Ragazzi poté cimentarsi in svariate e disparate forme d’arte: la poesia dialettale (che fu sempre la sua Musa preferita), la pittura, lo studio della musica e del violino, la radiestesia, ecc.”. Per quanto riguarda la poesia, fu autrice di numerosi componimenti, raccolti poi in diversi libri, spesso da lei stessa pubblicati.

Colpisce, nella poesia di Marinelli Ragazzi, la lucidità con cui affronta i temi a lei più cari, come il passare delle stagioni, gli usi e i costumi della tradizione, a dire il vero sempre più mistificati (Cèrte fiole d’ancó…), un evento bizzarro (I pifer da cità – Mattinata a Toscanini), una bella storia dimenticata (Al Silos cremàsch).

Un altro ramo del racconto poetico in cui ha eccelso la nostra poetessa è sicuramente quello della “pastòcia”, ovvero la favola popolare, che Rosetta seppe narrare sapientemente con versi dialettali arguti e sagaci:

LA GATACORGNA

Me so la Gatacòrgna dal Mumbèl, sensa còrgne e sensa pèl.
Arda Caterinì che so che
sö ’l ültem bazèl
Mama, mama, sentì, sentì!
Dòrma, dòrma se ta oret durmì.

 Il capolavoro artistico della poetessa di San Michele rimane senza dubbio l’opera Fóie che cróda, edito già nel 1949.

È proprio con il sonetto che dà il titolo all’opera che vogliamo darvi pienezza e consapevolezza della profondità e dell’acume artistico della poetessa cremasca, che coglie nel lento decadimento dell’autunno e nell’imminente arrivo dell’inverno i segni del proprio invecchiamento. È così che i pensieri viaggiano tristi verso l’ultima stagione della vita, fino all’immagine, fortissima, della stanzetta vuota.

FÓIE CHE CRÓDA

Sùla sulèta ‘n fùnt al pratesèl,
setàda zó ‘n sö l’erba da la ria,
ma góde ‘l sùl antànt che l’è amò bèl;
ma prèsto… sunarà l’“Ave Maria”.

 Vardàndo ‘ntùrne a me, vède bèl bèl,
con strèt al cór da la malincunéa,
vède crudà le fóie… Oh! che sfacèl!…
Le marsirà po’ ‘n tèra ‘n cumpagnéa!…

 L’è la brina che fa chi mestér che,
e avanti ve l’invèrne che ‘l m’ancióda
e prèsto prèsto… crudaró anche me

che só zamò brinàda… Alùra vóda
la restarà la me stansèta… E issé…
(ma ‘ntant che pénse, …i me pensèr i cróda.)

Rosetta Marinelli Ragazzi, che nella sua vita terrena fu, tra l’altro, vincitrice di numerosi premi letterari, nonché insignita della Medaglia d’Oro del Premio Fulcheria del Comune di Crema nel 1955, morì nell’anno del Signore 1972.