Domenica 4 agosto. Don Giorgio Zucchelli commenta il Vangelo

don Giorgio Zucchelli

Dal Vangelo secondo Giovanni 6, 24-35

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Il commento al Vangelo: Gesù a Cafàrnao

Nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni che stiamo leggendo in queste domeniche, dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù passa a Cafàrnao camminando sulle acque del lago (che gli ebrei di quel tempo chiamavano mare).
Nella città di Cafàrnao lo raggiunge la folla. E siamo in un certo senso stupiti per la passione con cui tutta questa gente segue Gesù.
Egli smonta l’entusiasmo dicendo: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.” Vanno – insomma – in cerca del pane materiale che li possa saziare, ma non hanno capito nulla del miracolo di Gesù, di quanto Egli ha voluto dire con quel gesto.
Gli domandano che cosa debbano fare e Gesù chiede loro di credere in Lui. Quello che ci chiede anche san Paolo nel brano della lettera agli Efesini di questa domenica: lasciate il paganesimo e imparate a conoscere Cristo, abbandonando la condotta di prima.
Gli ebrei, duri di cervice, vogliono ancora un segno. E citano Mosè che ha fatto scendere la manna da cielo, mentre il popolo ebraico era in cammino nel deserto verso la terra promessa.
Ed è qui che il Vangelo si aggancia alla prima lettura, dove appunto viene narrato l’episodio delle quaglie e di quella sostanza granulosa sulla superficie del deserto che era il pane dato in cibo dal Signore al popolo. Straordinario dono che li ha accompagnati per 40 anni di cammino nel deserto.

Dall’Egitto alla Terra Promessa, dal peccato alla salvezza

E tu che fai?, chiedono a Gesù, nonostante abbiano già visto la moltiplicazione dei pani.
E il Maestro: “Non è Mosè che vi ha dato il pane del cielo. È il Padre mio che vi dà quello vero. Io sono il pane della vita!”
E da questo accostamento comprendiamo molte cose.
– Innanzitutto che siamo anche noi un popolo in cammino verso la Terra Promessa. Tutta la nostra vita è un cammino: che non facciamo da soli, ma insieme alla comunità umana e alla comunità di fede.
– Un cammino per passare dalla condizione di peccato (l’Egitto) a quella della definitiva salvezza (la terra promessa).
E il credente è colui che vede questo cammino non come un semplice vivere umano che si chiuderà con la morte, ma come un cammino spirituale che ha come sbocco una nuova vita.
– Chi guida questo cammino? Un nuovo Mosè che è Gesù stesso, il Maestro, la Guida, colui al quale è fisso il nostro sguardo. Se veramente gli diamo ascolto saremo istruiti “ad abbandonare l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarci nello spirito e a rivestire l’uomo nuovo.”
– Chi ci nutre in questo lungo cammino? La nuova manna, ancora Gesù stesso che ci dice: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete”. Lui è il vero pane.

L’Eucarestia, il cibo più sublime

Noi rischiamo di accontentarci (come gli ebrei del tempo di Gesù) del pane materiale che vogliamo in abbondanza. Pane che possiamo intendere sia come cibo che come beni materiali: molta gente spende tutta la vita e tutte le sue forze per ottenere una maggior quantità possibile di beni materiali, come se in questi si trovasse il significato della propria vita.
Chi crede si nutre invece del pane vero disceso da cielo che è Gesù. Disceso da cielo come la manna nel deserto, mandata da Dio.
– E come ci nutriamo di questo cibo straordinario che è Gesù stesso?
Innanzitutto leggendo la Parola di Dio, in specie i Vangeli. La Parola è cibo spirituale della vita del cristiano. Allora, il libro dei Vangeli è nelle nostre mani ogni giorno, come gli ebrei che raccoglievano ogni giorno la manna per nutrirsi?
Ma il cibo più sublime è l’Eucarestia. Il pane e il vino che Gesù ci ha consegnato nell’ultima Cena e che è Lui stesso: Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue. Cibo che ci viene riproposto ogni volta che celebriamo la santa Messa, vero banchetto della nostra salvezza.
È dunque l’Eucarestia il nostro nutrimento settimanale? O ne siamo digiuni da mesi e mesi… magari da anni? E come facciamo a camminare nella via della vita senza il vero cibo?

don Giorgio Zucchelli