GdF. Frode milionaria al Fisco: arresti e sequestri

Finanza sgomina una rete dedita al narcotraffico

A seguito di complesse indagini coordinate dai Sostituti Procuratori della Procura della Repubblica di Brescia, Benedetta Callea e Carlotta Bernardini, la Guardia di Finanza di Cremona in collaborazione con i Comandi Provinciali di Brescia, Bergamo, Padova, Verona, Bolzano, Treviso e il Reparto Operativo Aeronavale di Como, sta eseguendo un’ordinanza applicativa di misura cautelare e contestuale decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Brescia nei confronti di n. 24 società e 12 persone fisiche, destinatarie di misure cautelari personali (custodia cautelare in carcere e arresti domiciliari) e misure interdittive del divieto di esercitare attività imprenditoriale.

Associazione a delinquere capeggiata da un bresciano

Il Gip ha ritenuto l’esistenza di gravi indizi di un’associazione per delinquere costituita da un imprenditore edile di Rudiano (BS) operante attraverso un ufficio ‘occulto’ sito in Urago d’Oglio (BS). L’associazione avrebbe gestito una fitta rete di società intestate a ‘prestanome’ compiacenti, aventi sedi presso indirizzi inesistenti e inserite in un complesso sistema di frode che vedeva imprese dedite all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, altre realmente operanti con alle dipendenze centinaia di operai edili i cui contributi previdenziali e le ritenute Irpef venivano versate in frode all’Erario attraverso la compensazione con i crediti Iva inesistenti artatamente creati con l’utilizzo delle fatture false, mentre altre società erano appositamente costituite per riciclare i proventi illeciti accumulati.

L’attività investigativa, scaturita da alcune verifiche fiscali eseguite a carico di società della provincia cremonese e sviluppata attraverso mirati approfondimenti, consentiva di individuare l’organizzazione criminale operante tra le province di Cremona, Brescia, Bergamo e Verona; un sodalizio che dal 2018 in avanti si era strutturato per la perpetrazione dei gravissimi illeciti economico-finanziari. Ciascun appartenente al gruppo criminale avrebbe avuto compiti specifici e distinti dagli altri sodali, ma tutti agli ordini dell’imprenditore di Rudiano quale capo dell’associazione a delinquere e reale titolare di tutte le imprese.

Indagine arrivata anche nel Cremasco

Una donna di Campagnola Cremasca (CR) avrebbe lavorato presso un ufficio occulto in Antegnate (BG), addetta alla gestione dei conti correnti intestati alle 21 imprese coinvolte mediante utilizzo delle credenziali informatiche dei numerosi ‘prestanome’, eseguendo poi, sulla base degli ordini ricevuti, le operazioni di riciclaggio consistenti nel trasferimento alla società immobiliare cremonese del gruppo di 1,6 milioni di euro, di 200.000 euro ad altra società del gruppo creata appositamente per l’acquisto e il noleggio di autoveicoli di lusso, di 70.000 euro per la costituzione e l’avvio di un’attività commerciale nel centro di Verona, nonché di 204.000 euro per l’acquisto da un negozio della provincia di Brescia di orologi Rolex in favore del capo dell’organizzazione. Anche un’imbarcazione di pregio, un motoscafo RIVA di 15 metri del valore di circa 100.000 euro, sarebbe stato fittiziamente intestato a una delle società edili coinvolte nella frode fiscale ma utilizzato in via esclusiva dal capo dell’organizzazione criminale.

I proventi illeciti, così riciclati e reimpiegati, avrebbero avuto origine dal versamento dei contributi INPS e INAIL e delle ritenute Irpef degli operai edili attraverso modelli F24 con l’indebita compensazione, per 5,5 milioni di euro, dei crediti IVA fittizi artatamente creati con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti ‘infragruppo’ per 30 milioni di euro.

Sarebbero state, inoltre, intestate fittiziamente le quote di due società ‘cassaforte’ a una holding alla stessa riconducibile; la figlia si sarebbe occupata direttamente dell’emissione delle fatture per operazioni inesistenti, mentre gli altri due componenti dell’associazione si sarebbero occupati del coordinamento dei ‘prestanome’ oltre ad assumere direttamente l’amministrazione di diverse imprese.

Crediti fittizzi e mancati versamenti al Fisco per milioni di euro

Nel corso dell’indagine emergeva anche un imprenditore di Adro (Bs), quale amministratore di fatto di due società edili intestate a “prestanome”, che si avvalevano delle fatture per operazioni inesistenti emesse dall’organizzazione criminale per 26 milioni di euro, al fine di evadere l’IVA per 3,5 milioni di euro e creare crediti fittizi idonei ad effettuare indebite compensazioni nel versamento dei contributi degli operai per 1,5 milioni di euro. In questo caso i proventi illeciti accumulati sarebbero stati riciclati attraverso il trasferimento di 3 milioni di euro a una società austriaca e a un’altra della provincia di Padova gestite da due italiani originari delle provincie di Padova e Treviso ma residenti in Austria.

Il provvedimento cautelare reale è stato emesso ai sensi dell’art. 12 bis D.Lgs 74/2000 sino alla concorrenza dell’importo di oltre 10 milioni di euro per i reati tributari di cui agli artt. 2, 5 e 10 quater del medesimo decreto; ai sensi dell’art. 648 quater c.p. sino alla concorrenza dell’importo di oltre 2 milioni di euro per i fatti di riciclaggio, auto-riciclaggio e reimpiego ex artt. 648 bis, 648 ter e 648 ter-1 codice penale; ai sensi degli artt. 512 bis e 240 bis codice penale relativamente agli immobili, alle autovetture e all’imbarcazione intestate a imprese le cui quote erano state intestate fittiziamente a soggetti compiacenti.

I finanzieri stanno procedendo – anche con l’ausilio di unità cinofile cash dog – a perquisizioni di uffici e abitazioni nelle province di Brescia, Bergamo, Cremona, Padova, Bolzano, Treviso, Verona ed alla contestuale apprensione di 23 beni immobili, 21 autoveicoli, 1 imbarcazione, 30 rapporti finanziari nonché del denaro contante e degli orologi di lusso nella disponibilità dei destinatari del provvedimento cautelare.

La GdF precisa che i provvedimenti cautelari in fase di esecuzione sono stati emessi sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase d’indagine preliminare; pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione d’innocenza.