Giornata del Ricordo delle foibe. Cerimonia cittadina

ll sindaco Bergamaschi davanti alla lapide commemorativa con alcune crocerossine

Celebrata questa mattina alle ore 10, in piazza Istria e Dalmazia, la cerimonia del Giorno del Ricordo delle foibe. Il sindaco Fabio Bergamaschi ha posto una corona d’alloro sotto la lapide che ricorda il martirio e alla sofferenza di tanti italiani.

Erano presenti alla cerimonia anche i componenti della giunta comunale, il senatore Renato Ancorotti e i consiglieri regionali Matteo Piloni e Riccardo Vitari. Nonché autorità civili e militari, rappresentanti di associazioni combattentistiche e d’arma, e un gruppo di studenti degli istituti superiori Munari e del Galilei.

Il dramma delle foibe

Cos’è stato il dramma delle foibe? Dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943, gli italiani che abitavano l’Istria, la Dalmazia, la Slovenia e la Croazia furono perseguitati dalle forze comuniste partigiane di Tito che stavano occupando quei territori. L’ondata di violenza esplose soprattutto in Istria e in Dalmazia. I titini si vendicarono contro i fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un’italianizzazione forzata. Ma non solo: tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, torturati e gettati nelle foibe (voragini rocciose dell’altopiano del Carso) oppure obbligati a lasciare la loro terra. A Fiume, l’orrore fu tale che la città si spopolò.

Il dramma delle terre italiane dell’Est si concluse con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio1947. Bilancio finale: ventimila italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe; gli esuli costretti a lasciare le loro case almeno 250mila.

Questa tragedia è stata per troppi anni vittima di una congiura del silenzio. La dominante cultura di sinistra si guardava bene dal sollevare il lembo d’ignoranza che copriva il dramma delle foibe. Lo si alzò solo dopo la caduta del muro di Berlino (1989), quando il 3 novembre 1991 il presidente della Repubblica Cossiga si recò in pellegrinaggio alla foiba di Basovizza e, in ginocchio, chiese perdono per un silenzio durato cinquant’anni. Nel 2004 il Parlamento approvò l’istituzione del Giorno del Ricordo il 10 febbraio.

Tutte le amministrazioni, e anche la nostra, celebrano dunque questa giornata con una sentita e significativa cerimonia.

Il discorso del sindaco 

Parlando ai presenti il sindaco Bergamaschi ha pronunciato il seguente discorso:

“Spettabili autorità civili, militari e religiose, care concittadine e cari concittadini,
celebriamo oggi il Giorno del Ricordo, portando attenzione e coscienza su uno dei periodi più oscuri e tristi della storia nazionale, le tragedie delle Foibe e l’esodo dalle regioni di confine. Avvenimenti che, sebbene distinti, devono essere compresi nel contesto più ampio di morte e distruzione che ha segnato l’Europa nella prima metà del Novecento.

La memoria di chi ha subito le violenze al confine orientale o l’esodo è segnata dal trauma profondo dell’abbandono della propria terra, con il suo corollario di dolore: la perdita di amici, parenti e persone care e lo shock per la fine traumatica delle proprie certezze. Del proprio lavoro, del proprio mondo, della propria vita.

La figura di Norma Cossetto

E oggi mi piace avviare il Ricordo a partire dalla figura di Norma Cossetto, Medaglia d’oro al merito civile, giovane donna italiana originaria di Visinada, stuprata ed infoibata dai partigiani titini, alla quale solo pochi mesi fa abbiamo dedicato un’area verde della nostra città, senza esitazioni ed anzi in piena convinzione a fronte del suggerimento pervenuto da parte di alcuni esponenti delle minoranze consiliari. Un piccolo gesto volto al consolidamento di una memoria condivisa che ancora fatica ad affermarsi pienamente nella coscienza collettiva del Paese, dopo decenni di silenzi, imbarazzi, reticenze ideologiche.
Il suo caso è simbolo di tante altre storie tragiche, rappresentative del dolore e della sofferenza che hanno accompagnato  centinaia di migliaia di italiani di Fiume, dell’Istria e della Dalmazia in quegli anni cupi, subendo il triste destino dell’esodo, della costrizione all’abbandono della propria terra per il solo fatto di essere italiani, quando non della stessa pulizia etnica messa in atto nel perseguimento di un obiettivo di slavizzazione delle terre mascherato da risposta antifascista.

La storia di Norma Cossetto ci spinge a riflettere profondamente sulla cieca violenza intrinseca a ogni guerra o azione violenta e, in particolare, sui danni devastanti che imprimono soprattutto sulle persone più fragili, indifese ed innocenti come le donne ed i bambini, dei quali si calpesta ogni dignità.
Oggi quella storia, riletta in prospettiva e con la sincerità propria del distacco ideologico, può spingerci ad una riflessione edificante sulla questione delle identità ed il rapporto che queste possono generare nella loro reciproca interazione, derivandone come la mancanza di spazio per la diversità possa portare a degenerazioni ignobili, in un confronto tra culture che si trasforma in scontro frontale.
Quella storia insegna oggi, soprattutto alle giovani generazioni, che la tolleranza, il confronto, il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze rappresentano un elemento di crescita in società libere, democratiche e in pace.
I tempi per una memoria condivisa, sincera, priva di rancore ed anzi ricca di umana pietà per ogni vittima innocente del furore ideologico e nazionalista di quel periodo nefasto sono maturi anche in un Paese in cui la faziosità delle appartenenze pare sempre prevalente.
Ultimare questo sforzo rappresenta il tributo dovuto alle vittime delle Foibe e delle persecuzioni patìte dagli italiani d’Istria, Venezia Giulia e Dalmazia, ma anche l’investimento necessario in un futuro di pace e prosperità.

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