Oggi l’ultimo saluto a don Erminio Nichetti

Funerali di don Erminio Nichetti
Il vescovo benedice la salma di don Erminio al termine della celebrazione

Celebrate questa mattina alle ore 10 nella chiesa parrocchiale di San Giacomo, le esequie di don Erminio Nichetti. Era deceduto venerdì alle ore 19.30 all’ospedale di Lodi. Era infatti ospite da quattro mesi della Fondazione madre Cabrini di Sant’Angelo, assieme ad altri sacerdoti, tra cui don Giovanni Terzi. Era presente anch’egli alle esequie, assieme all’altro sacerdote anziano oggi ricoverato alla Casa Camillo Lucchi di Crema, don Ennio Raimondi.

Assieme a loro tanti sacerdoti diocesani e non, missionari (tra cui padre Gigi Maccalli) alcuni diaconi e veramente tantissimi fedeli che gremivano la chiesa. Ha presieduto la celebrazione il vescovo Daniele. Insomma, una bella testimonianza di affetto che don Erminio si è guadagnato in vita e meritato in morte.

L’OMELIA

Dopo la proclamazione della Parola di Dio il vescovo Daniele nell’omelia ha voluto obbedire alla volontà del sacerdote defunto, non pronunciando nessun panegirico, ma citando prima un brano di fr. Carlo Carretto, scelto e scritto nel testamento spirituale dallo stesso don Erminio. Poi ha aggiunto la lettura di un altro suo precedente testamento scritto quando si trovava missionario a Masagua in Guatemala e, dopo alcuni attentati, temeva per la propria via (il testo integrale dell’omelia, in fondo al servizio).

LA VITA DI DON ERMINIO

Don Erminio, nato novant’anni fa (6.6.1933) è stato ordinato sacerdote il 31 maggio del 1958 dal vescovo mons. Placido Mari a Cambiaghi.

Coadiutore nelle parrocchie prima di Casaletto Ceredano (fino al 1963) e poi in quella cittadina di San Giacomo, nel 1978 è partito come missionario Fidei donum per il Venezuela. Una vocazione che coltivava da tempo e che ha potuto realizzare quando le condizioni lo hanno permesso.

In Venezuela ha collaborato con gli altri sacerdoti cremaschi, don Pino Lodetti, don Rosolino Bianchetti e don Imerio Pizzamiglio, in anni in cui la missione in America Latina aveva conquistato il cuore di tanti presbiteri e la Chiesa di Crema viveva davvero un momento straordinario.

In Venezuela è rimasto fino al 1985, quando – assieme agli altri sacerdoti cremaschi – si è trasferito in Guatemala. Qui ha svolto un servizio pastorale appassionato nella parrocchia di Masagua (diocesi di Escuintla), fino a quando è tornato in diocesi nel 2008, al compimento dei 75 anni di età.

Negli anni successivi ha svolto il ministero di cappellano nella parrocchia di San Bernardino-Vergonzana. Fin quando le condizioni di salute lo hanno permesso.

I NUMEROSI SALUTI

Al termine della Messa, numerose le partecipazioni e le testimonianze. Il vescovo Daniele ha letto quelli del vescovo di Escluintla; di mons. Rosolino Bianchetti vescovo emerito del Quiché, anch’egli d’origini cremasche. Di seguito quelle del card. Oscar Cantoni; di mons. Carlo Ghidelli, ordinato sacerdote nello stesso anno di don Erminio;  di mons. Franco Manenti e di vari missionari.

Don Federico, da parte sua, ha ringraziato tutti coloro che hanno visitato la salma di don Erminio. “Erminio – ha detto – si sentiva un po’ solo e ironizzava dicendo che era sacerdote dell’ordine di Melchisedek, “senza padre, senza madre, senza genealogia” (cfr Ebrei 7). Era però cosciente di avere una grande famiglia, frutto delle sue relazioni. Aveva infatti il culto dell’amicizia. A nome di questa famiglia allargata, vorrei ringraziare tutti, il vescovo, la comunità di San Giacomo che ha sempre considerato sua, quelle di Vergonzana e San Bernardino.”

Don Alberto Guerini ha ricordato di aver avuto don Erminio come curato a San Giacomo da bambino e ha letto una testimonianza di Beppe Torresani.

Testimonianza d’affetto anche del Gruppo 1958 di cui Erminio è stato il collante e di una signora che ha parlato a nome della comunità di San Giacomo.

È seguita quella di don Giovanni Terzi, con lui ordinato sacerdote 65 anni fa, anniversario che hanno festeggiato insieme mercoledì 31 maggio scorso. “Da lui, ha detto, è venuta la spinta per andare anch’io in missione.”

Poi saluti del parroco don Michele, lontano in vacanza, per bocca del coadiutore don Cristofer: “Educatore di giovani e missionario appassionato, ricordo la sua passione di inviare messaggi via internet a tutto il mondo. Prete povero e generoso nel donare, è stato un grande dono per tutti noi.” Un ringraziamento a tutti coloro che lo hanno servito in questi ultimi tempi.

Il vescovo Daniele ha concluso ringraziando don Alberto Guerini e Attilio Marazzi, responsabili dei preti anziani, don Federico e la Casa di Accoglienza di Sant’Angelo Lodigiano il cui parroco e direttore erano presenti ai funerali. Un grazie anche all’ospedale di Lodi e a don Cristofer. 

Dopo i ringraziamenti  e i ricordi, la benedizione della  salma con le ultime preghiere. Don Erminio è stato sepolto nel cimitero di Crema.

Di lui rimarrà in tutto un indelebile ricordo!

 

IL TESTO INTEGRALE DEL VESCOVO DANIELE

Don Erminio ogni tanto mi rimproverava, o mi incalzava, su questo o quell’aspetto della vita della diocesi, soprattutto su un’impostazione sempre più segnata dalla missionarietà. Lo faceva con benevolenza e a questa benevolenza non vorrei rinunciare, adesso che la sua preghiera ci è più che mai necessaria.

Per questo intendo prendere sul serio l’indicazione che ha dato in un paio di fogli che riportano le sue ultime volontà. In particolare ha trascritto un testo, dando questa indicazione: “Da leggere al posto del commento che si fa nei funerali”. Obbedisco dunque a questa indicazione e leggo il testo che è di fr. Carlo Carretto, un nome ben noto a chi ha la mia età o anche qualche anno in più e a chi – come don Erminio – si è sentito attratto dalla fisionomia spirituale di da Charles de Foucauld, che Carlo Carretto fece conoscere in Italia negli anni ‘60 del secolo scorso.

Dice così: “Non vi è morte… no! Io non muoio, entro nella Vita!” Morire per vivere. Ho scoperto che fra tante cose belle e buone fatte da Dio, una non è meno bella, anzi è bellissima, ed è la morte. E perché? Perché mi dà la possibilità di ricominciare da capo, mi dà la possibilità di vedere ‘cose nuove’. Per nessun momento come quello capisco il detto della Scrittura: ‘Io faccio nuove tutte le cose’ (Ap 21,5). Non è che amo la morte perché liquida le mie ultime forze. Amo la morte perché fa ‘nuove tutte le cose’. Amo la morte perché mi ridà la vita. Amo la morte per credo alla risurrezione. 

Quella sì che mi interessa! Che servirebbe tutta la mia fatica a credere, tutto questo sperare oltre ogni speranza, se giunto a questo momento accettassi il nulla o peggio l’immobilità, o la sclerosi del tempo? No, non l’accetto e vi dico, meglio vi grido: “Credo alla vita eterna”.

Il testo di Carretto continua, ma don Erminio ha segnato: “Fin qui”. Io mi permetto però di andare oltre, non nella lettura di questo testo, ma nel dar voce allo stesso don Erminio che, a seguito di alcune minacce ricevute mentre era parroco a Masagua, scrisse per la sua comunità una sorta di breve testamento spirituale (seguito anche da alcune disposizioni materiali), che vorrei condividere con voi.

Don Erminio l’aveva scritto a mano, in spagnolo, a Masagua, in data 18 settembre 2002. “Ho segnali chiari che la morte si avvicina. Ho subìto da poco un attentato che desta molti sospetti e che fa temere altro.

Desidero partire da questa comunità riconciliato, chiedendo perdono per tutto ciò che non ho saputo fare o ho fatto male. A volte posso aver ferito alcune sensibilità. Sono straniero. Grazie per avermi accettato per tanti anni.

Non ho altra carta di credito per presentarmi davanti al Signore che questa: ho creduto nel suo Amore. So che mi accoglierà come il figliol prodigo. Nelle mie molte debolezze Egli è stato un Buon Pastore. Non ho paura di Dio, non tanto perché io lo amo, ma perché so che Egli ama  me.
A tutti, il luogo per continuare a incontrarci è l’Eucarestia, soprattutto alla domenica.”

Don Erminio esprimeva poi il desiderio che ciò che poteva avere di sua proprietà, in Guatemala o in Italia, fosse utilizzato per progetti in corso: “casse comunitarie, per intervenire nelle urgenze, l’acquisto di lotti, per rette per gli studenti del collegio di nostra Signora di Candelaria……”

Mi sembra che queste parole, scritte vent’anni fa per parrocchia di Masagua, dicano tutto quel che c’è da dire anche per noi.

Se posso aggiungere solo un’ultima cosa, è per dire che mi sembra di ritrovare don Erminio con molta esattezza nelle parole conclusive del “discorso missionario” di Gesù che abbiamo ascoltato nel vangelo. Sia nelle parole più esigenti che don Erminio ha cercato di prendere molto sul serio: “Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.” (Mt 10,37.39);

Sia in quelle (apparentemente) più facili:”Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.” Perché don Erminio ha dato a molti acqua fresca e dissetante, facendosi solidale – come mi è stato detto – “con tutti, poveri materiali o nello spirito”.

Per questo, caro don Erminio il Signore ti doni la ricompensa promessa e “ti accolga [ora] il coro degli Angeli e con Lazzaro povero in terra tu possa godere il riposo eterno nel cielo.”