Cronaca di un convegno. Parte prima

Rubrica città solidale
Logo dell'Associazione Donne contro la Violenza

Il 20 aprile scorso si è tenuto al centro culturale S. Agostino un convegno organizzato dall’Associazione Donne contro la Violenza e dalle Avvocate che collaborano con il centro: Il percorso della donna che subisce violenza. Scopo dell’incontro era analizzare insieme a tutti i soggetti coinvolti i vari passaggi che una donna può effettuare quando decide di uscire dalla violenza e mettere in evidenza le buone pratiche possibili.
Questo è il resoconto degli interventi utili a comprendere l’azione istituzionale.
Il primo intervento del vicequestore dottor Bruno Pagani riguardava specificatamente l’ammonimento che è provvedimento di natura amministrativa e ha lo scopo di prevenzione e per applicarlo è sufficiente l’acquisizione di elementi sufficientemente attendibili di atti persecutori o qualsiasi condotta che va a incidere sulla vita del perseguitato.
Il dottor Pagani si è dilungato sulle modalità di avvio del procedimento e sulle conseguenze suscitando interesse nel pubblico, che poi ha rivolto domande specifiche.
Il Capitano Giovanni Meriano ha informato dell’istituzione della Banca dati nazionale nella sezione Reati persecutori per implementare i dati sulla violenza di genere, domestica e poi interpolarli.
Sarà anche predisposto un prontuario sulle procedure operative di approccio alle vittime, mentre a Crema grazie a Soroptimist si è già approntata una stanza ad hoc per accogliere le donne in un ambiente più familiare.
La Marescialla Barbara Santapà, che è a contatto diretto con la donna che sporge denuncia-querela, racconta di come si devono mettere in campo strategie per rilevare i fattori di rischio ed evitare la vittimizzazione secondaria. Confessa che ci “rimane male” quando una donna ritira la querela perché spesso la decisione è presa in una fase in cui la stessa si trova nel cosiddetto periodo di “luna di miele” che è la terza fase del noto “ciclo della violenza”.
“Stiamo cercando di specializzare il personale perché questi sono reati che richiedono sensibilità ed empatia. Le donne quando denunciano non hanno di solito volontà punitiva, vogliono solo che lui smetta di fare violenza. Ma gli uomini violenti non cambiano”.
Chiude l’incontro la dottoressa Vitina Pinto. Il suo intervento ha focalizzato aspetti delle leggi più recenti sulla violenza di genere che riguardano più specificamente il Pm, leggi che di volta in volta cita.
Particolare attenzione viene posta nel ridurre il numero di interrogatori alla donna per evitare la vittimizzazione secondaria legata allo stress di quei momenti “la persona offesa non deve essere chiamata più volte per essere sentita” anche se il narrato di questi reati è “un percorso di svelamento”.
Ha ricordato le misure cautelari che vengono poste in essere a tutela della vittima, l’allontanamento urgente del maltrattante da casa, il divieto di avvicinamento, l’ingiunzione di pagamento mediante un assegno e il ricovero della vittima e dei figli in strutture protette.
“Perché devo andarmene io? Perché devo lasciare il mio lavoro? Perché i miei figli devono allontanarsi dalla scuola e dai loro amichetti?” Queste le domande più angoscianti delle donne che si vogliono mettere in protezione e quindi spesso di fronte al loro rifiuto si cercano altre misure cautelari. Suggerisce la cristallizzazione nell’immediatezza dei fatti e il coordinamento di tutti i soggetti coinvolti.
Un tema fondamentale riguarda la valutazione dell’attendibilità della dichiarazione della persona offesa, per questo è importante utilizzare l’incidente probatorio per l’assunzione di testimonianze perché serve a cristallizzare le dichiarazioni e la vittima non deve più rivivere quella esperienza.
La dottoressa chiude con una frase che sente spesso dire da queste donne vittime di violenza, a riprova dell’anomalia del reato: “Mi è costato tanto presentare questa denuncia, lui è un bravo uomo, non mi va di rovinarlo”!

Paola Strada
Associazione Donne contro la Violenza