Domenica delle Palme. Don Mario Botti commenta il Vangelo

Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo 21,1-11

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”».
I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».
Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

Don Mario commenta il Vangelo

Chiamaci, Signore Gesù! Vorremmo incrociare il tuo sguardo nelle infinite ricerche di felicità; vorremmo essere raggiunti dalla tua Parola, affascinati dai tuoi gesti, strattonati dalle tue scelte, mai scontate.
Dove abiti, Signore? Dove incontrarti, per essere raggiunti dal tuo sguardo d’amore? Chiamaci, Signore, mostraci la via, aprici le porte della tua casa, spalanca per noi il tuo amore. Amen.

Ho preferito iniziare la riflessione in questa domenica, festa delle Palme, con una preghiera – pregata insieme nel primo giorno di Esercizi spirituali proposti dal nostro vescovo Daniele – per ricordare a ciascuno di noi quanto è importante la settimana che stiamo iniziando. E le cose più importanti vanno preparate e vissute in atteggiamento orante. Di fronte a misteri di fede così grandi, come ci verranno presentati dalle Liturgie dei prossimi giorni, avvertiamo di essere chiamati a sostare in orazione contemplativa.
Oggi la liturgia prevede la benedizione dei rami di ulivo e l’ingresso festoso nelle nostre chiese. Siamo chiamati a fare festa in ricordo dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme.

La venuta del Messia

Ogni pio Israelita desiderava ardentemente salire a Gerusalemme, era anche un modo per esprimere l’attesa nella venuta del Messia. Ciascun Israelita si chiedeva, riguardo al Messia, quando sarebbe venuto. Anche il brano evangelico di oggi vuole essere una risposta a tale domanda, ma spostando l’attenzione dal “quando” al “come”.
Non si preoccupa di specificare in che tempo avverrà la sua venuta (Egli infatti è già presente!), ma come questa si manifesterà. Dalla preoccupazione del tempo, si passa al modo col quale il Signore viene. E Gesù sceglie un modo strano per fare il suo ingresso, manda due dei suoi discepoli a slegare un’asina e un puledro e quindi entra in Gerusalemme cavalcando l’asina. Viene in umiltà e mitezza.
Protagonista del brano biblico di oggi non è, come solitamente capita, Gesù, bensì un’asina col suo puledro. Il Messia non è come il re che detiene il potere e va a cavallo, non usa un carro trainato da cavalli, per la guerra. Viene nella gloria, ma non nella vanagloria. Viene su un’asina, umile animale da servizio. Viene in umiltà e mitezza, proprio per questo è il vero vincitore.
Con la sua umiltà e mitezza scompiglia i pensieri dei potenti, rovescia i potenti dai falsi troni e innalza gli umili. In Lui si arresta il sistema di violenza e prepotenza sul quale si basano i rapporti umani. Resta il Dio “tremendo nelle imprese” ma perché affascinante in quanto serve e libera ogni creatura umana.

Il giuramento

C’è un bel racconto di B. Ferrero dal titolo Il giuramento che mi pare aiuti a capire un messaggio che vuole comunicarci la festa di oggi. Si racconta che “un antico imperatore cinese fece, un giorno, un solenne giuramento: ‘Conquisterò e cancellerò dal mio regno tutti i miei nemici’. Un po’ di tempo dopo, i sudditi sorpresi videro l’imperatore che passeggiava per i giardini imperiali a braccetto con i suoi peggiori nemici, ridendo e scherzando. ‘Ma…’ gli disse sorpreso un cortigiano ‘non avevi giurato di cancellare dal tuo regno tutti i tuoi nemici?’. ‘Li ho cancellati, infatti’, rispose l’imperatore. ‘Li ho fatti diventare tutti miei amici!’”. Ecco Gesù umile e mite non è un perdente, lo è solo apparentemente, Lui veramente è il Dio glorioso, ma non usando la forza, bensì attirandoci a Sé. “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a Me”.

Amiamoci gli uni gli altri, la regola della vita

Con questo brano al quale seguirà l’ascolto della Passione di Gesù, noi siamo invitati a entrare nella Settimana Santa, a salire a Gerusalemme, ad abitare le nostre città, con gli stessi suoi sentimenti. A noi, suoi discepoli, Gesù chiede di slegare l’asina, liberando, cioè, in ciascuno di noi la scelta di amare.
Il motivo per il quale Gesù verrà condannato sarà per il suo “abbassamento” e per il comandamento di amarci gli uni gli altri che ci ha lasciato come regola di vita. Un Dio fatto così, che “nasconde” la sua gloria e non mostra prepotenza, ci inchioda (crocifissi come Lui) perché facciamo nostro il suo stile di vita.
Preferiremmo un Dio fatto a immagine dell’uomo che un uomo fatto a immagine di Dio. Ma la via della autentica gloria è solo questa. E la via che ci umanizza è solo la strada dell’amore fedele e oblativo. Fermiamoci e fissiamo lo sguardo su Colui che viene innalzato e facendo eco alle espressioni di un canto diciamo così: “Guardiamo a te che sei Maestro e Signore: chinato a terra stai, ci mostri che l’amore è cingersi il grembiule, sapersi inginocchiare, c’insegni che amare è servire. Fa’ che impariamo, Signore, da Te, che il più grande è chi più sa servire, chi s’abbassa e chi si sa piegare, perché grande è soltanto l’amore”.
E con animo stupito e riconoscente, lodiamo il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia.

don Mario Botti