“Un innamorato di Gesù”. Così papa Francesco ha definito Paolo di Tarso, nella prima delle due catechesi a lui dedicata, nell’ambito del ciclo di catechesi sullo zelo apostolico, che “appare dopo la sua conversione, e prende il posto del suo precedente zelo per il giudaismo”.
Al termine, l’ennesimo appello a perseverare “nella preghiera e nella vicinanza alla martoriata Ucraina”.
L’incontro con il Signore cambia Paolo
San Paolo “era un uomo zelante per la legge di Mosé, per il giudaismo, e dopo la conversione questo zelo continua ma per predicare Gesù Cristo”, ha fatto notare il Papa nella catechesi, infarcita di interventi a braccio: “Saulo – il primo nome di Paolo – era già zelante, ma Cristo converte il suo zelo: dalla legge al Vangelo”.
“Il suo slancio prima voleva distruggere la Chiesa, dopo invece la costruisce”, ha proseguito: “Ci possiamo domandare: che cosa è successo, passa dalla distruzione alla costruzione? Che cosa è cambiato in Paolo? In che senso il suo zelo, il suo slancio per la gloria di Dio è stato trasformato?”.
“San Tommaso d’Aquino insegna che la passione, dal punto di vista morale, non è né buona né cattiva”, ha spiegato Francesco: “Il suo uso virtuoso la rende moralmente buona, il peccato la rende cattiva. Nel caso di Paolo, ciò che lo ha cambiato non è una semplice idea o una convinzione: è stato l’incontro con il Signore risorto che ha trasformato tutto il suo essere. Quello che cambia la vita è l’incontro con il Signore”.
La nuova creatura
“L’unico che può cambiare i nostri cuori è lo Spirito Santo”, ha ribadito il Papa: “Il Signore lo si serve con la nostra umanità, con le nostre prerogative e le nostre caratteristiche, ma ciò che cambia tutto non è un’idea bensì la vita vera e propria, come dice lo stesso Paolo: ‘Se uno è in Cristo, è una nuova creatura’”.
“L’incontro con Gesù Cristo ti cambia da dentro, ti fa un’altra persona”, ha assicurato Francesco: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura: non è un maquillage, che ti cambia la faccia. Se tu sei cristiano di apparenza, questo non va: il vero cambiamento è del cuore, e questo è successo a Paolo”.
Il cristianesimo non è una questione di studi
“La passione per il Vangelo non è una questione di comprensione o di studi: tu puoi studiare tutta la teologia che vuoi e diventare ateo o mondano”, il monito.
Il cristianesimo, ha puntualizzato il Papa, “non è una questione di studi: nella storia ci sono stati tanti teologi atei. Studiare serve, ma non genera la grazia”. Poi la citazione di S. Ignazio di Loyola: “Non il molto sapere sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare le cose internamente”.
“Pensiamo ognuno di noi”, l’invito: “Io sono religioso, io prego, io cerco di osservare i comandamenti. Ma dov’è Gesù nella tua vita? Gesù dov’è? Hai incontrato Gesù? Parli con Gesù, leggi il Vangelo?”. No, allora, a “un cristianesimo non dico senza Gesù, ma con un Gesù astratto: se non è entrato Gesù nella tua vita, non sei cristiano. Gesù deve entrare nella tua vita. L’amore di Dio ci spinge, diceva San Paolo. E lo stesso è successo ai tutti i santi, che quando hanno trovato Gesù, vanno avanti”.
Il vero cattolico
“Se uno di noi dice: ‘Ti ringrazio, Signore, perché sono una persona buona’, questa è una strada di autosufficienza, che non ti giustifica. È un cattolico elegante, non un cattolico santo. Il vero cattolico è quello che riceve Gesù dentro, che ti cambia il cuore”.
E’ il commento del Papa al cambiamento che avviene in Paolo, da persecutore diventato apostolo di Cristo. “Come la Vergine Maria, dopo l’annuncio dall’Angelo, parte con zelo per andare ad aiutare Elisabetta, così Paolo ha portato alle genti quella grazia di Cristo che lui per primo aveva ricevuto sulla via di Damasco e che gli aveva cambiato la vita”, ha ricordato Francesco: “Perciò, la radice dello slancio evangelico è l’amore stesso di Dio, non un impegno individuale o una caratteristica personale, come dice lo stesso Paolo” .
In lui, per il Papa, “si verifica una specie di paradosso: infatti, finché si ritiene giusto davanti a Dio, allora si sente autorizzato a perseguitare, ad arrestare, anche ad uccidere, come nel caso di Stefano; ma quando, illuminato dal Signore Risorto, scopre di essere stato un bestemmiatore e un violento, allora incomincia a essere davvero capace di amare. E questa è la strada”.
Di qui l’invito finale di Francesco, ancora una volta a braccio: “Cosa significa Gesù per me? L’ho lasciato entrare cuore, mi sono lasciato cambiare da lui o è solo un’idea, una teologia? Solo Gesù giustifica: l’idea di Gesù non ti giustifica. Il Signore ci aiuti a incontrare Gesù, e questo incontro con Gesù ci cambi la vita e ci aiuti ad aiutare gli altri”.