Quinta domenica di Quaresima. Don Mario Botti commenta il Vangelo

Vangelo
Resurrezione di Lazzaro, Giotto, 1303-1305

Vangelo: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45 (forma breve)

In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Don Mario commenta il Vangelo

Il tema della riflessione sulla morte è “sotto sequestro”, è censurato nei nostri discorsi. Ci fa paura pensare la morte perché essa ci chiede di fare i conti con la nostra fragilità e il nostro limite. Preferiamo pensarci onnipotenti e immortali, questo parrebbe garantirci serenità e tranquillità, anche se onestamente sappiamo di essere creature limitate.
Il testo evangelico di oggi presenta la scena carica di dolore di due sorelle e di alcuni amici, tra questi anche Gesù, e di molte persone che stimavano Lazzaro. Ma Lazzaro è morto e tutti loro lo piangono. Ormai da tre giorni sta in un sepolcro. La storia non può che dirsi conclusa. Resta solo lo spazio ai rimpianti e alla nostalgia. O forse non è così? Anche Gesù piange. Un uomo che piange sembrerebbe un debole, un Dio che piange sembrerebbe smentire la sua onnipotenza. Al contrario l’uomo che piange si presenta nella sua autentica umanità, capace di compassione. Un Dio che piange esprime le sue viscere paterne/materne.

La speranza nella vita eterna

Gesù piange perché Lazzaro era suo amico. Gesù non viveva amicizie sporadiche e superficiali, anzi era un uomo capace di relazioni intime e sincere e durature. Questo è il suo modo di essere e di esprimersi, infatti possiamo aggiungere che questa è la modalità con la quale si pone di fronte a noi: “Non vi chiamo più servi, ma amici!”.
Egli non dimentica il proprio amico Lazzaro solo perché è finito in sventura, non lo abbandona nella oscurità della morte. Si fa presente e interviene. Il riferimento alla oscurità della morte può evocare in alcuni di noi il pensiero di lutti lontani o vicini nel tempo che ci hanno fatto lacrimare il cuore e che ancora scatenano sentimenti di smarrimento interiore e di paura. La scena evangelica di oggi è scritta per alimentare la speranza nella vita eterna.
Il brano di Vangelo di questa domenica è un invito a porci con libertà davanti al nostro limite ultimo, la morte. Guardare in faccia la morte e scrutarne il mistero è necessario per vivere. Altrimenti la nostra esistenza rimane una corsa in una fuga inutile da ciò che sappiamo essere il sicuro punto di arrivo.

Una morte che è per la vita e per tutta l’eternità

I filosofi scrivono che l’uomo è l’unico animale che sa di essere per la morte. I cristiani fanno propria questa affermazione, ma con una aggiunta. Un dettaglio che fa grande differenza. Aggiungono di sapere (il sapere della fede) che la morte resta un passaggio verso un oltre, verso un incontro. La meta della vita, attraverso la morte, è un abbraccio. Gesù è venuto a salvarci, non dalla possibilità di morire, questa resta, ci salva invece “nella” morte. Moriamo per entrare nella vita nuova, e questo orienta il nostro modo di vivere oggi.
Il limite umano della morte non è la negazione di noi stessi, ma luogo di relazione con Dio e con gli altri. Crediamo nella vita eterna e nella comunione dei santi. Quando sappiamo riconoscere serenamente il nostro limite (e questo è un dono da chiedere nella preghiera), questo ci apre in relazioni vere e buone. Noi sperimentiamo una vita che è per la morte, Gesù ci rivela una morte che è per la vita e per tutta l’eternità. Gesù che dà vita a Lazzaro, ormai nel sepolcro, proclama la vittoria sul nemico ultimo dell’uomo. Il nemico col quale fare i conti, la morte, è vinto grazie a un atto di amore creativo di Gesù. Ogni nemico può essere vinto con un atto di amore (nonostante noi siamo convinti di vincere il male compiendo un male peggiore, e chi è più forte nel male ci illudiamo ne esca vincitore).

Una nuova rinascita

È l’amore a vincere e a dare vita! Gesù amandoci con l’offerta della sua vita apre, spalanca l’orizzonte della immortalità! Si avvicinò al sepolcro, pregò Dio Padre e gridò: “Lazzaro, vieni fuori!”.
La Parola pronunciata da Dio in principio, che fece uscire dal nulla tutte le cose, ora Parola incarnata nel Figlio, si fa ascoltare anche dai morti, facendoli uscire dai sepolcri: è il segno del nuovo e definitivo “in principio”, è la nuova creazione, è l’esodo definitivo dalla morte alla vita. L’attività, il lavoro di Dio è sempre lo stesso, darci e ridarci vita! Cosa aspettiamo a vivere da umani e in modo umanizzante? Non perdiamo mai la speranza in una nuova rinascita, già ora come possibilità di uscire da ogni forma di chiusura in noi stessi e poi dalla oscurità della morte. Il Signore non può dimenticarsi di noi perché Egli è Padre ricco di bontà e misericordia, e noi i suoi figli prediletti. Per questo lodiamo il Signore perché è buono. Eterna è la sua misericordia.

don Mario Botti