Libreria Cremasca. Cristina Quattrini su Bernardino Luini

Sabato 5 novembre 2022 nelle scuderie di Palazzo Terni de’ Gregorj si è tenuto il ventottesimo appuntamento della rassegna ‘Storici dell’arte in libreria’, organizzata dalla Libreria Cremasca. Ospite è stata Cristina Quattrini (Pinacoteca di Brera) che ha presentato il volume Bernardino Luini. Catalogo generale delle opere (Allemandi, Torino 2019).

L’abbiamo intervistata in esclusiva per “Il Nuovo Torrazzo”.

Dott.ssa Quattrini, quando e come ha iniziato a studiare il pittore Bernardino Luini (Dumenza, 1481 circa – Milano?, 1532)?

Ho iniziato a occuparmi di Bernardino Luini alla fine degli anni novanta. Mentre ero a metà del dottorato con una tesi sulla miniatura lombarda del Rinascimento morì il mio maestro di allora, Alessandro Conti, e al suo posto divenne tutor Alessandro Ballarin che, concluso il dottorato, mi propose di studiare Bernardino Luini, che divenne così l’argomento di una ricerca d post-dottorato presso l’Università di Padova. Nel 2000 entrai alla Pinacoteca di Brera, allora unita alla Soprintendenza e per certi versi fu una situazione ideale per continuare a lavorare questo artista.

Com’è strutturato il volume dedicato al pittore?

È una monografia di stampo tradizionale: cinque capitoli dei quali uno sulla fortuna critica e gli altri sulle fasi del percorso dell’artista, le schede dei dipinti e dei disegni, delle opere perdute, di alcune dubbie e di possibili copie da originali perduti, il regesto dei documenti e la bibliografia.

Visto che la presentazione si è tenuta in una libreria, più che la fortuna critica le chiediamo della fortuna letteraria di Bernardino, soprattutto nella narrativa ottocentesca.

L’Ottocento fu il secolo della grande fortuna di Bernardino Luini, a vari livelli, tra cui la narrativa e i romanzi.

In Lombardia prende a spopolare il racconto pubblicato nel 1837 da Giovanni Antonio Mezzotti Bernardino Luini alla Pelucca, presso Monza. Fingendo di avere rinvenuto un manoscritto, Mezzotti dipinse un Luini dall’indole focosa e dalla vita avventurosa. Bernardino sarebbe andato a lavorare alla villa Pelucca fuggendo la peste che infuriava a Milano, poi vi avrebbe trovato rifugio presso i proprietari, i nobili «Pelucchi», scappando per non essere incolpato della morte del parroco di San Giorgio a Palazzo, caduto dai ponteggi della cappella del Santissimo Sacramento durante un diverbio. Quindi si sarebbe innamorato della giovane Laura Pelucchi, che sarebbe stata costretta a farsi monaca a Lugano dopo avere rifiutato per amore suo un aristocratico pretendente, e infine, nonostante il pittore fosse andato apposta a lavorare in quella città, sarebbe morta di dolore, venendo poi da lui effigiata in molteplici opere. Il romanzesco racconto non manca di entrare in vario modo nella letteratura sull’artista.

A Stendhal (Viaggio in Italia 1817) i personaggi degli affreschi di Saronno sembravano espressivi come «piccoli Werther» e le «Salomè» potevano servire a evocare la bellezza di Francesca Polo nella novella delle Passeggiate romane.

Il protagonista de L’americano di Henry James (1876), Christopher Newman, viene congedato dall’occasionale compagno di viaggio Babcock, che si propone di andare a Milano per riconsiderare la propria opinione su Luini che non gli sembrava poi così grande e manifesta invece il suo ingenuo entusiasmo per l’artista.

Proust in All’ombra delle fanciulle in fiore (1919) fa assomigliare Swann a un biondo re mago di Luini, riferendosi a uno degli affreschi provenienti da Greco Milanese acquistati nel 1867 da Napoleone III per il Louvre.

Il secondo capitolo del libro tratta la fase iniziale dell’attività di Bernardino Luini. Cosa possiamo dire, allo stato attuale degli studi, del suo soggiorno in Veneto, non documentato, ma suggerito dallo stile dei primi dipinti?

La questione del soggiorno giovanile in Veneto ruota intorno alla pala del Museo Jacquemart-André di Parigi, firmata BERNARDINVS MEDIOLANENSIS FACIEBAT MDVII e proveniente dalla collezione Manfrin di Venezia e al fatto che dai documenti risulta che negli anni 1502, 1504 e 1507 Luini non era a Milano, dove è di nuovo attestato nel 1508. Riferita a Luini per primo da Rumhor nel 1832, essa divenne oggetto di discussione fra gli studiosi dopo l’entrata nella collezione Jacquemart-André nel 1888. Wilhelm Suida (Leonardo und sein kreis, 1927) diede avvio alla costituzione di un piccolo numero di opere ad essa collegabili per via stilistica, accresciuto nel tempo da altri studiosi. Sono dipinti caratterizzati da una combinazione di cultura lombarda, con particolare riferimento a Zenale, e veneta di terraferma, soprattutto in direzione di Cima da Conegliano e del giovane Lotto, quindi in direzione di Treviso. Il pezzo più antico della serie, la Madonna con il Bambino dormiente del Museo Cristiano di Esztergom, mostra anche un’influenza di Bergognone.

L’ipotesi di questo soggiorno in Veneto è oggi generalmente accettata, ma non all’unanimità.

La mia idea è che Luini nel dirigersi a Treviso abbia forse fatto tappa a Brescia e abbia lavorato con Zenale alla perduta decorazione della cappella dell’Immacolata Concezione in San Francesco.

In mancanza di documenti la questione è comunque aperta, come pure quella della primissima formazione. Giovanni Paolo Lomazzo nel Trattato della pittura scoltura ed architettura (1584) indica Stefano Scotto come maestro di Gaudenzio Ferrari e di Bernardino Luini. Gli studi recenti hanno confermato questa affermazione per quanto riguarda Gaudenzio. Per quanto concerne Luini non ci sono evidenze stilistiche, ma la bottega di Stefano Scotto a fine Quattrocento era fra le più importanti a Milano e del resto Lomazzo, amico dei figli di Bernardino, è una fonte da tenere nella giusta considerazione.

Il terzo capitolo si occupa della sua attività nel Ducato di Milano, fra il 1508 e il 1518 circa. Quali sono i cantieri principali che lo vedono protagonista?

Tornato a Milano Luini ha un’ascesa molto rapida. Lo dimostra l’importanza di alcuni cantieri in cui lavora. Alcuni di essi — l’abbazia di Chiaravalle, dove nel 1512 affresca la Madonna con il Bambino e angeli nella scala di accesso al dormitorio, Santa Maria della Pace, dei Francescani Amadeiti dove decora una cappella dedicata a San Giuseppe (affreschi superstiti ora a Brera) il monastero di Santa Marta — sono legati ad ambienti filofrancesi e di riforma della chiesa contro la curia romana di Giulio II della Rovere, ma questo non significa che Bernardino vada identificato esclusivamente con questo tipo di committenza. Lavora infatti per una committenza ampia e varia. Ricordiamo la ricca confraternita del Santissimo Sacramento in San Giorgio al Palazzo, il vescovo e cardinale Scaramuccia Trivulzio per il quale esegue una pala per il Duomo di Como, la Certosa di Pavia, nobili che lo fanno lavorare nelle loro residenze, come Giovanni Giacomo Porro nella cui villa di Greco Milanese (affreschi ora al Louvre) e Girolamo Rabia, che gli fa affrescare sia la villa Pelucca presso Sesto San Giovanni (c. 1514/1515) sia la sua grandiosa residenza milanese (c. 1520).

Quest’ultimo letterato è uno degli intenditori di architettura menzionati da Cesariano nel suo commento al De architectura di Vitruvio. È molto verosimile che all’affermazione di Luini abbiano contribuito gli ambienti colti di cui Rabia era un esponente, insieme all’amicizia di Zenale molto influente nella scena artistica milanese del tempo. Tale amicizia è dimostrata da un documento del 1516 che riguarda dote monacale della figlia di Zenale e nel quale Luini compare come testimone, e soprattutto in questi anni è dimostrata da una grande vicinanza stilistica.

Altri punti di riferimento per il linguaggio di Luini nel secondo decennio del Cinquecento sono Bramantino, Andrea Solario e l’allora celeberrimo scultore e architetto Cristoforo Solari.

 

Probabilmente attorno al 1519, Bernardino si reca a Roma per studiare i monumenti antichi e le opere di Michelangelo e Raffaello. Segue un periodo in cui a Milano lavora per i committenti più importanti.

Il viaggio romano di Luini è testimoniato da Cesare Cesariano, che nel suo commento a Vitruvio lo annovera fra i pittori e gli scultori dell’Italia settentrionale che si erano recati nella Città eterna per studiare l’antico. Incrociando le testimonianze della presenza dell’arista nel ducato tale soggiorno si può collocare dopo il gennaio 1518 ed entro il 1520. Le conseguenze di questa esperienza si avvertono soprattutto nell’attenzione verso Raffaello che Luini dimostra sia a livello stilistico, sia nella ripresa di alcuni modelli, diretta o tramite stampe. L’impresa nella quale questa svolta si osserva meglio è il ciclo di affreschi della cappella maggiore di Santa Maria dei Miracoli a Saronno, dove si individuano anche alcune riprese dalla volta della Cappella Sistina di Michelangelo, dissimulate abilmente come fa di solito Bernardino con i suoi modelli. Nel contempo, dopo la morte di Leonardo nel 1519 e il ritorno dalla Francia degli allievi Salaino e Francesco Melzi con i suoi materiali grafici, anche Luini viene toccato da un influsso leonardesco

Nel corso dell’ultimo decennio del Cinquecento egli è uno dei pochi pittori a ottenere grandi e prestigiose commissioni. A Milano si possono ricordare l’Incoronazione di spine nella sede le Luogo pio di Santa Corona (1521/1522), la decorazione del lato pubblico del tramezzo di San Maurizio al monastero Maggiore, per la qual ritengo valida l’ipotesi di Edoardo Rossetti che identifica il committente in Ermes Visconti nel 1519 e quella del lato claustrale presumibilmente commissionata da suor Bianca Bentivoglio. Fuori Milano ricordiamo il polittico di San Magno a Legano e l’intervento in Santa Maria dei Miracoli a Saronno.

Luini è un pittore colto e il suo linguaggio, amabile e classicheggiante, sembra essere assai gradito, come dimostra il gran numero di opere a destinazione privata.

 

L’ultima periodizzazione, tra il 1525 e il 1532, non riguarda tanto una svolta stilistica, ma un mutamento politico alla guida del Ducato di Milano. Bernardino non sembra risentire del cambio di governo, ma continua a essere coinvolto nelle maggiori imprese pittoriche lombarde.

Nel novembre 1521 i francesi persero lo stato di Milano – ma fino al 1525 Francesco I tentò di riconquistarlo – e nell’aprile 1522, dopo il governo provvisorio di Gerolamo Morone, ebbero inizio gli anni difficili del ducato di Francesco II Sforza.

Nella seconda parte del decennio Luini non subì rovesci di fortuna anzi, scomparsi Marco d’Oggiono, Andrea Solario e altri artisti nella peste del 1524 e Zenale nel 1526, la sua affermazione fino alla morte nel 1532 appare indiscussa mentre Bramantino, che muore nel 1530 diventa difficile da seguire.

In questa fase Luini è richiesto anche da un nuovo gruppo di committenti: i sostenitori della causa sforzesca, tornati in auge dopo anni di condanne, confische, esilio. Se è corretta la mia ipotesi, il personaggio ritratto sulla destra nell’Adorazione dei Magi in Santa Maria dei Miracoli a Saronno è Girolamo Biglia, investito in quell’anno del feudo di Saronno dopo anni di strenuo servizio agli Sforza. A Saronno l’intervento del nostro pittore comprendeva anche un ciclo di Storie di Cristo andato perduto. La sua attività nel Santuario si protrae fino al 1532 e l’impressione è che la morte lo colga mentre sta coordinando uno dei pochi grandi cantieri del ducato.

Altra grande impresa degli ultimi anni è la Passione di Santa Maria degli Angeli a Lugano (1529), nella quale rivoluziona la tradizione dei tramezzi francescani lombardi eliminando la suddivisione del racconto in singole scene.

Nella realizzazione di cicli di affreschi, pale d’altare e dipinti a destinazione privata Luini era inevitabilmente affiancato dalla bottega. Fatta eccezione per il modesto cognato Giovanni da Lomazzo si sa poco dei pittori che ne facevano parte. Si trattava, comunque, di una bottega di tipo moderno, costituita come quelle di Raffaello o di Gaudenzio Ferrari da un alto grado di fedeltà allo stile del maestro e che probabilmente continuano an dipingere alla sua maniera anche dopo la sua morte.