Ascensione del Signore, la festa di un’amicizia vera. Il commento di don Piergiorgio Fiori

Chiesa
Foto di repertorio

Dal Vangelo secondo Luca 24, 46-53

Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

L’amicizia

Ho sempre visto il momento dell’Ascensione di Gesù al cielo come un addio, un saluto triste da parte dei discepoli che vedevano partire per sempre il loro Signore. Eppure, il brano di oggi si conclude dicendo: “Poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”. Ma perché?
Se penso alle mie amicizie, a quei rapporti che si sono costruiti nel tempo e che mi sostengono ancora oggi, mi viene da dire che in effetti i discepoli hanno ragione.
Un rapporto nuovo, nascente, ha bisogno di presenza, frequentazione, costanza altrimenti rischia di morire immediatamente; ha bisogno di condivisione per comprendere quali siano gli aspetti che accomunano gli amici e quelli che magari è meglio conoscere per evitare di creare caos.
In un rapporto invece ormai avanzato, in un’amicizia consolidata tutto ciò non è più necessario e basta un segno della vicinanza dell’altro per essere sereni.

La certezza di un rapporto che c’è e che sostiene in ogni istante

L’amicizia diventa condivisione di ciò che conta davvero, apertura sugli aspetti fondamentali della vita come la vocazione, il lavoro… non è più il passare insieme ogni istante, ma la presenza reciproca quando necessaria, il sostegno e la vicinanza nei momenti importanti.
Credo allora che anche i discepoli, finalmente, avessero raggiunto un rapporto di amicizia tale con Gesù che anche il distacco non costava più loro fatica, ma era vissuto nella certezza di un rapporto che c’è e che guida e sostiene in ogni istante.
Quella quotidianità vissuta con Lui e la familiarità che si era creata diventano per loro la possibilità di un rapporto sempre presente. Come amici veri, hanno imparato a vivere insieme all’altro, a condividere lo stesso modo dell’altro e ora possono andare avanti con le loro gambe. Dalla certezza di questo rapporto nasce la gioia e la lode a Dio nonostante (o forse anche grazie) il distacco.

L’Ascensione, la festa di un’amicizia vera

Credo che da qui possa nascere una provocazione per ciascuno di noi: dopo tutti questi anni di familiarità col Vangelo, di rapporto con Gesù, mi sento davvero suo amico da lodare il Signore anche nel momento in cui non lo sento prossimo a me?
Tante volte mi sento dire, e anch’io ogni tanto lo penso: “Il Signore non lo sento più vicino”. Ma significa allora che mi ha abbandonato? O piuttosto che il nostro rapporto può essere diventato tale da vivere con la certezza di Lui anche nel momento in cui non lo sento accanto a me?
L’Ascensione allora non è l’addio, ma è la festa di un’amicizia vera che dimostra al mondo la sua portata e la gioia di chi la vive fino in fondo.

Don Piergiorgio Fiori