Messa di mezzanotte celebrata dal vescovo Daniele in cattedrale nel santo Natale. Inizio alle 23.30 di venerdì con una Veglia di preghiera e l’ingresso del Bambino Gesù, portato dal vescovo stesso alle 24.00, quando ha preso il via la celebrazione eucaristica. Alcuni canonici a fianco del celebrante e numerosi fedeli che, con le garanzie di sicurezza, hanno riempito il duomo.
Bellissima la culla con l’immagine di Gesù Bambino, posta a fianco dell’ambone, circondata gioiosamente da tante stelle di Natale.
Mons. Gianotti ha celebrato anche il pontificale delle 11.00, la mattina del Santo Natale, con la presenza ancora di tanti fedeli, rinnovando a tutti gli auguri al termine della liturgia ed impartendo la benedizione solenne con l’indulgenza plenaria concessa da papa Francesco.
Nella Messa della notte ha centrato l’attenzione sulla nascita di Gesù che noi riconosciamo come figlio di Dio. Questa nascita vuole “forse suggerire che il Figlio di Dio entra nella nostra umanità anche come uno dei tanti, e che proprio a partire da questa solidarietà con la moltitudine degli esseri umani venuti al mondo, o che verranno in futuro, si può comprendere bene il carattere unico di questa nascita.”
Il mistero della nascita! “Guardare alla nascita – ha continuato mons. Gianotti – è importante per noi cristiani. In fondo, tutto il cammino della vita cristiana, a partire dal battesimo, è un continuo rinascere alla vita dei figli di Dio: fino all’ultima nascita al cielo. Non sarà più, allora, una fine, ma il passaggio pasquale, il parto definitivo, che ci vedrà nascere per sempre alla vita di Dio.”
La nascita di Gesù, secondo il Vescovo “è innanzitutto segno del sentirsi amati, voluti, desiderati. L’amore che ci ha accolto all’inizio è disponibile ad accoglierci fino alla fine”. Per noi cristiani poi la nascita di Gesù ci dice che un nuovo inizio è possibile. “Ne abbiamo bisogno, perché troppe volte ci sentiamo schiacciati da ciò che ci portiamo dietro, e pensiamo difficile, o impossibile, ricominciare, rinascere”. Infine “nascere, venire al mondo, significa anche inserirsi nell’umanità: così la nascita è anche un appello alla fraternità”.
Nel pontificale di questa mattina alle ore 11.00, ha commentato il prologo del Vangelo di Giovanni, puntando l’attenzione su due parole, il Verbo e la carne. L’evangelista dice che la Parola “era Dio”; il che vuol dire: “Dio – ha spiegato il vescovo – è un Dio che parla, che stabilisce una comunicazione, vuole entrare in relazione. Lo ha fatto facendosi carne. Nel Figlio di Maria, Gesù, Parola e carne si sono unite per sempre: al punto che, ormai, noi non dobbiamo cercare più Dio chissà dove. Dio lo incontriamo lì, dove Parola e carne si sono definitivamente unite, nel Figlio di Dio che ha voluto fare sua la nostra umanità.”
“Dio – ha concluso mons. Gianotti – abbraccia la nostra carne dove essa più manifesta fragilità. Per portare tutti alla pienezza della vita, Dio incomincia da chi è in ultima posizione; e nel suo Figlio Gesù, posto nella mangiatoia, la debolezza della carne è particolarmente evidente.” E ha fatto alcuni esempi di fragilità: “dove la dignità e la sicurezza del lavoro e dei lavoratori sono messi in questione; in chi è vittima della cultura dello scarto; nella solitudine dei vecchi; nella vita dei non nati; nelle donne vittime di violenza; nelle famiglie ferite; nei popoli e nelle persone che fuggono la miseria, le violenze, i cambiamenti climatici; in chi patisce la malattia e la disabilità; nei prigionieri; nelle vittime della tratta o degli abusi di ogni tipo (compresi, ahimè, quelli che avvengono nella Chiesa…); in chi è perseguitato per la propria fede o per il proprio impegno per la giustizia e la verità… Dio ci vuole incontrare, perché possiamo incontrarlo come il Dio che libera e salva.”