Giornata mondiale dei poveri. Il Papa in San Pietro

“Se tu non vai avanti risanando i dolori di oggi, difficilmente avrai la speranza di domani. La speranza che nasce dal Vangelo, infatti, non consiste nell’aspettare passivamente che un domani le cose vadano meglio, questo non è possibile, ma nel rendere oggi concreta la promessa di salvezza di Dio”. Così il Papa nella messa presieduta domenica mattina nella Basilica di San Pietro per la Giornata mondiale dei poveri, alla quale hanno partecipato 2 mila poveri e indigenti, insieme ai volontari che li accompagnavano e ad esponenti delle numerose realtà caritative che li assistono quotidianamente sul territorio di Roma. 

Il Santo Padre ha chiesto “di essere, tra le quotidiane rovine del mondo, instancabili costruttori di speranza; di essere luce mentre il sole si oscura; di essere testimoni di compassione mentre attorno regna la distrazione; di essere amanti e attenti nell’indifferenza diffusa.
Testimoni di compassione. Noi non potremo mai fare del bene senza passare per la compassione. Al massimo faremo cose buone, ma che non toccano la via cristiana perché non toccano il cuore”. Il Papa ha ricordato, quindi, che “se la nostra speranza non si traduce in scelte e gesti concreti di attenzione, giustizia, solidarietà, cura della casa comune, le sofferenze dei poveri non potranno essere sollevate, l’economia dello scarto che li costringe a vivere ai margini non potrà essere convertita, le loro attese non potranno rifiorire”. A tutti e soprattutto ai cristiani, ha ribadito il Santo Padre citando don Tonino Bello, è chiesto di “organizzare la speranza” e di “tradurla in vita concreta ogni giorno, nei rapporti umani, nell’impegno sociale e politico”.

Ed ecco l’invito del Papa: “Sta a noi superare la chiusura, la rigidità interiore, che è la tentazione di oggi, dei ‘restaurazionisti’ che vogliono una Chiesa tutta ordinata, tutta rigida: questo non è dello Spirito Santo. E noi dobbiamo superare questo, e far germogliare in questa rigidità la speranza. E sta a noi anche superare la tentazione di occuparci solo dei nostri problemi, per intenerirci dinanzi ai drammi del mondo, per compatire il dolore”. Siamo chiamati ad assorbire l’inquinamento che ci circonda e a trasformarlo in bene: non serve parlare dei problemi, polemizzare, scandalizzarci – questo lo sappiamo fare tutti – serve imitare le foglie, che senza dare nell’occhio ogni giorno trasformano l’aria sporca in aria pulita”. Gesù ci vuole “convertitori di bene”: “Persone che, immerse nell’aria pesante che tutti respirano, rispondono al male con il bene. Persone che agiscono: spezzano il pane con gli affamati, operano per la giustizia, rialzano i poveri e li restituiscono alla loro dignità, come ha fatto quel samaritano”. “È bella, è evangelica, è giovane una Chiesa che esce da sé stessa e, come Gesù, annuncia ai poveri la buona notizia. Mi fermo su quell’aggettivo – ha concluso il Santo Padre – l’ultimo:  è giovane una Chiesa così; la giovinezza di seminare speranza. Questa è una Chiesa profetica, che con la sua presenza dice agli smarriti di cuore e agli scartati del mondo: ‘Coraggio, il Signore è vicino, anche per te c’è un’estate che spunta nel cuore dell’inverno. Anche dal tuo dolore può risorgere”