FESTA DELL’ASSUNTA – La Madre che non ci guarda con distacco, ma cammina con noi

Maria Assunta
Tempo estivo, segnato dalle difficoltà che abbiamo subito o che siamo stati capaci di affrontare?
Hub vaccinali, Green pass e assembramenti, preoccupano chi mantiene lucida la ragione e si interroga non solo sull’oggi delle sbrigliate ferie, ma anche sul domani del nostro rientro lavorativo e scolastico, dopo incendi e allagamenti che compromettono la nostra agricoltura, il nostro vivere concreto.
Feste, musiche assordanti, riescono a farci dimenticare quanto stiamo vivendo?
Si può osare in un contesto così agitato e, tutto sommato – malgrado non lo si voglia ammettere – sofferente, sollecitare a guardare a Colei che in questo torrido mese vogliamo festeggiare? Vergine augusta e padrona, Regina, signora. 

Così si invoca da secoli Maria di Nazareth, la Madre di Dio, come fu proclamata nel Concilio di Efeso nel 431.
Noi guardiamo a Lei come all’Assunta in cielo, “corona di tutti i misteri” affermò Paolo VI.
Le obiezioni fioccano ed è inutile eluderle anche perché vi si può dare ampia e seria risposta.
In una società ipertecnologica iperdigitale come la nostra rimane traccia della cultura classica che si imparava ai tempi del liceo?
Sappiamo che la grecità narrava dell’assunzione in cielo di eroi greci, come pure di imperatori romani o anche di esimi personaggi d’Israele.
Abramo e Mosè con l’ascesa dell’anima.
Enoc, Elia, Esdra, Baruc rapiti in cielo.
Romolo, primo re di Roma, come ci narra Tito Livio.
E i romani che divinizzavano i loro imperatori.
E Gesù?

Gesù è veramente morto (senza essere rapito nel pieno della sua vita) e il suo corpo è stato assunto (non solo la sua anima) (D. Marguerat).
E con Gesù la Madre che segue i nostri passi, non guardandoci dall’alto con distacco, ma muovendoli con noi, come li mosse anche lei, donna ebrea del suo tempo.
Fin dal IV secolo nella cristianità si guardava alla Dormitio Mariae e si rifletteva, nella fede, sulla sua morte e sul destino del suo corpo.
L’espresse, ai tempi di Carlo Magno, papa Adriano I: “Degna di venerazione è per noi, o Signore, la festività di questo giorno, in cui la santa Madre di Dio subì la morte temporale, ma non poté essere umiliata dai vincoli della morte colei che generò il tuo Figlio, nostro Signore, incarnato da lei.”

Indubbiamente si varcano confini inediti o che alla ragione sembrano impossibili, lo coglie la fede con l’Enciclica che proclamò il dogma: “A te Dio, re dell’universo, concesse cose che sono al disopra della natura; poiché come nel parto ti conservò vergine, così nel sepolcro conservò incorrotto il tuo corpo, e con la divina traslazione lo conglorificò.”

Giovanni Paolo II confermò il mistero e ne dette chiara lettura: “Guardando al Mistero dell’Assunzione della Vergine è possibile comprendere il piano della provvidenza divina relativa all’umanità: dopo Cristo, Verbo, ecco una ragazza delle nostre, più eccelsa degli angeli e più pura dei gigli, profumata come il mirto, è stata scelta dal Creatore di ogni cosa… Ecco che si radunano gli apostoli, i martiri e i giusti per ascoltarti mentre la canti: il suo viso è più splendente incarnato, Maria è la creatura umana che realizza per prima l’ideale escatologico, anticipando la pienezza della felicità promessa agli eletti mediante la resurrezione dei corpi.”

La Liturgia siro maronita si spalanca in una visione festosa: “Della primavera in fiore; le stelle sono la sua corona; il cielo nuovo brilla in lei, astro luminoso. Santo è colui che esalta la memoria di sua madre e rende più gioiose le sue feste… Chiesa sii in festa e canta: Benedetto colui che in lei si è incarnato e l’ha magnificata.”

La voce dell’Arpa dello Spirito Santo, Efrem il Siro, possa trapassare il cuore di chiunque fra di noi, viandanti nella storia, sappia rivolgersi a Lei, anche solo con uno sguardo o un anelito sospirato nella speranza:
Il Figlio dell’Altissimo venne e dimorò in me,
ed io divenni sua madre. Come io ho dato nascita a Lui
– la sua seconda nascita – così anch’Egli dette nascita a me
una seconda volta. Egli indossò la veste di sua madre
– il suo corpo; io indossai la sua gloria.

 

Cristiana Dobner
– Sir –