La Libera Associazione Artigiani di Crema, attraverso la sua confederazione nazionale, Casartigiani, e insieme ad altre due importanti associazioni di categoria, scende in campo a tutela di parrucchieri e centri estetici. Nei giorni scorsi, sono state consegnate simbolicamente al Ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, oltre 50.000 firme raccolte tra gli addetti ai lavori, per chiedere la riapertura delle loro imprese anche nelle zone rosse. Come è stato riferito al Ministro del Governo Draghi, le imprese del settore hanno accolto con grande senso di responsabilità i provvedimenti di chiusura e, fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, si sono impegnati ad adottare rigorosi protocolli igienico-sanitari per evitare la diffusione del virus. Non è un caso che in questi mesi i saloni di acconciatura e i centri estetici non abbiano rappresentato in alcun modo una fonte di contagio.
Le confederazioni artigiane hanno anche richiamato l’attenzione del Governo sul fenomeno dilagante dell’abusivismo: “Proprio nelle zone dove è maggiore la diffusione del contagio si rischia un danno collaterale: un aumento della circolazione del virus a causa degli abusivi, che operano indisturbati senza rispettare alcun tipo di protocollo o misura di sicurezza”.
Inoltre, da recenti analisi delle stesse confederazioni sui bilanci delle imprese associate, emerge che nel 2020 il 94% delle imprese di acconciatura ed estetica ha registrato una perdita media di fatturato del 25%, rispetto all’anno precedente. Di queste, solo il 28% potrà accedere al contributo, sulla base dei meccanismi di ristoro previsti dal decreto legge Sostegni. Per questo motivo, le confederazioni hanno avanzato proposte di modifica del meccanismo di ristoro a fondo perduto, proponendo la progressiva riduzione del contributo in relazione all’andamento del fatturato, così da superare le discriminazioni collegate alla soglia minima del 30%.
Tuttavia, pur confidando in un ulteriore stanziamento di risorse, si ritiene che la via maestra per riuscire ad arrivare in fondo al tunnel sia una rapida ed efficace attuazione del piano vaccinale. I ritardi che si stanno registrando nella somministrazione dei vaccini, il cui obiettivo delle 500.000 dosi giornaliere appare ancora lontano, esasperano il malcontento e inducono le imprese al più totale sconforto. “Se per colmare questi gravi ritardi si chiedessero ulteriori sacrifici alle imprese, significherebbe una condanna a morte per molte realtà del settore che, con 150.000 imprese e oltre 300.000 addetti, partecipa in maniera determinante all’economia italiana, oltre a essere essenziale per garantire il benessere della popolazione”.