FONDAZIONE SAN DOMENICO – Modifiche dello Statuto, il sindaco chiarisce

San Domenico
Foto di repertorio

Non avevamo dato conto – dopo l’ultimo Consiglio – delle modifiche dello Statuto della Fondazione San Domenico.  Dopo essere stata illustrata in Commissione Garanzia la questione è arrivata sui banchi di Sala degli Ostaggi. Come per la Fbc e la Fondazione Finalpia, anche in questo caso l’assise ha solo potuto esprimere “un parere non vincolante”, senza “il potere di apportare modifiche allo Statuto stesso, stante la terzietà dell’Ente e la non soggezione al controllo, né diretto né indiretto, del Comune”.
Le modifiche apportate allo Statuto, sulla base delle indicazioni del dottor Pesticcio di Milano, riguardano, in gran parte, una riscrittura della forma dello Statuto stesso, per renderlo maggiormente congruo alla Riforma degli Enti di Terzo Settore. Gli articoli che più hanno necessitato di riscrittura completa sono il 2 (finalità e attività) e il 3 (attività diverse e funzionali), il 6 (esercizio finanziario), il 12 (CdA), il 13 (competenze CdA).
“La maggior parte delle modifiche non tocca la sostanza del precedente Statuto, che resta, perciò, pienamente confermato nei suoi principi, salvo due aspetti”, ha spiegato il sindaco Stefania Bonaldi. Il primo e unico, vero cambiamento riguarda l’articolo che disciplina i compiti del CdA.  “Da questo articolo è stato espunto il comma che prevedeva la golden share dei Consiglieri nominati dal Consiglio comunale su alcuni atti fondamentali approvati dal CdA, in particolare: nomina del presidente, approvazione Consuntivo, modifiche statutarie, scioglimento della Fondazione e devoluzione del patrimonio. Fino a oggi secondo lo Statuto vigente questi atti potevano essere assunti validamente con il voto favorevole di una maggioranza qualificata di ¾ dei componenti CdA, di cui necessariamente due membri eletti dal Consiglio cittadino. Questa previsione, che sanciva un ruolo preminente della parte pubblica sulla rappresentanza privata nell’approvazione di alcune delibere, non è più consentita dalle nuove norme del terzo settore e pertanto è stata soppressa”.
La seconda variazione, sempre all’art. 12, riguarda la regola del numero massimo di mandati (due) per ciascun consigliere: prima e da qualche anno era una prassi consolidata, ma che non aveva trovato formalizzazione nello Statuto adottato con atto notarile. “Dunque diverrà operativa solo nel nuovo Statuto, a far tempo dalla nomina dei consiglieri del prossimo CdA”. I nuovi nominati avranno di fronte a sé ancora un massimo di due mandati triennali.