CORONAVIRUS – Ospedale Maggiore di Crema: “Va meglio, ma nessuno abbassa la guardia”

L'Ospedale Maggiore di Crema e il suo direttore sanitario dottor Roberto Sfogliarini

Nessuno abbassa la guardia, ma la situazione all’Ospedale Maggiore di Crema migliora. Lentamente, ma migliora. La fase critica e drammatica dell’emergenza Coronavirus pare essere alle spalle: lo confermano i dati – seppur oscillanti – degli ultimi giorni, che evidenziano minori accessi al Pronto Soccorso e contagi in calo, anche se la terapia intensiva è ancora piena. Il Covid-19 insomma, come i medici vedono soprattutto dalle Tac polmonari, sembra perdere la sua aggressività.

“A oggi – informa il dottor Roberto Sfogliarini, direttore sanitario dell’Asst cremasca – abbiamo 150 ricoverati per Coronavirus, compresi quelli in terapia intensiva”. Fino a pochi giorni fa si superavano i 200 ricoveri, per non parlare dei 300 di qualche settimana addietro. “La sintomatologia meno aggressiva – rileva il dottor Sfogliarini – è il frutto delle misure di contenimento messe in atto, ma siamo lontani dal parlare di un azzeramento: questo trend in calo va consolidato con una riduzione ancora maggiore. Ecco perché è fondamentale continuare a rispettare le regole: una ‘ondata di ritorno’, per la quale siamo comunque pronti, avrebbe conseguenze drammatiche”.

Con una minore affluenza al Pronto Soccorso, l’ospedale ha potuto attivare azioni forti per contrastare il virus. “In Pneumologia – spiega il dottor Sfogliarini – funziona una riabilitazione per i ricoverati, che prosegue poi presso l’ospedale militare da campo prima della dimissione. Abbiamo poi incrementato il monitoraggio a domicilio, dove tutti i pazienti Covid dimessi sono dotati di saturimetro: sono così controllati fino alla completa guarigione. Stiamo infine organizzando visite di controllo ambulatoriali per tutti i dimessi”. Anche i medici di Medicina Generale hanno ricevuto indicazioni: “Se i loro assistiti presentano sintomi sospetti, va contattata la nostra Pneumologia che può fare anche visite a domicilio. Il tutto per non perdere tempo e non far peggiorare la situazione”.

In un simile scenario, chi è in prima linea da quasi due mesi è in grado di offrire un “quadro della situazione” e di gettare lo sguardo al futuro che ci aspetta. Ne abbiamo parlato con alcuni infermieri, i quali affermano: “Passata la fase acuta, la fase del dolore, la fase dei grandi numeri, degli eroi e delle donazioni, dell’altruismo e dell’isolamento, si cerca di ricominciare a vivere. Le grandi domande, però, restano…”.

I numeri sono reali? Siamo veramente in fase di recessione? “Le testimonianze e le immagini che giungono dagli ospedali – rileva una coordinatrice infermieristica del nostro ospedale – sembrano confermare le ipotesi e soprattutto assecondare il nostro desiderio di ritorno alla normalità. Ma i pazienti dimessi e tornati al domicilio ancora positivi sono molti, così come i positivi presenti sul territorio consapevoli o inconsapevoli di esserlo: ciò rappresenta un focolaio ancora attivo e pronto a ripartire. Sono già noti casi di persone che, finita la quarantena e in possesso di due tamponi negativi, hanno ricontratto il virus. È quindi indispensabile non abbassare troppo la guardia di fronte al nemico Coronavirus ma, al tempo stesso, programmare e progettare la ripresa della ‘fase 2’, portando famiglie e imprese ad assaporare la vita così come l’abbiamo lasciata a fine febbraio”.

In questa fase diventano quindi fondamentali termini come “programmazione” (far ripartire le attività e le persone), “prevenzione” (evitare nuovi contagi), “cura” (guarire i casi ancora positivi e monitorarli a distanza nel tempo), “distanza” (di sicurezza tra le persone), “dispositivi” (obbligo di mascherina per tutti) e “diagnosi” (tamponi allargati e test sierologici).

“Quando l’emergenza sarà finita – puntualizza la coordinatrice – avremo anche il diritto e il dovere di analizzare con attenzione la tragedia che abbiamo vissuto, al fine di non ripeterla. Sicuramente errori ne sono stati fatti e da questi sarà utile ripartire, ma durante la fase iniziale della pandemia tutti abbiamo dato il massimo”.

Ora, come è giusto che sia, all’Ospedale Maggiore si pensa a un ritorno della normalità. “Piano piano, oltre ad accompagnare alla guarigione i Covid positivi, sarà utile riaccogliere tutti gli altri ammalati, vecchi e nuovi, che in questi due mesi sono stati allontanati dall’ospedale per evitare ulteriori contagi e per dedicare il massimo delle risorse all’emergenza, ma che ora necessitano di attenzione e ripresa in carico. È per questo che la ripresa e la programmazione devono essere pianificate con percorsi differenziati e aree dedicate ai pazienti Covid positivi e negativi. In ospedale è già stato creato un reparto Covid negativi al quinto piano in aggiunta ai due che erano rimasti, mentre nel Pronto Soccorso sono state create due aree: una per positivi e una per negativi, con personale dedicato”.