La significativa testimonianza di un giovane infermiere del Pronto Soccorso di Crema

Ospedale ingresso
Ogni giorno decine di ambulanze a sirene spiegate risuonano nelle vie di Crema che, deserte, fanno da cassa di risonanza. E il pensiero va a medici e infermieri: sono in trincea da settimane. A loro tutta la nostra ammirazione e una preghiera.
Abbiamo ascoltato un giovane infermiere del Pronto Soccorso cittadino, stremato dai turni e dall’emergenza. Lo stress e i ritmi frenetici (per usare un eufemismo) di questi giorni non gli impediscono di sorridere e, se possibile, di amare ancor di più il suo lavoro. Gli chiediamo innanzitutto come sta vivendo questi momenti.
“Semplicemente ora la mia vita, ma anche quella dei colleghi, è dettata da tempi molto stringenti. Turni veramente pesanti, non solo fisicamente. Si deve reggere a livello psicologico, di testa. All’inizio l’emergenza ci ha spiazzati, ma da una settimana circa hanno rinforzato il personale: ne avevamo bisogno, eravamo al limite”.

Ormai voi infermieri, come i medici, vedete di più colleghi e pazienti che la famiglia. Cosa cogliete negli occhi delle persone colpite dal virus?

“Vi si legge preoccupazione, un forte timore. Sono giustamente spaventati. E questo vale per tutti, anziani e meno anziani. I pazienti sono qui senza parenti e non li vedranno per un po’, in un momento difficile. Cerchiamo di trasmettere fiducia e stiamo loro vicini. Si dice che il Covid-19 colpisca soprattutto gli over 65, ma anche nella fascia 50-60 anni ne ho assistiti parecchi. Anche stamattina (giovedì, ndr) ci sono stati moltissimi accessi, tutti con febbre e già con rx torace positivo”.

Da dove arrivano le ambulanze, tutte da Crema e Cremasco?

“No assolutamente, anche dal territorio cremonese e da Cremona città, dal Lodigiano e dal Piacentino”.

La nostra comunità vi è riconoscente per il grande sforzo e la professionalità. State facendo un lavoro encomiabile.

“Approfitto per sottolineare l’ottimo clima di lavoro che c’è tra noi colleghi. Spesso tra medici, infermieri e operatori ci riconosciamo solo dagli occhi, a volte neppure attraverso lo sguardo. Ma è uguale: siamo diventati una grande famiglia che si supporta e ognuno è solidale con l’altro, pur nella difficoltà e nella frenesia. Ciò aiuta a lavorare al meglio e a dare il massimo. Un grazie va ai commercianti che ci hanno donato pizza, gelato… e ai cittadini che ci supportano. Gli striscioni ci danno la carica e ci fanno sentire apprezzati e stimati. Grazie!”.

Te la senti di lanciare un appello ai coetanei, soprattutto a chi ancora sembra minimizzare la portata di quanto sta accadendo?

“Ripensando a quello che sto e stiamo vivendo, credo di poter dire che questa è la prova del nostro secolo. Ciascuno è chiamato a rispondere di quello che fa e dei comportamenti che mette in atto: io sono un infermiere e sono chiamato a prendermi cura della gente. A tutti, però, è chiesto di stare a casa ed evitare il più possibile contatti. Il mio appello è semplice, seguire le indicazioni che ci vengono fornite. La responsabilità è nostra e solo con l’impegno di tutti miglioreremo la situazione e sconfiggeremo il virus”.