NOVENA A SAN PANTALEONE: Nel ricordo di poveri, senza tetto, profughi ed esuli

Siamo ormai alla settima serata della Novena di preghiera, della novena a San Pantaleone, medico e martire, per impetrare la liberazione dal cronavirus che sta mettendo in ginocchio l’Italia e il mondo. Tutta la Chiesa si raccoglie in preghiera in questi giorni in diverse forme, per impetrare dal Signore la liberazione.

La Novena, questa sera, ha ricordato i poveri, i senza tetto, i profughi, gli esuli, come ha introdotto don Gabriele Frassi, aprendo la veglia e citando le parole del Papa: oggi prevale la globalizzazione dell’indifferenza, come vediamo nei confronti dei poveri e degli esuli. La celebrazione, a porte chiuse in cattedrale, è stata presieduta – come ogni sera – dal vescovo Daniele.

Dopo la lettura del Vangelo che ha proposto la parabola del ricco epulone e Lazzaro, sul tema della serata ha parlato il direttore della Caritas Claudio Dagheti che ha affermato di aver preparato il testo riflettendo sul vangelo con gli ospiti della Casa di Accoglienza in particolare uno cui ha dato il nome di fantasia di Mario.

“Colpisce sempre la parabola del ricco epulone – ha iniziato – per la chiarezza e l’efficacia: il rapporto con la ricchezza è sempre centrale nella costruzione della nostra ricchezza nella vita futura. Significa essere oggi capaci perdere i nostri privilegi e di accorgersi dell’altro, che sta sulla porta senza chiedere nulla.”

Dagheti ha citato Mario per il quale la povertà può essere un’opportunità: “Perdere tutto e toccare il fondo è stata l’occasione per me di capire il significato della parola solidarietà. Ora che sono stato accolto nell’ambito della Caritas, mi accorgo di chi sta peggio di me, sono spinto ad aiutare anche loro.”

“Questo percorso di rinascita – ha aggiunto Claudio – può essere proposto anche alle nostre comunità: il coronavirus ci porta a toccare il fondo, per l’interruzione dei nostri rapporti e le gravi privazioni economiche. Ma questo non può essere la fine di tutto. Come nell’esperienza di Mario, può essere l’occasione per ripartire in modo nuovo e consapevole. Quando si attraversa la povertà non si può rimanere uguali a prima, si impara quali sono le cose più importanti per ripartire in una modalità totalmente nuova. Sono i momenti di privazione che ci fanno apprezzare meglio ciò che non si ha più: chissà che le nostre comunità non imparino il piacere delle relazioni, di vivere la comunità, essere più vicini ai bisogni dei più fragili.

Le grandi emergenze – ha aggiunto – hanno sempre visto le Caritas in prima linea: pensiamo ai molti volontari che rischiano di persona per garantire i servizi ai più poveri: come la mensa, il dormitorio o il pacco viveri a domicilio. Anche la privazione della celebrazione eucaristica può diventare l’occasione per imparare a pregare insieme, l’occasione per avvicinarci quotidianamente alla Parola.”

Secondo Dagheti, per non sprecare questa emergenza occorre: responsabilità a lavorare tutti insieme per il bene comune; lucidità perché non possiamo lasciarci prendere dalla paura; fantasia per individuare nuove strade di servizio e relazione con i più poveri della società.

Ha continuato spiegando come la crisi economica globale che si intravede verrà di fatto pagata dagli ultimi della società locale. “Chissà che questa crisi non sia un’occasione per rivedere il modo con cui viviamo, con cui produciamo, con cui ci spostiamo. Se non la sprecheremo, impareremo a non essere come il ricco epulone e non  far pagare ancora ai poveri, ai senza tetto e agli esuli, il prezzo dei nostri privilegi e della nostra indifferenza.

A conclusione Dagheti ha letto un significativo brano di mons. Tonino Bello sul tema dell’uso della ricchezza. 

La Veglia s’è conclusa con la consueta preghiera a san Pantaleone,  diffusa nei giorni scorsi su un’immaginetta in tutte le parrocchie: “O Dio, Padre di misericordia, per il tuo martire san Pantaleone, che durante la vita terrena esercitò con amore la professione di medico e testimoniò la fede fino all’effusione del sangue, donaci la salute dell’anima e del corpo, dà a noi una fede pura e coerente e fa’ che sosteniamo con fortezza le prove della vita, specialmente quelle del momento presente. San Pantaleone martire, prega per noi.” È seguita la benedizione da parte del vescovo con la reliquia del medico martire.