Don Gabriele Frassi commenta il Vangelo della VI domenica del tempo ordinario

Don Gabriele Frassi

Di seguito proponiamo il passo del Vangelo e il relativo commento di domani 16 febbraio – VI domenica del tempo ordinario.

IL VANGELO DI MATTEO 5, 20-22a.27-28.33-34a.37 (forma breve)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

IL COMMENTO

Sebbene per questioni di spazio si è costretti a riportare la forma breve del brano evangelico di questa sesta domenica del tempo ordinario, faccio riferimento nella mia riflessione a tutto il brano nella sua interezza (Mt. 5,17 – 37) ritenendo necessario per la comprensione del messaggio avere uno sguardo completo dello stesso. Fin dall’inizio del testo Gesù offre una chiave di lettura per comprendere quanto dirà in seguito precisando che Egli non è venuto ad abolire la legge ebraica, ma a darne compimento. Il maestro pone i suoi uditori nella logica di una continuità rispetto la tradizione che però trasforma e raggiunge la pienezza della Grazia che salva. Per il pio israelita era fondamentale l’osservanza scrupolosa della legge: ben 631 precetti da assolvere con meticolosità e precisione! La legge che inizialmente doveva essere il mezzo per stare con Dio, pian piano però ne è diventata il fine, perdendo di vista l’essenziale e approdando a un legalismo che imprigionava in una ossessiva e sterile pratica esteriore. Gesù invita a superare questo atteggiamento che blocca e rende infeconda l’esperienza di fede, la quale o è innervata da un amore che pone realmente in sintonia con il rivelarsi di Dio, oppure ne diventa un’esperienza fuorviante e lontana da Yahweh. Similmente al Creatore che anima la sagoma di creta e dà vita all’uomo, così potremmo dire che il Figlio dà finalmente spirito alla legge facendola pulsare di vita. Ecco perché il Signore prende in considerazione tre gravi mancanze che creano danno al prossimo: l’omicidio, l’adulterio e lo spergiuro. Decisamente non si deve uccidere il proprio prossimo, ma in una prospettiva evangelica neppure si deve denigrare o odiare nella propria interiorità l’altro. Solo un cuore riconciliato con se stesso e con l’altro, può vivere appieno la vicinanza a Dio. È la prospettiva della riconciliazione e della misericordia. Scrive papa Francesco nella Misericordiae Vultus: “Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici”. Riguardo la fedeltà coniugale Gesù si sofferma nel sottolineare che non è solamente la decisione estrema all’infedeltà, ma anche quello che il cuore nutre e coltiva a farne la differenza. Del resto in un rapporto di coppia percepire che chi ami ed è di fronte a te sta con la mente e con il cuore presso qualcun’altro è un’esperienza lacerante e annichilente. Con puntualità e schiettezza il Maestro sposta l’asse dell’osservanza della legge da ciò che è prodotto nell’esteriorità a una interiorità che ne fa la differenza. Gesù è esigente con noi perché ci ama e vuole ricondurci al Padre. È limitante rassicurare la coscienza dicendoci “Non ho ucciso, non ho rubato …”; la nuova prospettiva che Cristo ha portato è ben più ampia e apre a scenari di grande responsabilità: “Come ho amato? Come ho rispettato? Come ho mantenuto la mia fedeltà? Come ho considerato Dio nella mia vita?…”. Uscire dall’ambiguità di un esteriore che preserva da una domanda più profonda e che inquieta per aprirsi a una prospettiva che non si accontenta di non produrre il male ma indirizza a un bene che è in continua costruzione. Del resto anche il giuramento collocato in questa modalità non ha più senso: se vivo e perseguo la verità, il mio parlare di fatto è “sì, sì, no, no”, esprime cioè non la menzogna o la giustificazione delle mie ambiguità comportamentali ma mi apre alla verità come stile, come qualcosa che è inabitato da me. Pensiamo all’incontro di Gesù con il giovane ricco: “Una sola cosa ti manca”, quella essenziale, che dà una svolta alla vita. È proprio vero: “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi” (Antoine de Saint-Exupéry).

don Gabriele Frassi