Siamo a Somasca, nel Comune di Vercurago. Una località posta su “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno” di cui parla Manzoni, vicina a Lecco, a Pescarenico, il paese di fra’ Cristoforo, a Olate il paese di Renzo e Lucia, dominato dal palazzo di don Rodrigo. Qui siamo nei pressi di Chiuso (oggi frazione di Lecco) nella cui chiesa parrocchiale si è recato l’Innominato per incontrare il card. Federico Borromeo. Sopra la rocca, infatti, sono visibili ancora i resti del castello di Bernardino Visconti (il nome del personaggio non nominato dal Manzoni figlio della cremasca Paola Benzoni) e lungo la strada che sale al santuario di San Girolamo, troviamo via del Nibbio e via dei Bravi, a ricordo dei banditi che il personaggio assoldava per spadroneggiare nel suo territorio.
Ma a Somasca è innanzitutto il paese di san Girolamo Emiliani, fondatore dei Somaschi, presso il collegio dei quali il futuro grande romanziere venne ospitato per due anni.
Chi è san Girolamo Emiliani?
Era il figlio di un senatore della Serenissima, nato a Venezia nel 1486. Giovane coraggioso, in occasione della guerra tra la città lagunare e la lega di Cambrai, venne mandato a difendere il castello di Castelnuovo di Quero sul Piave. Fu sconfitto e imprigionato nella torre dello stesso castello. In prigione Girolamo fece voto alla Madonna di cambiare vita qualora gli fosse concessa la grazia di ottenere la libertà. Riuscì a scappare dal carcere (la tradizione racconta che venne a liberarlo la Madonna stessa) e finita la guerra tornò a Venezia per sciogliere il suo voto. Nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Treviso, promise alla Madonna di spendere il resto della sua vita ad aiutare il prossimo (e sempre la tradizione racconta che le donò le catene della prigionia).
Dopo una tremenda carestia, cui fece seguito la peste, Girolamo si dedicò completamente al servizio dei poveri e alla cura degli ammalati. A contatto con gli appestati, ne contrasse il morbo. Guarito miracolosamente, diede inizio a quella che sarebbe stata la sua missione: la cura di tutti i bisognosi, ma in particolare dei ragazzi poveri e abbandonati che vagavano per le calli in cerca di cibo. Per aiutarli fondò a Venezia, il primo orfanotrofio d’impostazione moderna.
Su consiglio di san Gaetano da Tiene e del cardinale Carafa cominciò ad aprire orfanatrofi in Veneto e Lombardia. A Merone (Como) fondò la Compagnia dei Servi dei poveri di Cristo, ma cercava un luogo quieto dove porre la casa madre della sua Congregazione e il centro delle sue opere. Lo trovò poco distante, a Somasca, sulla riva orientale del lago di Lecco. Qui istitutì, nel 1533, i Chierici Regolari che dal nome della località furono chiamati Somaschi.
Sulla montagna che sovrastava il paese, eresse un ricovero per orfanelli e trovò una grotta dove di notte si ritirava in preghiera davanti al Crocifisso. Ogni giorno scendeva in città a mendicare pane per i suoi orfanelli. L’8 febbraio 1537 morì di peste in una povera casa, mentre soccorreva gli ammalati. Venne sepolto nella chiesetta di San Bartolomeo di Somasca.
Il santuario
Dopo la morte del Santo i Somaschi continuarono in loco la sua opera. Oltre all’orfanatrofio, eressero un’Accademia di studi. San Carlo Borromeo nel 1566 visitò il corpo di Girolamo, separò giuridicamente dalla parrocchia la chiesetta e l’affidò in perpetuo ai Somaschi. Anzi fondò lì un seminario e l’affidò a loro. Nel 1747 l’Emiliano fu proclamato beato e nel 1767 papa Clemente XIII lo elevò agli onori degli altari. Pio XI lo dichiarò Patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata.
Nel 1610 i Somaschi ricostruirono la chiesa di San Girolamo che venne allungata nel 1893 e dotata di un bel pronao ad archi.
È quella che vediamo oggi, posta in cima a una bella e solenne scalinata che si sale volentieri. Sopra il protiro, in una nicchia, una statua di san Girolamo e all’ingresso un bel portale, ambedue scolpiti da Toffetti (ne parliamo più sotto).
L’interno, in stile barocco, non ha nulla di particolarmenrte importante dal punto di vista artistico. Al fondo della navata destra, la cappella di san Girolamo con l’urna d’argento delle ossa, allestita nel 1747. Sotto l’altare un’altra urna con una statua del Santo di Giulio Barbieri del 1930.
La statua e il portale di Mario Toffetti
A Somasca incontriamo dunque anche il nostro scultore Mario Toffetti (1947-2013). Salendo la scalinata del santuario ammiriamo innanzitutto, all’interno di una nicchia sopra il protiro, la statua marmorea di San Girolamo con due bambini, posizionata il 24 luglio 2001. Poi il portale in bronzo, fuso in un blocco unico. È del maggio 2009 e, in un possente altorilievo, Toffetti racconta – in sei scene – La Vita di San Girolamo Emiliani. In particolare vediamo il Santo in prigione, mentre aiuta malati e appestati, la sua vicinanza ai bambini, l’insegnamento ai contadini. Interessante chiudere i battenti (se è possibile) e scoprire le scene evangeliche realizzate sul retro: L’Annunciazione, La Risurrezione, Cristo che scaccia i venditori del tempio, Il Battesimo di Gesù; al centro Cristo nell’orto degli ulivi e La Crocifissione; in basso: La Natività, La Trasfigurazione, La Visita dei Magi e l’episodio de Il Figlio della vedova di Nain, disposti non secondo un ordine cronologico, né teologico, ma estetico.
L’arte del Toffetti è inconfondibile, ricca di drammaticità spirituale, caratterizzata da un tocco nervoso e sicuro. Bellissima la scena dell’Aiuto agli appestati, carica di pathos.
Il sacro monte e il castello
Usciamo ora dalla basilica per raggiungere il Sacro Monte. Non scendiamo più dalla scalinata, ma prendiamo la via della Chiesa per arrivare in pochi passi alla cappella della Madonna degli orfani. È l’abitazione dove san Girolamo visse dal 1532 al 1537, anno della sua morte. La quale avvenne nella camera conservata a fianco dell’altare, dove esiste ancora una croce fatta dipingere dal Santo davanti al suo letto di agonia e dove vengono ricordate le sue ultime parole: “Seguite la via del Crocifisso – Amatevi l’un l’altro – Servite i poveri”.
Lasciata la cappella, che fu anche sede delle prime riunioni che san Girolamo fece con i suoi confratelli, si procede lungo via San Girolamo e si arriva alla piazza dell’arco, da dove parte il Sacro Monte. E qui inizia una passeggiata nel verde, lungo un sentiero selciato in leggera salita, ricca di spirito e di bellezze naturali, tutta da godere. Superato l’arco, si cammina incontrando sulla destra una serie di cappelle, costruite tra il 1837 e il 1881 da alcuni padri Somaschi, che raccontano la vita di san Girolamo con modeste statue in terracotta.
Prima cappella: La Madonna libera Girolamo dal carcere; seconda: Girolamo protetto da Maria attraversa il campo nemico; terza: Girolamo depone le catene all’altare della Madonna; quarta: Girolamo sfama i poveri e raccoglie gli orfani a Venezia; quinta: Girolamo guarisce miracolosamente i malati; sesta: Girolamo assiste e seppellisce gli appestati.
Dopo questa cappella si incontra la Scala Santa che sale fino alla grotta della preghiera notturna del Santo. Molti pellegrini salgono in ginocchio, meditando la Passione del Signore: è possibile ottenere, in certi periodi, l’indulgenza plenaria. Al sommo della scala, la grotta: all’interno una statua raffigura il Santo in preghiera davanti al Crocifisso con la scritta: Signore Gesù, non essermi giudice, ma salvatore.
Continuando lungo il sentiero delle cappelle troviamo la settima: Girolamo salva gli orfanelli dall’attacco dei lupi; l’ottava: Lavorando insieme ai contadini insegna loro il catechismo; la nona: Girolamo prima di morire lava i piedi ai suoi orfanelli.
E arriviamo, così all’ingresso del santuario della Valletta. Un altro spazio suggestivo, caratterizzato da arcate, scale, chiese affacciate sul lago. Si entra tramite un portale con un affresco di Gesù che porta la croce. Sulle pareti esterne e interne affreschi sulla vita di san Girolamo. All’interno il presbiterio è scavato nella roccia e dietro l’altare si trova la grotta dove il Santo dormiva (oggi è stata posta una statua che lo ricorda). La Valletta è stata il luogo del primo rifugio dell’Emiliani e la prima casa dei suoi orfanelli che poi aveva trasferito alla rocca.
Di fianco al santuario una cappella con la fonte dell’acqua miracolosa fatta sgorgare da San Girolamo stesso.
Poi, l’ultimo sforzo – ma ne vale la pena – in dieci minuti si sale ai resti del castello dell’Innominato. Si entra in un primo grande spazio, a bancone sul lago. A fianco dell’ingresso un oratorio dedicato a sant’Ambrogio, per secoli chiesetta dei Somaschi.
Si passa in un secondo piazzale in fondo al quale s’innalza il celebre torrione, trasformato in cappella con la scena de La Moltiplicazione dei pani da parte di san Girolamo.
Siamo nel sito del maniero di Bernardino Visconti, la vista sui due laghi e i paesi rivieraschi è veramente mozzafiato. E Manzoni scriveva: “Dall’alto del castellaccio, come l’aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava tutto lo spazio dove piede d’uomo potesse posarsi. Dando un’occhiata in giro scorgeva i pendii, il fondo, le strade praticate là dentro.” Noi ci godiamo invece uno stupendo panorama.